Trump, Zelensky, von der Leyen a Roma per l’ultimo saluto al Papa: in moto la diplomazia dei funerali

Ai funerali di Papa Francesco, sabato 26 aprile, parteciperanno tutti i più importanti leader internazionali, che si vedranno a Roma per omaggiare il Santo Padre, scomparso lunedì 21 aprile.
E così le esequie saranno sì un momento di raccoglimento per salutare il Pontefice, ma anche un'importante occasione per oliare i meccanismi della diplomazia, con tanti dossier aperti che coinvolgono i grandi del pianeta. Occhi puntati quindi su Donald Trump, che vedremo in piazza San Pietro insieme alla moglie Melania (nonostante le frizioni che Papa Francesco ha sempre avuto con Trump, soprattutto sull'immigrazione) accanto al presidente ucraino Volodymyr Zelensky e alla presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen.
È la cosiddetta ‘diplomazia dei funerali' quella che vedremo in azione in occasione di questo appuntamento storico, che non si verificava dalle esequie di Papa Giovanni Paolo II, l'8 aprile 2005. Ma sgombriamo subito il campo dagli equivoci: i possibili incontri, le strette di mano, che potrebbero cambiare anche il corso degli eventi su importanti questioni, come il conflitto in Ucraina o la guerra commerciale che gli Stati Uniti hanno dichiarato al resto del mondo, sono tutt'altro che scontati e potrebbero anche avvenire a telecamere spente, sotto traccia, o avvenire in altre sedi, a latere, in veste più o meno ufficiale. Vedremo quindi solo nella giornata di sabato se l'addio a Papa Francesco potrà trasformarsi in un ‘turning point' per le relazioni tra alcuni Paesi, e se si potrà effettivamente sbloccare lo stallo in alcune delle trattative più calde che stanno tenendo tutti i continenti con il fiato sospeso.
Quel che è certo è che questi eventi, trattandosi di colloqui non preparati, hanno il vantaggio di permettere ai leader di parlarsi faccia a faccia, con maggiore immediatezza, rispetto alle occasioni più formali dei vertici organizzati.
In un colloquio con l'ambasciatore Stefano Stefanini, consigliere scientifico dell'Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), abbiamo discusso degli scenari che potrebbero aprirsi grazie alla ‘diplomazia dei funerali', che nel passato abbiamo visto operare per esempio ai funerali di Giovanni Paolo II, quando l'allora presidente americano George W. Bush vide il presidente francese Jacques Chirac. In quel caso l'evento, documentato dai media, fu il primo passo di un riavvicinamento tra Washington e Parigi, all'indomani dell'intervento militare in Iraq che la Francia non aveva appoggiato. Situazioni simili potrebbero auspicabilmente verificarsi anche il 26 aprile nella Capitale, e secondo l'ambasciatore Stefanini ci sono due macroquestioni su cui bisogna concentrare l'attenzione: la questione dei dazi, e in particolare il rapporto tra Stati Uniti ed Unione europea in materia commerciale, e le trattative di pace per porre fine all'invasione russa dell'Ucraina.
Cosa dobbiamo attenderci quindi? Dipenderà da quanto i partecipanti all'evento saranno disposti a cogliere l'occasione per discutere di questi temi, e ovviamente, come sempre, è necessario che sia una parte che l'altra abbiano la stessa intenzione.
"Non esiste una ‘diplomazia dei funerali', ufficialmente. Ma queste occasioni, come anche quelle più liete, come i grandi appuntamenti sportivi, come le Olimpiadi o le inaugurazioni, offrono ai leader l'opportunità di incontrarsi e discutere", dice Stefanini, che cita per esempio le Olimpiadi invernali in Cina del 2022, quando il presidente russo Vladimir Putin incontrò l'omologo cinese Xi Jinping, poco prima dell'invasione dell'Ucraina, che iniziò praticamente al termine dei Giochi olimpici. "Non sappiamo cosa si dissero i due leader in quell'occasione – dice l'esperto dell'Ispi – sappiamo che riaffermarono il loro rapporto di amicizia".
L'incontro tra Trump e Zelensky: cosa può succedere
Circola l'ipotesi, ancora non confermata, di un bilaterale Trump-Zelensky a Roma sabato 26 aprile. Il clima in queste ore certamente non è sereno, dopo che il presidente Usa ha contestato a Zelensky la sua posizione "incendiaria" sulla Crimea, che non agevola i colloqui di pace. Kiev infatti ha detto che non intende riconoscere l'annessione russa della Crimea. E la strada per una soluzione appare in salita. Tra l'altro Trump e Zelensky non si vedono da quel funesto incontro alla Casa Bianca davanti alle telecamere, in cui il tycoon non ha perso occasione per colpire pesantemente il leader di Kiev.
