Trivelle, Civati: “Renzi è sulla difensiva, con astensione il PD ha rinnegato se stesso”
Quello del 17 aprile – il referendum "sulle trivelle" – è un appuntamento importante, soprattutto in un momento in cui i cittadini sembrano estromessi dalle grandi decisioni. Ne è certo il deputato di Possibile Giuseppe Civati, che con il suo movimento da tempo batte sul tema trivelle. L'ex Pd è molto critico verso la posizione assunta in proposito dalla maggioranza dem – che anche per bocca del premier Renzi ha consigliato ai cittadini di astenersi. Segnale, per Civati, "di un presidente del Consiglio che è sulla difensiva". Non accorpare referendum ed elezioni amministrative chiamando in causa la legge è, invece, "un alibi politico clamoroso".
Possibile è stato tra i primi movimenti a interessarsi del tema trivelle. Perché è importante andare a votare per questo referendum?
Ci sono molte ragioni. Innanzitutto l'importanza stessa dell'argomento, che è una questione tecnica parziale, risultato di una campagna più vasta che alcune regioni italiane hanno proposto; poi perché è un referendum di cui nessuno parla, che si occupa di un tema che attiene a un retaggio culturale che il governo Renzi non ha superato. Basti pensare allo Sblocca Italia, che ha creato un sacco di problemi secondo me in questo paese e forse adesso iniziamo a rendercene conto. Infine, è importante votare il 17 aprile perché siamo in una stagione politica in cui le decisioni vengono prese senza la partecipazione dei cittadini, senza il loro consenso. Io credo che ci possano essere tutti gli elementi di una bella giornata in cui la democrazia può dare una scelta di indirizzo politico su una questione rilevante.
Il Pd, partito del presidente del Consiglio, si è recentemente espresso per l'astensione. Cosa pensa di questa scelta?
È sicuramente una posizione inedita, non credo che da Palazzo Chigi nessuno l'abbia mai fatto. Neanche alcuni presidenti – e penso a uno in particolare – che non avevano particolare sensibilità democratica hanno mai parlato di astensione come posizione politica di un partito di governo. Renzi avrebbe potuto dire di andare a votare ‘no'. E invece inizia ad avere una certa idiosincrasia verso le consultazioni, anche dei suoi elettori. Noto qualche preoccupazione da parte sua, anche rispetto alle elezioni amministrative. E non è un caso che abbia fatto una cosa incredibile in un momento di difficoltà economica come questo: sprecare 300 milioni di euro o forse più per tenere lontano il referendum dalle amministrative. Si è scelta la prima domenica utile per il referendum e l'ultima per le comunali. Questo è un segnale di un presidente del Consiglio che è sulla difensiva. Sono scelte che non corrispondono neanche più alla sua retorica, cioè quella di avere un grande consenso.
Si potevano accorpare entrambe le consultazioni in un unico "election day"?
Sì, si poteva fare secondo noi. Abbiamo fatto una proposta alla Camera perché si trovasse un dispositivo in questo senso. È un alibi politico clamoroso quello messo in atto, e mi dispiace che il presidente della Repubblica non sia intervenuto su una questione del genere. Un referendum può essere associato alle amministrative, tanto che Renzi vorrebbe farlo con quello costituzionale.
Renzi ha addirittura detto che spera che il referendum fallisca, eppure la consultazione è stata proposta da Consigli regionali per la maggioranza a guida Pd. Non è strano?
Il problema è che il Pd ha rinnegato se stesso, le proprie esperienze politiche, il proprio programma elettorale, ha fatto accordi ogni oltre immaginazione. Pensa che Alfano qualche giorno fa ha parlato del Ponte sullo Stretto e nessuno ha replicato, nessuno del Pd ha detto anche solo "Andiamoci con cautela". Abbiamo fatto per anni opposizione a grandi opere che hanno un impatto più discutibile, non solo al Ponte sullo Stretto. Non è un caso che il Partito democratico sia molto diviso, ed è un po' curioso che in quel partito ormai tutti votino in tutti i modi possibili: c'è chi si astiene, chi va a votare, chi va ma non dice cosa voterà come Bersani, chi vota sì, chi vota no.
Ma in queste condizioni, secondo lei, sarà possibile raggiungere il quorum?
È ancora oggi molto difficile. Io sono molto cauto. Vedo dei sondaggi promettenti come quello dell'istituto Piepoli, ma io temo che le persone rispondano che vanno a votare ma non è sicuro che lo facciano. Certo è che potrebbe influire anche il caso giudiziario – anzi, soprattutto politico – che ha coinvolto il governo negli ultimi giorni – il caso Guidi ndr. Non sono episodi direttamente riconducibili all'argomento referendario, ma toccano argomento molto sentiti e che si legano, questo sì, alla questione del petrolio, della gestione del potere, delle lobby e di questo governo. Oggi ho letto intercettazioni terribili, direi terrificanti sul piano umano. Alcune potevano anche essere non pubblicate, non ce n'era bisogno. Però emerge una divisione politica e uno scontro di potere pesantissimo.
Ecco, che idea si è fatto di tutta questa vicenda? Il governo avrebbe potuto evitare il "caso Guidi"?
Mi sono fatto l'idea che si sono fatti tutti: che ci fosse un conflitto d'interessi più generale che riguardava la vita di Federica Guidi, da un punto di vista sia imprenditoriale e che familiare. A questo si è aggiunto un personaggio che mi ha lasciato senza parole: questo suo compagno, Gemelli, legato a certi interessi che noi ipotizzavamo, e che ha contribuito a mettere imbarazzi. Dal Pd dicono che non ne sapevano niente. Secondo me qualcosa sapevano, perché – come si vede anche dalle carte e dalle intercettazioni – c'erano scontri fortissimi. Mi chiedo, quindi, come mai non si sia sottratta prima a essere ministro della Repubblica. Non è mai il momento per queste cose, ma in questo momento preciso i cittadini sono molto sensibili.