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Tridico: “Eliminare il Rdc ha aumentato povertà e disuguaglianza, i dati dimostrano il cinismo di Meloni”

Pasquale Tridico, eurodeputato del Movimento 5 stelle ed ex presidente dell’Inps, ha risposto alle domande di Fanpage.it sulla cancellazione del Reddito di cittadinanza. Oggi l’Istat ha fatto sapere che, come risultato, 850mila famiglie già povere hanno avuto un reddito più basso. Per Tridico è la dimostrazione del “cinismo” del governo.
A cura di Luca Pons
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L'Istat ha confermato quello che molte associazioni, enti del terzo settore, sindacati e esponenti dell'opposizione denunciavano da tempo: la cancellazione del Reddito di cittadinanza ha avuto un effetto negativo sul reddito per 850mila famiglie. Una perdita media da 2.600 euro all'anno, per circa 620mila nuclei familiari che sono stati esclusi dal nuovo sostegno (l'Assegno di inclusione) e altri 230mila che vi sono rientrati, ma con un aiuto più ridotto.

Fanpage.it ha intervistato Pasquale Tridico, ex presidente dell'Inps – proprio negli anni in cui fu lanciato il Rdc – e oggi eurodeputato del Movimento 5 stelle. Tridico non solo ha rivendicato che i dati Istat danno ragione a ciò che il M5s sostiene da tempo, ma anche smentito la ‘difesa' lanciata oggi dal centrodestra, cioè che cancellare il Reddito avrebbe aiutato ad aumentare l'occupazione.

Cosa pensa del nuovo rapporto Istat, che ha anche misurato il risultato della cancellazione del Reddito di cittadinanza?

Oggi l'Istat certifica una cosa molto grave: aumenta la povertà e aumentano le disuguaglianze. Tutta la revisione di trasferimenti e contributi effettuata dal governo, e anche la riforma fiscale, alla fine peggiorano la situazione di tutti i redditi delle famiglie italiane.

Le 850mila famiglie colpite dall'eliminazione del Rdc, tra le più povere, vedono peggiorare la propria situazione perché gli è stato tolto uno strumento di sostegno al reddito. Ma ci sono anche lavoratori con redditi medio-bassi che subiscono un peggioramento.

Però l'Istat certifica anche che la riforma Irpef varata per lo scorso anno ha aumentato il reddito di 11,8 milioni di famiglie.

Eppure la disuguaglianza è aumentata. Lo dimostra l'indice di Gini (usato per misurare le disuguaglianze economiche, ndr), non lo dico io. Noi l'avevamo già previsto: il presidente Conte stesso aveva denunciato che la combinazione tra la riforma dell'Irpef e l'aumento della base imponibile per il taglio del cuneo avrebbe causato una perdita netta di reddito per quelle famiglie. Gli unici che sono avvantaggiati dalla riforma dell'Irpef sono i redditi alti.

Tornando al Reddito di cittadinanza e al nuovo Assegno di inclusione: il problema è l'approccio del governo Meloni alla povertà?

Sì, è questo il punto. Ci hanno detto che avrebbero tolto il Reddito di cittadinanza ai cosiddetti ‘occupabili', come se bastasse questo per far lavorare le persone. Invece questo non è successo. Hanno tolto il reddito di cittadinanza a 850mila famiglie, che sono le più povere nella distribuzione del reddito italiano. Questo è un atto di grandissimo cinismo da parte del governo Meloni, che le fa sprofondare nel disagio più assoluto. L'avevamo detto, e purtroppo oggi l'Istat a un anno di distanza ne dà pienamente conto con i suoi dati.

Il centrodestra, al contrario, ha rivendicato che cancellare il Reddito di cittadinanza è servito ad aumentare l'occupazione, che effettivamente è a livelli molto alti (anche se resta bassa in confronto con l'Europa).

Non è assolutamente vero, non è andata così.

Perché?

I dati di cui oggi il centrodestra si vanta sono cumulativi, dal 2020 al 2024, quindi in gran parte si riferiscono al periodo in cui c'era il Reddito. Per chiarire cosa è successo bisogna tornare al 2020. Quell'anno fu introdotta la più importante politica attiva del Paese.

Si riferisce al programma Gol (Garanzia di occupabilità dei lavoratori)?