Secondo Stefanini, Zelensky in questa fase farebbe carte false per incontrare Trump: "Dopo la sceneggiata alla Casa Bianca c'è stata qualche ricucitura fra i due, ma nessun incontro diretto. Soprattutto in questo momento in cui gli Stati Uniti stanno presentando un piano di pace, di cui stanno circolando alcune informazioni, Zelensky vorrebbe avere un confronto con Trump, dice Stefanini a Fanpage.it.
Attualmente come dicevamo i negoziati sono in stallo. Ieri il segretario Usa ha mancato il vertice di Londra sul cessate il fuoco in Ucraina, dopo aver riscontrato l'indisponibilità ucraina a concedere la Crimea alla Russia, perché per Kiev questo sarebbe inaccettabile. A quel punto il vicepresidente Vance ha avvisato le parti in causa: "Mosca e Kiev trovino un accordo sullo scambio di territori o ci ritiriamo" dalle trattative.
La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha precisato che la frustrazione di Donald Trump nei confronti di Zelensky "sta crescendo" ed è necessario che "questa situazione finisca".
"La sua pazienza sta per esaurirsi. Vuole fare ciò che è giusto per il mondo. Vuole vedere la pace. Vuole che le uccisioni finiscano, ma servono entrambe le parti in conflitto disposte a farlo, e purtroppo il presidente Zelensky sembra muoversi nella direzione sbagliata", ha aggiunto la funzionaria.
"Bisognerebbe conoscere le bozze, ma da quanto si capisce i punti principali del piano sarebbero tre: congelamento territoriale, cioè la Russia incamererebbe tutte le porzioni di territorio fino ad ora occupate militarmente, ovvero quasi il 19% del territorio ucraino; riconoscimento formale della sovranità russa sulla Crimea; divieto per l'Ucraina di adesione alla Nato", spiega Stefanini. "Il piano sembra non dispiacere a Mosca, visto che sarebbe sbilanciato in favore di Putin".
Come sappiamo, Putin non sarà a Roma, anche perché per lui potrebbe essere rischioso attraversare gli spazi aerei di Stati che potrebbero decidere di dare seguito al mandato di cattura della Corte Penale Internazionale. Nella Capitale in rappresentanza del Cremlino verrà inviata la ministra della Cultura russa Olga Ljubimova, su decisione diretta del presidente Vladimir Putin.
"Se parliamo di ‘diplomazia dei funerali', l'incontro veramente importante sarebbe quello tra Trump e Zelensky – sottolinea il consigliere scientifico dell'Ispi – Il leader di Kiev non lo chiederà per non esporsi, per paura di sentirsi dire di no, ma è più che immaginabile che, alla luce di questo piano americano sul tavolo, il leader ucraino sarebbe ben disposto a incontrare il presidente americano, possibilmente in un clima diverso rispetto a quello dell'ultima volta alla Casa Bianca".
Il tema caldo dei dazi: Trump e i leader europei potrebbero parlarsi
Non solo Trump e Zelensky. Ai funerali del Papa ci saranno diversi leader internazionali, da Javier Milei, ad Emmanuel Macron, Steinmeier e Scholz. Giorgia Meloni è naturalmente in veste di ospite della cerimonia in Vaticano e farà gli onori di casa, dopo aver incontrato lo scorso 17 aprile prima Trump alla Casa Bianca, e poi, il giorno successivo, il vicepresidente Vance nella Capitale, per discutere soprattutto della questione dazi. Dagli incontri con l'amministrazione americana Meloni è riuscita a strappare a Trump la promessa di una visita a Roma, con la possibilità di un meeting anche con i vertici europei. In teoria Trump avrebbe voluto programmare il viaggio a Roma probabilmente verso giugno, comunque più a ridosso del vertice Nato. Chiaramente la morte improvvisa di Papa Francesco ha sconvolto l'agenda. Questo fuori programma imprevisto sarà comunque breve per il tycoon, ma non è detto che non possa portare a un piccolo avanzamento nelle trattative con l'Italia e L'Ue.
Trump, ricorda l'ambasciatore Stefanini, non ama viaggiare, ha sempre centellinato i suoi spostamenti all'estero. Per prima cosa sarebbe volato in Arabia Saudita per incontrare i Paesi del Golfo. Poi sarebbe stato il turno dell'Europa. Ma la grande popolarità di Papa Francesco, il fatto che una grossa fetta dell'elettorato americano sia cattolica, hanno spinto Trump a presenziare sabato.
L'idea di un incontro con Trump è certamente nei disegni di Ursula von der Leyen, ed è stato appunto sollecitato da Giorgia Meloni nei suoi bilaterali della scorsa settimana a Washington e a Roma. Per cui l'occasione delle esequie potrebbe essere un piccolo passo avanti in quella direzione, un segnale di disgelo, che potrebbe portare a breve a un faccia a faccia tra i rappresentanti di Ue e Usa.
