Ci sono momenti in cui probabilmente sarebbe meglio tacere. O, se proprio ciò risultasse impossibile, sospendere il giudizio e raccogliere le idee. Per dire.
Non è dello stesso avviso Matteo Salvini, che ha fatto di “spontaneità, autenticità e schiettezza" una sorta di modello comunicativo buono per ogni occasione e per tutte le stagioni. Una macchina propagandistica che non si ferma davanti a nulla, nemmeno di fronte allo sciame sismico che sta infierendo su un territorio già piegato dai terremoti e dalle avverse condizioni atmosferiche di questi giorni. È “un processo che mira al consenso, alla mobilitazione intorno a pochi ed elementari concetti, al direzionamento di rabbia, insofferenza e frustrazione verso il nemico comune (che sia l’euro, il rom o il migrante poco importa)” e che Salvini gestisce finanche con accortezza, da politico esperto e preparato qual è.
Così, a pochi minuti dalla terza scossa di magnitudo superiore a 5 che ha colpito il centro Italia, il leader della Lega se ne esce con quello che un ottimista chiamerebbe “un pensiero politico”: altro che migranti, il Governo aiuti subito gli italiani.
Cosa diamine c’entri l’accoglienza ai migranti non è dato sapere. A cosa serva questo lampante esempio di benaltrismo è invece chiarissimo:
Certo, si potrebbe provare a ignorare un messaggio del genere. E certo, l'effetto Streisand, eccetera. Però è anche vero che non guasta mai riportare al centro del discorso alcuni elementi di verità, prima ancora delle interpretazioni o delle analisi. Ribadendo l'ovvio, ovvero che non c'è alcuna correlazione fra la spesa per l'accoglienza e l'assistenza alle persone colpite dal terremoto, per esempio. Ma anche rifiutando la logica del capro espiatorio, la narrazione tossica che contrappone le esigenze e i problemi degli "italiani" con i bisogni dei migranti che sbarcano sulle nostre cose.
Il problema, in fondo, è che ci siamo ormai assuefatti all'utilizzo della leva emozionale nella comunicazione politica. E consideriamo accettabile tutto, come se ciò non avesse poi alcuna conseguenza. Per poi svegliarci di colpo e chiederci: ma come siamo arrivati a questo? O a questo? E, in fondo, anche a questo.