Tutti gli sprechi delle Province. E i tagli si fanno ancora attendere
Le attività istituzionali vanno rimborsate. Un principio che i consiglieri provinciali si saranno fatti tatuare da qualche parte sul corpo (e nella mente). "Rimborso", una parola che suona come una melodia e fa ben intendere come da Nord a Sud, la Casta degli sprechi sia ben radicata, non solo nelle ormai già famigerate Regioni dei Fiorito & C, ma anche nelle Province: Calendari, bandierine, migliaia di sms, t-shirt, bigliettini di auguri, ma anche dizionari, tablet e spazi televisivi. Tutto pagato col denaro pubblico, tutto rimborsato, come riportava anche Fanpage qualche mese fa nel pezzo sulle spese di rappresentanza della Provincia di Napoli guidata da Luigi Cesaro. Nell'articolo di Repubblica sui "furbetti del rimborso", i dati che emergono sono sconfortanti. A partire dai consiglieri provinciali di Catania, che «in un anno – come ha rivelato ieri il settimanale – sono riusciti ad accumulare spese per 215 mila euro. Una cifra con la quale, in Sicilia, una famiglia media campa per dieci anni, secondo le stime della Banca d'Italia».
Qualche numero:
Da Pescara a Treviso, da Agrigento a Frosinone, si moltiplicano le spese allegre per gli amministratori "fuori sede". In Abruzzo si è gridato allo scandalo quando "il Centro" ha svelato i rimborsi viaggi dei consiglieri: 8.425 euro ad aprile.
A Treviso la giunta Muraro ha messo insieme 177 mila euro di rimborsi viaggi in un anno. E in un solo mese, marzo 2011, il vicepresidente Floriano Zambon (Pdl) ha presentato spese per trasferimenti pari a 5.308 euro. Il Pd ha calcolato che con quella cifra Zambon deve essere andato da casa sua a Conegliano fino in ufficio a Treviso per 32 giorni consecutivi, compresi sabati e domeniche, con una evidente forzatura del calendario. Il rimborso è solitamente calcolato sulla base di parametri fissati dall'Aci ma basta un'autocertificazione per attestare quanti spostamenti si fanno.
Così le cifre rimborsate variano notevolmente da una provincia all'altra: ad Agrigento 13 mila euro al mese, a Frosinone 8 mila.
Ma non solo rimborsi. La lista degli sprechi è lunga. Ci sono le 40 palme da 150 euro l'una che Eugenio D'Orsi, presidente della Provincia di Agrigento, ha fatto piantare nel giardino di casa sua. C'è il pianoforte a coda da 120 mila euro acquistato dalla Provincia di Reggio Calabria. C'è un finanziamento da 2.400 euro per un torneo di beach volley nella Provincia di Bolzano. Senza contare il trucco del gettone-premio: nella Provincia di Caserta sono 32 gli amministratori e dirigenti sotto inchiesta da parte della Corte dei conti perché avrebbero dato ai dipendenti di un'azienda partecipata indennità, premi e permessi, per una spesa totale pari a 12 milioni.
Spese chilometriche, ma difformi. L'obiettivo però è sempre lo stesso: il rimborso facile.
Lo sperpero è proseguito, anche quando sulla testa delle Province cominciava ad agitarsi la scure del governo: a dicembre i consiglieri di Siracusa si regalarono 19 tablet con connessione a Internet, non si sa mai. Noncurante del decreto "Salva Italia" che prevede la soppressione delle giunte provinciali, il presidente messinese Nanni Ricevuto a giugno ha portato a 15 il numero dei suoi assessori: tre in più di Roma.
E sempre a Milano è pronto il bando per l’avvio della riprogettazione per la nuovissima, imponente sede del costo di 43 milioni. Strano visto che la Provincia di Milano fra poco più di 400 giorni dovrebbe e lasciar spazio alla città metropolitana.
Ecco, il taglio delle Province previsto dalla spending review del governo Monti. Un'operazione che al momento è ancora in alto mare. L'esecutivo ha disposto "la soppressione o accorpamento per le province che non abbiano un territorio di almeno 2.500 km quadrati e 250mila abitanti. Entro il 3 ottobre i Consigli delle autonomie locali dovranno elaborare le ipotesi di riordino, che passeranno all’esame delle Regioni tenute ad elaborare la loro proposta entro il 25 ottobre". Ma arrivare al dunque non sarà facile, come scrive il Sole 24 Ore. Fino a oggi, solo in tre realtà (Emilia Romagna, Puglia e Abruzzo) si hanno le idee abbastanza chiare su come riorganizzare il territorio. Dalle altre parti si brancola ancora nel buio:
In Lazio e Toscana le situazioni più ingarbugliate. Nella prima è molto probabile che né il Cal né la Regione avanzino proposte. Uno dei motivi lo spiega Luigi Lupo, dirigente della struttura di supporto del Cal: «La giunta ha deciso di impugnare la norma di riordino, perché i criteri usati ci penalizzano».
Scenario paradossale in Toscana, dove delle dieci province solo Firenze è "in regola". E dove sembra impossibile trovare la quadra. Si passa così dall'ipotesi di tre "aree vaste" (caldeggiata dal governatore Enrico Rossi), a quella di sei province totali. L'ipotesi base (gradita al Governo) prevede, oltre a Firenze, le fusioni di Prato-Pistoia-Lucca-Massa Carrara, Pisa-Livorno e Arezzo-Siena, con Grosseto unita a una delle ultime due.
Nelle altre regioni l'obiettivo è sopravvivere. Già nei mesi scorsi è iniziata una sorta di campagna acquisti per salvare quante più province possibili. In tal senso c'è chi chiederà deroghe speciali:
Per esempio, la Lombardia, dove si vorrebbero lasciar fuori dalla partita Sondrio e Mantova, fortemente "caratterizzate" dal punto di vista territoriale. Per il resto la proposta che il Cal dovrebbe mettere ai voti prevede, oltre a Milano, la fusione Cremona-Lodi e la maxi-provincia Varese-Como-Lecco-Monza Brianza. Restano Pavia, Brescia e Bergamo. Discorso simile nelle Marche, dove l'idea è chiedere che alle due province salve siano affiancate due nuove amministrazioni: la somma di Ascoli Piceno e Fermo da una parte, Macerata dall'altra. Anche se a quest'ultima mancano 20mila abitanti.
In tutto ciò c'è da mettere in conto il contenzioso aperto da 17 amministrazioni locali, tra province e regione, che di riordino pro-spending review non vogliono proprio sentir parlare.