Nel complesso momento della politica italiana pare esserci spazio per una sola certezza: Mario Monti non intende candidarsi alle prossime elezioni politiche. Non che il professore non sarebbe disposto a guidare nuovamente il Governo, solo che non accetterebbe mai di "schierarsi apertamente" e magari mettersi in gioco in quella che si annuncia come una campagna elettorale lunga, logorante e (probabilmente) nemmeno risolutiva. Monti in effetti lo ha sempre detto e non sembra né corretto né sensato ipotizzare scenari alternativi. Lo stesso Silvio Berlusconi sa benissimo che l'ipotesi che Monti si metta alla guida di questo centrodestra è del tutto irrealistica. Però ci prova lo stesso, principalmente per tre ragioni.
In primo luogo la sua uscita è servita a dare un'accelerata al discorso sulla legge elettorale, facendo capire di essere finanche pronto a cedere lo scettro del comando in vista dell'allargamento del fronte dei moderati. Insomma, anche nel caso che il PD pensasse di far saltare il tavolo e andare al voto col Porcellum (idea al momento comunque inaccettabile anche per Bersani), il Cavaliere non resterebbe a guardare e si limiterebbe a "blindare" la sua quota lasciando ad altri (Montezemolo? Passera?) l'onere di guidare la coalizione.
Berlusconi in ogni caso gioca d'anticipo, avendo forse compreso prima degli altri che è comunque probabile che il Parlamento si trovi costretto a ricorrere nuovamente al Professore anche dopo le elezioni del 2013 (quando in un modo o nell'altro, bisognerà fare i conti con l'esaurimento dell'ossigeno "regalatoci" dalla Banca Centrale Europea). Ed è chiaro che provare a "mettere il cappello" all'intera operazione potrebbe essere conveniente. Ed è anche per questo che, sia detto per inciso, Monti non avrà gradito più di tanto l'endorsement berlusconiano.
Infine, questione cruciale, Berlusconi ha rimandato la palla nel campo avversario. Provando a costringere Fini, Casini e Montezemolo a scoprire le carte e ad andare oltre una "generica disponibilità" a ricostruire il fronte dei moderati. Ed è per questo che dai centristi finora sono arrivati solo commenti evasivi e preoccupati rimandi sull'inaffidabilità degli annunci del Cavaliere. Il tutto in una fase parlamentare delicatissima, con i passaggi del ddl anticorruzione, della legge elettorale e della delega fiscale. Insomma, il Cavaliere ha mosso, ora tocca agli altri.