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Traffico di migranti tra Sicilia e Tunisia, arrestati in 18: “Se ci sono problemi buttateli in mare”

La Procura di Caltanissetta ha arrestato 18 persone con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina: trasportavano migranti dalla Tunisia alla Sicilia per migliaia di euro a persona. “Se ci sono problemi buttateli in mare”, dicevano i presunti trafficanti nelle intercettazioni.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Partivano da Gela, in Sicilia, arrivavano in Tunisia e ripartivano verso l'Italia. Con delle navi cariche di migranti. E se qualcuno avesse scoperto il traffico di esseri umani? Se ci fossero stati problemi al motore? "Sbarazzatevi dei migranti in alto mare". La frase compare in un'intercettazione contenuta negli atti dell'inchiesta Mare Aperto della Procura di Caltanissetta, che ha fatto scattare, questa mattina, 18 misure cautelari per associazione a delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina: dodici di loro sono in carcere, gli altri sei ai domiciliari. Undici sono tunisini, sette sono italiani. Tra loro, sei sono irreperibili dopo il provvedimento del Gip di Caltanissetta. Probabilmente all'estero. Molti altri presunti responsabili erano in diversi luoghi d'Italia: un uomo, tunisino, era nel Cpr di Ponte Galeria a Roma in attesa di rimpatrio, un altro indagato era già in carcere a Ferrara. Otto sono stati arrestati in Sicilia, uno a Ragusa e otto a Caltanissetta.

I militari erano al lavoro sull'indagine dal 21 febbraio del 2019, quando nel porto di Gela si incagliò una barca in vetroresina di 10 metri con due motori da 200 cavalli. Si scoprì che era stata rubata a Catania pochi giorni prima, e che erano sbarcate delle persone prima dell'incidente. La Procura di Caltanissetta, nella sua ricostruzione, scriveva: "Sussistono gravi indizi di partecipazione a un'organizzazione criminale dedita al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina aggravata" con "carattere transnazionale in quanto operativa in più Stati".

Secondo le carte dell'inchiesta, durata appunto oltre tre anni, la presunta associazione a delinquere avrebbe avuto punti strategici dislocati in più centri della Sicilia, come Scicli, Catania e Mazara del Vallo. Venivano impiegate piccole imbarcazioni con motori potenti, condotte da scafisti esperti in grado di raggiungere le coste italiane dalla Tunisia in quattro ore di navigazione. L'accusa sostiene che avrebbero portato tra le 10 e le 30 persone alla volta. Prezzo del biglietto: tra i tremila e i cinquemila euro. Ogni viaggio, secondo i militari, faceva entrare nelle tasche dei trafficanti una cifra tra i 30mila e i 70mila euro.

Sempre secondo le indagini della Squadra Mobile di Caltanissetta, le menti dietro l'organizzazione sarebbero un uomo e una donna tunisini, che promuovevano l'attività da una casa di Niscemi. Nella stessa cittadina siciliana viveva anche il capo della presunta associazione a delinquere, con due tunisini che invece gestivano la cassa da Scicli. Cinque italiani si sarebbero occupati della logistica, dall'ospitalità di chi arrivava agli aspetti pratici. Quattro scafisti – tre tunisini e un italiano – erano invece dedicati ai viaggi. Il denaro veniva raccolto in Tunisia e inviato con money transfer a Scicli, poi spostato su prepagate intestate a membri dell'organizzazione. La base operativa sarebbe stata una vecchia masseria, alla periferia di Niscemi. Un business perfetto, insomma. Sulla pelle dei migranti, ancora una volta.

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