Tornelli, proteste, scontri e polemiche: cosa sta succedendo all’università di Bologna
Il pomeriggio del 9 febbraio le forze dell'ordine hanno fatto irruzione nella biblioteca della Facoltà di Lettere dell'Università di Bologna in via Zamboni 36 caricando e manganellando gli studenti che la stavano occupando. Le immagini dell'azione sono rimbalzate prima sui social e poi su tutti i giornali. La protesta era stata portata avanti da alcuni membri del Collettivo universitario autonomo – CUA, e andava avanti dalla mattina. Da settimane la biblioteca era già motivo di discordia tra il collettivo e l'università: le ragioni affondano nella decisione dell'ateneo di mettere dei tornelli all'ingresso dei locali, presa intorno alla fine di gennaio.
Questo nuovo sistema d'accesso era in discussione da mesi all'interno della dirigenza dell'ateneo, ed era stato giustificato con esigenze di sicurezza per la biblioteca, che resta aperta fino a mezzanotte ed è stata, a detta di alcuni, negli ultimi tempi oggetto di episodi spiacevoli: "Abbiamo avuto furti, episodi di spaccio, il personale ha paura e gli studenti si lamentano perché non si sentono a loro agio. Un problema sicurezza c'è: dobbiamo garantire il benessere e l'incolumità di tutti", ha spiegato la direttrice. Secondo il rettore dell'Università di Bologna Francesco Ubertini "la situazione al 36 è difficile, il personale è spaventato, ci sono grosse difficoltà a tenere aperto, c’è chi ha paura e gli studenti non si sentono di frequentare la biblioteca in queste condizioni".
Una volta installati i tornelli, sono iniziate le proteste. Il 23 gennaio un gruppo di studenti del CUA ha lasciato la porta di emergenza della biblioteca aperta per evitare il nuovo sistema d'ingresso, affiggendo del cartelli con scritto "Il 36 non è una banca". Questa sorta di boicottaggio è stato ripetuto anche nei giorni successivi, mentre all'ufficio del rettore dell'università erano arrivate oltre 500 firme contro la decisione di mettere i tornelli. "Prendiamo atto delle vostre richieste, e porteremo le vostre istanze al Rettore a cui spetterà l’ultima parola sulla decisione della rimozione o meno dei tornelli", aveva detto la prorettrice.
Intanto l'università aveva segnalato in procura i disagi dovuti alle proteste, e il 6 febbraio – data in cui era convocata un'assemblea del colletivo all'interno della biblioteca a cui era stata invitata anche l'amministrazione dell'ateneo- una ventina di studenti sono stati segnalati, con diverse ipotesi di reato: resistenza, oltraggio a pubblico ufficiale, minacce, interruzione di pubblico servizio, violenza privata e invasione di edifici.
A questo punto la protesta ha cambiato registro: abbandonato il boicottaggio dei tornelli, l'8 febbraio gli studenti del CUA hanno deciso di smontarli e portarli alla sede del Rettorato.
In seguito a quest'azione, l'università ha chiuso la biblioteca. Gli attivisti del CUA sono quindi rientrati nei locali il 9 febbraio, riaprendo l'edificio e occupandolo, sostenendo che non sarebbero andati via senza un colloquio con un esponente dell'ateneo: "L’università oggi ha dimostrato cosa vuol dire interruzione di pubblico servizio, non si possono chiudere le porte di un luogo pubblico, non andremo via fino a quando l’Ateneo comunicherà qual è la propria intenzione sull’accesso alla biblioteca. Staremo qui anche di notte".
Le cose però sono andate diversamente e, intorno alle 17 e 30, la polizia in assetto antisommossa è entrata dentro la biblioteca per sgomberarla, caricando e manganellando gli studenti presenti, che hanno reagito lanciando sedie e banchi. I disordini sono continuati anche fuori dall'università e fino in piazza Verdi, dove sono state alzate delle barricate fatte con le campane per la raccolta per il vetro e cartelli stradali – spazzate via con altre cariche.
