Trasporti e Covid: perché è rischioso diminuire la capienza sui mezzi pubblici
Sta facendo discutere il nuovo dpcm con le misure anti Covid perché il governo non ha disposto ulteriori restrizioni sui mezzi pubblici, per ridurre la capienza consentita. Si era ipotizzato di fissare al 50% la soglia di passeggeri previsti sui mezzi, ma non c'è stata alcuna variazione e l'asticella è rimasta fissata all'80%. Una percentuale che però viene spesso superata, soprattutto nelle ore di punta, durante le quali maggiormente i cittadini si spostano per andare in ufficio o per andare a scuola.
Intanto la ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli ha convocato per mercoledì 14 ottobre le associazioni rappresentative delle aziende del trasporto pubblico locale, i rappresentanti della Conferenza delle Regioni, di Anci e di Upi per affrontare il problema dei contagi nei mezzi pubblici.
Con il nuovo provvedimento il Mit "con decreto adottato di concerto con il ministro della salute, può disporre, al fine di contenere l'emergenza sanitaria da Covid-19, riduzioni, sospensioni o limitazioni nei servizi di trasporto, anche internazionale, automobilistico, ferroviario, aereo, marittimo e nelle acque interne, anche imponendo specifici obblighi agli utenti, agli equipaggi, nonché ai vettori ed agli armatori". Ai presidenti di Regioni viene lasciato il compito di programmare i servizi erogati "dalle aziende del trasporto pubblico locale".
La proposta di Zampa: riduzione al 70%
La sottosegretaria Sandra Zampa ha proposto una soluzione, ovvero ridurre la capienza al 70%: "La questione dei mezzi pubblici fa anche a me personalmente abbastanza impressione. Discuto tutti i giorni con persone che se ne occupano, c'e' da parte delle amministrazioni locali una enorme difficoltà ad aumentare il numero di corse, forse qualche volta ci vuole anche un po' piu' di buona volonta'. Dobbiamo fare tutti uno sforzo in più", ha detto a Rainews 24.
"I governatori – ha aggiunto – farebbero bene a riaprire quel tavolo con i ministeri competenti, valutando di mettere di più di quello che si e' fatto, anche mettendoci un po' di fantasia. Oggi sul limite di capienza all'80% non c'è neanche il controllo, proviamo a scendere al 70% però controllato. Vogliamo aumentare del 10-15% le corse? Possiamo immaginare convenzioni con società di trasporto privato? Orari sfalsati di ingresso a scuola?".
Riduzione al 50% della capienza può essere rischiosa
Secondo l'ufficio studi dell'Asstra, l'associazione che riunisce le società di trasporto pubblico locale, "se si verificasse una riduzione ulteriore del riempimento dei mezzi, attualmente consentito all'80% ,"risulterebbe difficile per gli Operatori del Tpl continuare a conciliare il rispetto dei protocolli anti Covid-19 e garantire allo stesso tempo il diritto alla mobilità per diverse centinaia di migliaia di utenti ogni giorno, con il conseguente rischio di fenomeni di assembramento alle fermate e alle stazioni". Senza contare il problema dell'inquinamento e del traffico: "Le ulteriori limitazioni al servizio di Tpl obbligherebbero buona parte dell'utenza a fare ricorso alla mobilità privata per continuare ad effettuare i propri spostamenti. Ipotizzando che l'utenza trasferisca le proprie abitudini di mobilità dal mezzo pubblico all'autovettura, si potrebbero generare da oltre 42mila a oltre 250mila spostamenti in auto in più ogni giorno solo nelle ore di punta mattutine".
Sempre secondo lo studio anche con la riapertura delle scuole le frequentazioni dei mezzi pubblici non hanno ancora raggiunto i livelli ordinari, e si registra un calo tra il 50% e il 60% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, con perdite per circa 8 milioni di viaggi al giorno. Le indagini svolte dall'associazione presso gli operatori del trasporto pubblico locale hanno evidenziato che anche nelle ore di punta mattutine e pomeridiane, momenti della giornata in cui avviene la maggior concertazione di passeggeri a bordo dei mezzi, sono stati rispettati i limiti alla capienza dell'80% stabiliti dal Dpcm del 7 settembre scorso.
DAD per limitare pressioni sul trasporto
Alcune Regioni hanno anche proposto di tornare alla didattica a distanza per le superiori, per limitare l'appesantimento dei trasporti. Ma in questo modo i primi ad essere penalizzati sarebbero proprio gli studenti.
"Sveliamo un piccolo segreto: la questione della didattica a distanza per le scuole l'ho posta io: Ma era un po' un fuori tema, non era in discussione nel Dpcm", ha detto il governatore Luca Zaia, spiegando che la sua proposta, limitata alle classi degli ultimi 2-3 anni delle superiori, rispondeva proprio al problema dell'affollamento dei trasporti pubblici. In Veneto, ha ricordato, ci sono 707.000 giovani che ogni giorno vanno a scuola con i mezzi pubblici. "Se pensassimo alla didattica a distanza per le ultime 2-3 classi, delle superiori, magari in alternanza, un giorno sì e 2 no, una settimana sì e 3 no, verrebbe tolta tanta pressione sui trasporti. Leggo – ha concluso – che la ministra Azzolina dice ‘non se ne parla'. Ok, vedremo, se magari le cose dovessero peggiorare sperando non ci si ritrovi a chiudere le scuole".
"Chiudere le scuole a marzo è stata una decisione inevitabile, ma dolorosissima, che ha portato seri danni nella formazione dei nostri studenti. Riaprirle è stata una scelta altrettanto inevitabile e difficile, costata fatica organizzativa a tutte le scuole. Ora bisogna fare ogni sforzo per tenerle aperte. Un Paese non può permettersi di penalizzare la scuola perché è in difficoltà per il sistema dei trasporti. Si trovino soluzioni per evitare il sovraffollamento degli autobus, scaglionando non solo gli ingressi a scuola, ma anche al lavoro, si insista sul lavoro da casa, si trovino altri mezzi di trasporto, come i bus turistici. Insomma la scuola è la priorità e va lasciata aperta perché non possiamo assistere al peggioramento della preparazione dei nostri studenti e ad un aumento drammatico delle disparità sociali, territoriali ed economiche", ha detto in una nota la responsabile Scuola del Pd Camilla Sgambato.
Il governo punta sullo smart working
Ed è proprio sullo smart working che prova a insistere il governo, con la convinzione che, incentivandolo, si potrà in parte risolvere il problema del sovraffollamento dei mezzi di trasporto. Nel dpcm il governo "raccomanda" alle aziende che le attività professionali "siano attuate anche mediante modalità di lavoro agile, ove possano essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza" e che siano "incentivate le ferie e i congedi retribuiti per i dipendenti nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva".