Trivelle, carbone e razionamenti: il piano Draghi contro i tagli alle forniture di gas dalla Russia
Un piano di emergenza. A questo sta lavorando il governo Draghi per affrontare il taglio delle forniture di gas da parte di Gazprom ad Eni, mentre il prezzo del bene energetico continua a salire alle stelle (ieri è arrivato a 124 euro al Megawattora, dopo aver raggiunto il picco di 150 euro). Per ora nessuna fretta, come spiegato ieri al Senato dal ministro Cingolani. Si aspetterà qualche giorno, per vedere se la mossa russa è davvero giustificata da ragioni tecniche, come detto da Gazprom, oppure è politica (come pensa il governo tedesco, ma anche lo stesso Draghi) e punta a ricattare l'Europa per fargli ritirare le sanzioni contro Mosca.
Se la situazione non migliorerà la prossima settimana dovrebbe riunirsi il Comitato emergenza gas per avviare le misure straordinarie. La preoccupazione maggiore è sugli stoccaggi: questo non è un periodo in cui c'è grossa necessità di metano, ma lo si sta accumulando in vista dell'autunno e dell'inverno, quando la situazione potrebbe farsi più problematica. Con meno forniture, però, l'operazione è in parte a rischio, anche se per ora l'Italia ha subito una riduzione inferiore a quel 40% citato da Gazprom per la Germania e il resto d'Europa.
Il governo vuole riempire gli stoccaggi al 90% entro metà novembre, cioè accumulare 17 miliardi di metri cubi di gas. Ce ne mancano circa 7 e il ritmo è inferiore a quello previsto. Il problema è che gli operatori, più che non poter comprare metano, si ritrovano a doverlo fare a prezzi talmente alti da scoraggiare qualsiasi stoccaggio. Se lo pagano 145 euro per poi rivenderlo a 80 in inverno, chi copre le perdite? Potrebbe essere proprio il governo a farsi da garante, mentre rivede il Pitesai, la mappa delle zone idonee all'estrazione di idrocarburi, puntando ad aumentare la produzione nazionale di gas, ma riducendone il consumo nel complesso. Tradotto: meno gas importato e più lavoro delle trivelle in Italia. L'idea è rilanciare ed aumentare le estrazioni, a partire dall'Adriatico, dove ci sono diversi giacimenti.
Accanto a questo ci sarebbe l’attivazione delle centrali a carbone, con l'obiettivo di risparmiare fino a 5 miliardi di metri cubi di metano, fermando gli impianti a gas per la produzione di energia elettrica. Alcune aziende, poi, potrebbero vedere le forniture di gas interrotte in cambio di uno sconto in bolletta. Si partirebbe ovviamente da quelle meno "energivore", con riduzioni in orari notturni o quando gli impianti lavorano a ritmo ridotto. Se non basta si potrebbero tagliare temporaneamente anche i consumi elettrici, anche alle famiglie.