Il giorno dopo ci sono stati altri scontri tra le forze dell'ordine e gli studenti durante una manifestazione che ha percorso il centro della città e alla quale hanno partecipato circa 800 persone, tra cui anche appartenenti ai centri sociali bolognesi. Il corteo chiedeva le dimissioni del rettore Francesco Ubertini e del questore Ignazio Coccia. Due persone sono state arrestate: un ragazzo di 24 anni e una ragazza di 22.
Le proteste del CUA, però, non sono state condivise da tutti: su Change.org è stata lanciata una petizione per dissociarsi dalle azioni del collettivo, firmata da oltre 7 mila persone: "Alla luce di quanto accaduto di recente in Via Zamboni 36, per questo ed altri atti vandalici perpetrati dal Cua a danno dell'Università, noi studenti scegliamo di dissociarci dalle azioni del collettivo in segno di critica e di protesta. Supportiamo le istituzioni dell'Ateneo e attendiamo che vengano presi dei provvedimenti nei confronti dei responsabili dei danni ai quali l'Università ha assistito". Il CUA ha commentato la petizione scrivendo in una nota che questo tipo di appelli possono essere firmati da "chiunque e a nome di più persone contemporaneamente. Si tratta dell’ennesimo fasullo stratagemma per screditare chi di ragione ne ha da vendere".
Secondo il collettivo studentesco l'installazione dei tornelli non ha tenuto conto "del contesto e dei bisogni sentiti dagli studenti che attraversano maggiormente quel posto. Non si tiene presente la natura di questa biblioteca, che negli anni si è rivelata un luogo pulsante della zona universitaria, attraversata da pratiche di autogestione e un luogo la cui identità è andata costruendosi lotta dopo lotta e che ora è un punto di riferimento di socialità e cultura". Gli attivisti hanno denunciato che "dopo le due settimane di chiusura per ultimare i lavori (in pieno periodo d’esami) lo scenario con cui ci si è dovuti misurare è quello di barriere di vetro, dispositivi di controllo elettronico con tanto di telecamere. Un immaginario di blindatura che ricorda molto più una banca che un’aula studio, con tanto di agenti della Digos all’interno".
Dopo gli scontri, è circolata su Facebook la ricostruzione fatta da Emilia Garuti, una studentessa di Lettere che per sei mesi ha lavorato come volontaria alla biblioteca di via Zamboni 36, che sostanzialmente avalla le tesi dell'amministrazione dell'ateneo circa la "questione sicurezza" nell'edificio. "Se siete veramente studenti allora avrete il badge e non avrete problemi a passare i tornelli e avrete anche il rispetto di non rompere i tavoli e le sedie dove tutti studiamo gettandoli in aria e di non strappare i libri di studio che sono di tutti e che poveri stronzi come ero io poi dovranno riaggiustare e mettere a posto. A quelli dico: non è voi studenti che i tornelli vogliono lasciare fuori, ma tutti quelli che usano la biblioteca come porcile per drogarsi e fare i proprio comodi", si legge nel post.
Il CUA ha duramente criticato questa ricostruzione, facendo notare che l'ex bibliotecaria è una militante del Pd Emilia Romagna, per il quale è rappresentante legalità e sicurezza: "Ma strano eh, è proprio il Partito Democratico, quella squallida e bestiale cricca di speculatori e massacratori di giovani e poveri, che si ingegna – a tempo record – per diffondere per bocca di una sua dirigente parole infamanti e bugiarde". Garuti ha raccontato di essere stata oggetto di insulti e minacce dopo la pubblicazione del post, ricevendo la solidarietà del segretario provinciale del Pd di Reggio Emilia, Andrea Costa: "Allora? State sostenendo che non si può avanzare una critica perché si milita in un partito? State sostenendo che l'opinione di Emilia non è autentica ma opportunistica perché milita in un partito? State sostenendo che l'opinione di chi milita in un determinato partito vale meno di altre? State sostenendo che è l'adesione a questo o a quel partito che determina il valore della tua opinione personale?"
Questa mattina gli attivisti del CUA si sono ripresentati in biblioteca per riprendere libri e appunti e "cercare di rimediare ai danni fatti dalla polizia", ma sono rimasti fuori. "Fanno entrare la Celere e non lasciano entrare noi studenti". Domani ci sarà un'assemblea per decidere come proseguire le proteste.