Esatto. La ministra del Lavoro era Nunzia Catalfo, del Movimento 5 Stelle. Le riforma non fu solo sulla carta: grazie alle risorse portate in Italia attraverso il Pnrr dal governo Conte due si misero su quella partita 5,2 miliardi di euro. Tutti i governi precedenti avevano fatto politiche attive, ma nessuno aveva messo soldi veri.

Questa politica prende in carico non soltanto i beneficiari del Reddito di cittadinanza, ma tutti i beneficiari di sussidi (inclusi Naspi e altri). Quindi, quanti più sono questi percettori, tante più sono le persone prese in carico. A causa della riforma Meloni, invece, molte persone escono dai sussidi, in particolare dal Reddito di cittadinanza, e perciò non vengono più prese in carico.

Quindi in realtà cancellare il Rdc avrebbe anche indebolito i programmi per aiutare chi è in difficoltà a trovare lavoro?

Certo. Con il programma Gol sono state prese in carico tre milioni di persone. Un terzo di queste, ovvero circa un milione, ha un contratto di lavoro, dunque la presa in carico ha avuto esito positivo. Ma se la platea fosse stata più ampia, senza eliminare il Reddito di cittadinanza, tutti avrebbero partecipato al programma Gol.

Siamo arrivati a un milione di prese in carico positive grazie al Reddito di cittadinanza, e ad altri sussidi inseriti nel progetto. Ma era un progetto del governo Conte due. All'epoca io ero alla guida dell'Inps, e già nel 2019 dicevo che saremmo arrivati all'inserimento di un milione di persone nel mercato del lavoro grazie a questa ‘seconda gamba' del Rdc. La riforma disegnata dal governo Conte è stata indebolita fortemente nel 2024.

A proposito dell'Inps, come reputa che sia guidato attualmente l'Istituto?

Io non mi permetterei mai di mettere in discussione o criticare gli attuali vertici dell'Inps, che ho conosciuto e che applicano e rispettano le leggi. La differenza rispetto alla stagione in cui io ero presidente, piuttosto, è il mandato politico dato dal governo. All'epoca c'era un chiaro indirizzo di investimento sulle politiche sociali e di contrasto alla povertà, che la mia amministrazione ha recepito.

Oggi questo indirizzo politico, da parte dell'esecutivo , chiaramente non c'è. E non penso solo al Rdc, ma a una serie di misure che vengono tolte ai cittadini. L'Assegno di inclusione e il Supporto formazione e lavoro, per esempio, non sono certo un'invenzione dell'Inps: è il governo che ha varato questi veri e propri percorsi a ostacoli per i cittadini più poveri che cercano di ottenere un sussidio. Si chiama Assegno di inclusione, ma dovrebbe chiamarsi Assegno di esclusione.

Oggi lei siede al Parlamento europeo, come presidente della sottocommissione sul Fisco. Che tipo di interventi servirebbero, secondo voi, per migliorare la situazione della povertà in Italia?

Proprio in questa settimana ci stiamo occupando di due questioni strettamente collegate. La prima riguarda un un approccio diverso, più equo alla giustizia fiscale. Il 18 marzo, qui al Parlamento europeo, si terrà un simposio insieme a parlamentari e ministri di altri Stati membri, ma anche esperti e professori, in cui mi farò promotore di una proposta di Gabriel Zucman, direttore del think tank Eu tax observatory.

Di che si tratta?

Tassare i super ricchi, cioè coloro che hanno una ricchezza oltre i cento milioni di euro. Una piccolissima minoranza: in Italia sono 71 persone. Facendo pagare loro una tassa con aliquota del 2 o 3%, si arriverebbe a raccogliere tra gli 8 e i 15 miliardi di euro. Pensiamo che l'invalidità in Italia costa 20 miliardi di euro, il Reddito di cittadinanza ne è costato 8.

La seconda questione di cui parlava?

Una politica industriale a sostegno dell'automotive. La mattina del 21 marzo, come Movimento 5 Stelle e insieme a Sinistra italiana, che fa parte del nostro gruppo qui al Parlamento Europeo (Left), terremo un'iniziativa a Torino davanti ai cancelli di Mirafiori. Nel pomeriggio, al Museo dell'automobile, ci sarà un convegno che coinvolgerà personalità politiche e sindacali.

Come sono collegate le due cose?

Una tassa del 2 o 3% sui super ricchi in Italia consentirebbe anche di avere le risorse per fermare il declino industriale. Favorire la transizione verso l'elettrico. Sarebbe certamente una prospettiva migliore rispetto a quella di sperperare denari, come chiede di fare il piano ReArm Eu della von der Leyen.

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