“Se entrate illegalmente in Italia sarete trattenuti e rimpatriati”. Così Giorgia Meloni si rivolge alle migliaia di migranti assiepate nel porto di Lampedusa, ventiquattr'ore dopo aver presenziato alla conferenza sulla demografia – quella stessa demografia che ci obbliga letteralmente ad accogliere persone se non vogliamo che il nostro Stato sociale imploda come un buco nero – ospitata da Victor Orban e essersi detta pronta a tutto per “difendere le famiglie e Dio”. Quello stesso Dio il cui figlio, nel Vangelo, chiama beati coloro che lo accolgono anche se era straniera.
Basterebbe questo accocchino di contraddizioni per smontare tutta la propaganda xenofoba del governo Meloni, senza nemmeno doversi scomodare a ricordare che, di migranti, la destra italiana non è mai riuscita a rimpatriarne mezzo. O a sottolineare le lisergiche affermazioni di Matteo Salvini, che vede una regia occulta che cospira contro il governo italiano di fronte a questo boom di partenze, come se le persone partissero rischiando la vita solo per fare un dispetto al Capitano. O di stupirsi che Meloni sostenga in spregio al senso del ridicolo che quella di Kaïs Saïed sia ancora un governo democratico e non un’autocrazia autoritaria come quella di Vladimir Putin in Russia, di Recep Tayyp Erdogan in Turchia.
O dell’amico Orban in Ungheria.
Basta questo accocchino, dicevamo, per raccontare il lato grottesco della debacle della destra nell’affrontare quella che loro definiscono emergenza migratoria, e che per anni hanno usato per terrorizzare l’opinione pubblica e per demolire chi, dall’altra parte, provava a parlare di accoglienza, di umanità, o banalmente di gestione di un fenomeno inevitabile.
Poi c’è anche il lato tragico, però. Ci sono migliaia di persone che hanno rischiato la vita per sentirsi dire che saranno rinchiusi in “strutture facilmente perimetrabili e sorvegliabili”, “realizzate in zone a bassissima densità abitativa”. Un po’ come le discariche. O i campi di concentramento. Ci sono programmi di accoglienza diffusa che potrebbero fossero riesumati, potrebbero risolvere la situazione senza ansie né strilli, con un po’ di buonsenso e mille scuse per il tempo perso, ma siccome questo darebbe ragione agli “immigrazionisti” – così Meloni chiama chi prova anche solo un minimo di empatia per degli esseri umani con la pelle più scura – allora giammai.
Soprattutto, c’è un continente, l’Africa, che meriterebbe molto più quattro chiacchiere a caso che girano attorno a frasi fatte come “aiutiamoli a casa loro” e fantomatiche scatole vuote come il Piano Mattei che Meloni cita ogni volta che può, dimenticandosi ogni volta di raccontarci cosa c’è dentro. Un Paese lungimirante, ci penserebbe davvero, a cooperare per lo sviluppo dell’Africa. Perché è anche da quello, oltre che dalla gestione ordinata dei flussi migratori, che dipende il suo futuro. Un Paese lungimirante, ad esempio, avrebbe già mobilitato tutte le sue energie per aiutare la popolazione locale a ricostruire Derna, una città che è stata spazzata via in poche ore dall'uragano Daniel. Un Paese lungimirante, inoltre, si darebbe da fare per evitare che i disastri climatici non obblighino davvero milioni, forse miliardi di persone, a lasciare territori sempre più inospitali e alla merce di eventi estremi.
Questo farebbe un Paese lungimirante. Poi c'è il Paese che combatte per difendere Dio, e il presente impaurito dei suoi accoliti bianchi, benestanti e vecchi. Buona fortuna a quel Paese. Ne avrà tanto, tanto bisogno.