"Se il dossier dell'Ucraina è ancora in aria, il negoziato sui dazi è molto più concreto", dice Stefanini. "Ma anche in questo caso tutto dipenderà esclusivamente da Trump, che potrebbe anche acconsentire a fissare un incontro, facilitato dalla presidente del Consiglio Meloni. Potrebbe servire a capire finalmente quali siano i margini di un negoziato sui dazi, dove voglia arrivare Trump con le tariffe commerciali. C'è uno solo che decide a Washington, e si chiama Trump. Potrebbe esserci diciamo un primo abboccamento tra rappresentanti europeo e presidente americano".
Il presidente americano aveva fatto capire che avrebbe anche accettato un incontro con tutti i 27 Paesi dell'Ue, ma un appuntamento del genere è più complicato da organizzare, logisticamente. A Roma comunque si aprirebbe questa possibilità, almeno sulla carta. "Naturalmente c'è sempre la possibilità che Trump e alcuni leader europei si organizzino in autonomia, senza la mediazione dell'Italia, per vedersi per incontri ristretti, sono cose che in diplomazia avvengono normalmente".
L'incognita Cina: vecchie ruggini con il Vaticano
Che le relazioni tra Pechino e il Vaticano siano problematiche non è un mistero. Non è un caso se la Cina ha atteso oltre 24 ore prima di inviare un messaggio formale e molto stringato di cordoglio: "Negli ultimi anni Cina e Vaticano hanno mantenuto contatti costruttivi e intrattenuto scambi amichevoli. La Cina è disposta a compiere sforzi congiunti con il Vaticano per promuovere un continuo miglioramento delle relazioni". Ma non è ancora chiaro che tipo di delegazione sarà presente alle esequie di Papa Francesco: "La Cina si atterrà chiaramente al protocollo, il rango della delegazione che presenzierà sarà senza dubbio decoroso, manifestando il massimo rispetto per la figura di Papa Francesco. Ma il problema è la riluttanza cinese ad avere un dialogo diplomatico con il Vaticano. Ci sono tra diversi contenziosi aperti tra Pechino e la Santa Sede, e tra Papa Francesco e Xi Jinping il rapporto è stato praticamente nullo. Non c'è nessun avvicinamento all'orizzonte. Bergoglio ha avuto rapporti anche controversi con tanti leader, basti pensare a Trump e alla questione migranti, ma con il presidente cinese non ci sono state mai interazioni", spiega l'esperto dell'Ispi.
L'autoisolamento di Netanyahu, assente ai funerali del Papa
Un'altra assenza pesante, oltre a quella di Putin, è quella del primo ministro Benjamin Netanyahu, di cui si nota tra l'altro il silenzio sulla morte di Papa Francesco. Se infatti il presidente israeliano Isaac Herzog è stato tra i primi a esprimere le sue condoglianze su ‘X', dopo di lui né il primo ministro Netanyahu, né il ministro degli Esteri Gideon Sa'ar hanno inviato messaggi. C'è poi il giallo del breve post del ministero degli Esteri di Israele, condiviso su Instagram, Facebook e X in cui era scritto "Riposa in pace, Papa Francesco. Che la sua memoria sia una benedizione", che è stato poi cancellato provocando sconcerto. "Il tweet è stato pubblicato per errore", hanno spiegato poi fonti del ministero degli Esteri.
Chiaramente per il primo ministro israeliano, come per Putin, pesa il mandato di cattura della Corte penale internazionale dell’Aja. Ma non è certo l'unico motivo per cui non si vedranno a Roma. Nel caso di Netanyahu ha influito sulla scelta di disertare le esequie di Bergoglio la posizione espressa del Pontefice sulla Striscia di Gaza. Lì, secondo Papa Francesco "non è in corso una guerra. È crudeltà". Bergoglio aveva poi puntato il dito contro Israele, sostenendo che "quello che sta accadendo a Gaza assomiglia a un genocidio". Dichiarazioni molto nette, che Israele non ha voluto ignorare.
"Da un punto di vista formale c'è stato un messaggio impeccabile di Herzog, ma il silenzio di Netanyahu sommato al giallo del messaggio cancellato sono conseguenza della posizione molto ferma di Papa Francesco su Gaza", commenta ancora Stefanini a Fanpage.it, "Dimostrano la distanza che c'era tra questo governo israeliano e Bergoglio". Secondo l'analista comunque se Putin e Netanyahu avessero deciso di venire a Roma "non sarebbero stati arrestati", vista l'occasione. Ma entrambi, per ragioni diverse, hanno scelto di non venire. Putin, per esempio, fu uno dei pochi capi di Stato a non essere presente ai funerali di Giovanni Paolo II, nel 2005.