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Trump impone nuovi dazi sulle auto, l’Ue prepara contromisure: “Saranno di massimo impatto”

Gli Stati Uniti impongono un dazio del 25% sulle auto importate, inasprendo la guerra commerciale con 15 Paesi, inclusa l’UE. Bruxelles promette contromisure mirate, mentre il dialogo resta aperto: il rischio di ritorsioni su settori strategici come vino, moda e agroalimentare preoccupa le imprese europee.
A cura di Francesca Moriero
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AGGIORNAMENTO:

La tensione tra Stati Uniti ed Europa torna ad accendersi con un'altra mossa decisa dell'amministrazione Trump: a partire dal 2 aprile, infatti, tutte le auto importate negli Stati Uniti saranno soggette a un'imposta del 25%, un provvedimento che il presidente americano ha definito "permanente" e parte della sua strategia di protezionismo economico. La misura rientrerebbe in un pacchetto più ampio di dazi che coinvolgeranno ben 15 Paesi, con l'obiettivo dichiarato di "riequilibrare il commercio globale a favore delle industrie statunitensi". Donald Trump ha inoltre avvertito l'Unione Europea e il Canada: se dovessero coordinarsi per contrastare questa politica, Washington risponderebbe con tariffe ancora più severe.

La decisione ha suscitato immediate reazioni nel vecchio continente, dove la Commissione europea si prepara a varare una serie di contromisure per tutelare i propri interessi economici. Bruxelles avverte chei dazi americani colpiranno duramente le industrie europee, e promette una risposta "ferma e proporzionata", studiata per massimizzare l'impatto sugli Stati Uniti e minimizzare i danni interni.

Le reazioni dall'Europa

Se da un lato le istituzioni europee si mostrano compatte nel condannare la decisione di Trump, le singole nazioni sembrano invece adottare approcci diversi: il ministro dell'Economia tedesco, Robert Habeck, ha dichiarato che l'UE deve "rispondere con fermezza", mentre il governo britannico, attraverso la Cancelliera dello Scacchiere Rachel Reeves, ha preso invece una posizione molto più prudente, escludendo per il momento azioni di ritorsione dirette. Da Bruxelles, il portavoce della Commissione europea per il Commercio, Olof Gill, ha ribadito che l'obiettivo principale resta quello di trovare una soluzione negoziata, sottolineando comunque che l'UE è pronta a difendere i propri interessi con misure mirate e tempestive nel caso in cui Washington non dovesse fare marcia indietro: le opzioni sul tavolo includerebbero l'introduzione di dazi su una serie di prodotti americani, selezionati in modo strategico per colpire settori chiave dell’economia statunitense.

Il difficile equilibrio di Bruxelles

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si trova dunque ora in una posizione estremamente delicata: da un lato c'è chi chiede che risponda alla provocazione americana con fermezza, dall'altro c'è chi spera invece che eviti un'escalation che potrebbe danneggiare settori vitali dell'economia europea.

Francia e Italia spingono per una risposta decisa, mentre la Germania, con la sua potente industria automobilistica, teme che un inasprimento del conflitto commerciale possa avere conseguenze pesanti. Nel frattempo, il commissario europeo al Commercio, Maroš Šefčovič, ha tentato un'ultima mediazione con Washington, ma il tentativo non pare abbia portato a risultati concreti. La strategia europea resta quindi quella di valutare l'impatto delle nuove tariffe e stabilire una reazione calibrata, con un occhio rivolto agli sviluppi del 2 aprile, quando entreranno in vigore i primi dazi americani.

Le contromisure europee: quali prodotti verranno colpiti

Bruxelles, intanto, starebbe definendo la lista dei prodotti statunitensi da sottoporre a dazi di ritorsione. Le consultazioni con gli Stati membri sono in corso e l'obiettivo sembra molto chiaro: massimizzare l'impatto sugli USA senza penalizzare troppo le imprese europee. Secondo indiscrezioni, l'UE potrebbe colpire settori strategici degli Stati a maggioranza repubblicana, cercando così di esercitare pressione politica su Trump. Tra i beni presi in considerazione figurano la soia della Louisiana, la carne bovina e il pollame del Nebraska e del Kansas, oltre a prodotti industriali come acciaio, alluminio, tessuti ed elettrodomestici. Una delle ipotesi più discusse riguarda poi anche l'imposizione di un dazio del 50% sul bourbon, mossa che aveva già fatto infuriare Trump in passato, spingendolo a minacciare una tariffa del 200% sui vini europei.

I settori più esposti: moda, farmaceutico e agroalimentare

Il rischio di ritorsioni americane preoccupa diversi comparti dell'economia europea, in particolare il settore della moda, il farmaceutico e l'agroalimentare. Gli Stati Uniti rappresentano infatti il terzo mercato per le esportazioni della moda italiana, con un interscambio commerciale di 4,5 miliardi di euro nel 2024. Anche il comparto farmaceutico potrebbe essere coinvolto, ma gli stretti legami produttivi tra Europa e Stati Uniti potrebbero fungere da deterrente per una guerra tariffaria senza esclusione di colpi.

Il vino italiano nel mirino: dazi fino al 200%

Uno dei settori più vulnerabili è quello vinicolo: secondo Coldiretti, l'Italia ha esportato vino negli Stati Uniti per un valore di 1,94 miliardi di euro nel 2024. Cosa significa? Che un eventuale introduzione di un dazio fino al 200% su rossi, bianchi e champagne europei potrebbe compromettere un mercato che negli ultimi vent'anni ha visto una crescita del 162%.

Le aziende italiane temono di perdere posizioni sugli scaffali statunitensi a favore di competitor locali o di altri Paesi non colpiti dalle nuove tariffe. Le preoccupazioni sono quindi certo già tangibili: gli importatori americani stanno bloccando gli ordini di vino europeo per timore di dover sostenere costi proibitivi. Secondo Paolo Castelletti, direttore generale di Unione Italiana Vini, il rischio è che le bottiglie attualmente in transito possano arrivare a destinazione con i dazi già in vigore, mettendo in difficoltà gli importatori e causando danni economici irreparabili ai produttori italiani.

L'export agroalimentare a rischio: salumi, formaggi e olio d'oliva

Anche il comparto agroalimentare è in allerta: l'11% dell'export italiano verso gli USA, pari a 7,8 miliardi di euro, potrebbe infatti essere colpito da nuove tariffe. Tra i prodotti più a rischio figurano salumi, formaggi, olio extravergine d'oliva e pasta, insomma tutti beni di punta del Made in Italy. La Confederazione Italiana Agricoltori (CIA) ha avvertito che le nuove misure potrebbero avere effetti ben peggiori di quelle imposte nel 2019, quando i dazi al 10% durarono solo un anno; in questo caso, le tariffe potrebbero rimanere in vigore per l'intera durata del mandato presidenziale, con un impatto devastante per le aziende esportatrici.

Meloni: "L'Europa reagisca con calma, troviamo una soluzione comune"

Giorgia Meloni ha sottolineato l'importanza di mantenere la calma riguardo ai dazi imposti da Donald Trump, invitando a lavorare per una soluzione comune, ed evitando così reazioni impulsive. In un'intervista al Financial Times, la premier ha spiegato che l'Europa dovrebbe adottare infatti "un approccio ponderato di fronte alle tariffe del 25% sui beni importati decise dagli Stati Uniti". Pur riconoscendo che i dazi su alcuni prodotti stiano generando tensioni, ha anche evidenziato che "ci sono grandi differenze tra i vari beni", e che è su questo aspetto che l'Europa dovrebbe concentrarsi per raggiungere un accordo vantaggioso per tutti. Meloni ha poi aggiunto che, sebbene la Commissione Europea abbia promesso di rispondere alle misure protezionistiche di Trump, l'Unione dovrebbe agire con cautela: "A volte sembra che reagiamo d'istinto", ha osservato, suggerendo di riflettere con calma prima di agire: "Mantenete la calma, pensiamoci bene". Nonostante riconosca le difficoltà nel competere con un leader come Trump, che può firmare rapidamente 100 ordini esecutivi, la premier ha fatto notare che la spinta verso il protezionismo negli Stati Uniti non è un fenomeno recente, facendo riferimento all'Inflation Reduction Act di Joe Biden: "Pensate davvero che il protezionismo negli Stati Uniti sia stato inventato da Trump?", ha concluso provocatoriamente.

Salvini sui dazi: "Sono un danno, ma vanno scongiurati con le trattative"

Per Matteo Salvini, leader della Lega, i dazi imposti dagli Stati Uniti rappresenterebbero un danno, ma andrebbero tuttavia affrontati attraverso negoziati commerciali. In un'intervista al Corriere della Sera, il segretario del Carroccio ha spiegato che durante la sua conversazione con il vicepresidente statunitense JD Vance, non si è parlato di dazi, sottolineando poi che l'obiettivo di Donald Trump non sarebbe l'Italia, ma piuttosto il Canada, il Messico e la Cina. Secondo Salvini, le opzioni per affrontare la situazione sarebbero due: "O ci affidiamo all'ombrello europeo, o scegliamo la via italiana", dice. Pur avendo piena fiducia in Giorgia Meloni, che ha ottimi rapporti con Washington e Bruxelles, Salvini avverte che, se l'Unione Europea continua a essere quella guidata da Ursula von der Leyen e Kaja Kallas, sarebbe forse meglio agire in autonomia.

Per risolvere la crisi, il leader della Lega starebbe già organizzando missioni in Cina, Giappone e Stati Uniti con aziende italiane di alto livello, con l'obiettivo di aprire nuove sedi e ottenere contratti. Riguardo a Trump, Salvini osserva: "Non possiamo giudicare se è simpatico o antipatico. Io penso alla meccanica, al vino , che in passato è stato escluso dai dazi, alla farmaceutica e all'eccellenza agroalimentare. Sono preoccupato che l'approccio confuso di Bruxelles sulla pace possa riflettersi anche sulle politiche commerciali".

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