Titoli comprati all’estero e finti tirocini: basta pagare e in Italia si diventa insegnanti di sostegno

Titoli acquistati all’estero e misure che penalizzano i docenti: le contraddizioni nel sistema di formazione e reclutamento degli insegnanti di sostegno nella seconda parte dell’inchiesta La Cattiva Scuola di Fanpage.it.
A cura di Backstair
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di Selena Frasson

“Per fare questo lavoro devi essere empatico, fare da tramite tra il ragazzo con disabilità, la sua famiglia e gli altri docenti, il tuo compito è di aiutarlo ad esprimersi, a inserirsi nel gruppo classe”. Sonia (useremo un nome di fantasia per tutelare l'identità della testimone) è un'insegnante di sostegno specializzata in un’università italiana, insegna da 23 anni e la sua non è stata una scorciatoia, ma una scelta: “Ho visto tanti tipi di disabilità – racconta ai microfoni di Fanpage.it – e questo mi ha aiutata a capire la differenza tra chi intraprende questo percorso per prendere punteggio e scalare la graduatoria e chi, invece, lavora sul campo”. Sonia fa parte di un’associazione di insegnanti impegnati per “difendere l'inclusione e garantire i diritti ai ragazzi con disabilità, vogliamo un'istruzione di qualità e un inserimento dei docenti nel mondo della scuola fatto in maniera più onesta”.

Il lungo percorso del TFA e la concorrenza sleale

Per diventare insegnanti di sostegno, in Italia, è necessario seguire un percorso lungo e articolato chiamato TFA, ovvero Tirocinio Formativo Attivo. Si tratta di un corso universitario abilitante e obbligatorio per preparare i docenti ad affiancare e supportare gli alunni con disabilità o bisogni educativi speciali (BES), favorendone l’inclusione scolastica. Per poter conseguire la specializzazione si inizia con una prova preselettiva, un test a risposta multipla con quesiti di psicologia, pedagogia e legislazione scolastica. Superata questa prima fase l’aspirante insegnante di sostegno dovrà sostenere una prova scritta e una orale, a ciascuna delle quali è assegnato un punteggio in trentesimi.

Il TFA – continua Sonia – dà accesso alla prima fascia delle graduatorie provinciali. Quindi priorità nella chiamata che viene effettuata per inserirsi in scuole come insegnante di sostegno”. Questo significa che, una volta completato con successo questo corso di specializzazione della durata di otto mesi che combina lezioni frontali, laboratori e tirocini nelle scuole e nelle università, l’aspirante insegnante avrà la possibilità di essere inserito nelle GPS (Graduatorie provinciali per le supplenze) che permettono di ottenere incarichi di supplenza temporanei nelle scuole pubbliche e, allo stesso tempo, di accumulare esperienza e punteggio, fondamentali per accedere a una futura stabilizzazione.

Parallelamente, è possibile partecipare ai concorsi a cattedra, che restano il principale canale per ottenere un contratto a tempo indeterminato. La specializzazione acquisita con il TFA non solo apre le porte per l’insegnamento nel settore pubblico, ma è anche valutabile nei concorsi e può offrire opportunità lavorative nelle scuole private o paritarie.

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L'inserimento a pettine: chi è in regola resta indietro

Per il conseguimento di questa specializzazione Sonia, e come lei tanti insegnanti che da anni provano a ottenere una cattedra, ha seguito il corso di formazione, del valore di 3mila euro, necessario per l’abilitazione all’insegnamento di sostegno e ha ottenuto un contratto annuale che le ha permesso di guadagnare dodici punti da inserire nella sua graduatoria. Sembrava che da quel momento in poi dovesse procedere tutto per il meglio, non le mancava alcun requisito: aveva raggiunto ottimi punteggi nelle prove scritte e orali, completato il tirocinio formativo attivo e aveva anche il punteggio derivante dalla certificazione degli anni di servizio, eppure si è vista scavalcare da più di 1300 concorrenti per via dell’ordinanza n°88 del 16 maggio 2024, firmata dal Ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe Valditara.

Questa, infatti, conferma la proposta dell’inserimento a pettine per coloro che hanno conseguito una specializzazione sul sostegno all’estero senza, dunque, svolgere il tirocinio formativo attivo. Ciò significa che, in virtù dell’Ordinanza Ministeriale per le Graduatorie Provinciali per le Supplenze (GPS) 2024-26, i docenti che hanno acquistato una certificazione all’estero, senza seguire l’ordinario percorso per l’abilitazione al sostegno, possono ottenere contratti di lavoro nelle scuole anche in attesa della validazione del loro titolo. In questo modo si crea un cortocircuito che rischia di penalizzare chi ha la formazione, le competenze e i titoli ufficialmente riconosciuti per poter svolgere la funzione di insegnante di sostegno.

Per il TFA Il meccanismo della compravendita dei titoli è lo stesso descritto nella prima puntata dell’inchiesta “La cattiva scuola”: acquisti il titolo, il punteggio sale, maggiore è la possibilità di scalare la graduatoria e di superare gli altri concorrenti per l'ottenimento della cattedra. La differenza, questa volta, è che a farne le spese sono innanzitutto i soggetti più vulnerabili che avrebbero bisogno di essere accompagnati nel loro percorso scolastico, ma rischiano di essere affiancati da personale non adeguatamente formato.

È proprio una delle persone che abbiamo contattato per la realizzazione dell’ inchiesta “La cattiva scuola” a raccontare come è riuscito a procurarsi un falso titolo tramite una scuola di certificazione attiva in Spagna.  “Io non avevo superato la preselettiva del TFA e ho provato a cercare delle strade alternative. Su internet si trovano diverse agenzie che propongono percorsi esteri. Ci sono degli indizi che ti fanno credere che siano corsi già riconosciuti, come se fossero validi, però molto costosi. Si pubblicizzano con i loghi del Ministero e ti fanno credere che ti seguiranno fino al riconoscimento, però non è vero e continuano a chiederti soldi, per le più svariate ragioni”. “Pagavamo – continua la nostra fonte che ha chiesto di mantenere l’anonimato – perché eravamo disperati.

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Titoli comprati e studenti penalizzati

È il sistema a produrre questa disperazione, sindacati e docenti lo denunciano da anni. Dopo la pubblicazione dell’inchiesta “La cattiva scuola” il Collettivo Docenti di Sostegno Specializzati si è rivolto al ministro dell'Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, per chiedere ancora una volta di “fermare la spirale di ipocrisia e sfruttamento e di mettere in atto politiche concrete per la stabilizzazione del personale docente”.

Il problema dipende dal fatto che nella formazione delle graduatorie è determinante il possesso di titoli,  vale a dire lauree, diplomi accademici, master e certificazioni linguistiche a cui sono attribuiti specifici punteggi previsti all’interno del Decreto 549 del 29 marzo 2024. È in questa fase che si entra in un groviglio di inganni e scorciatoie: “i titoli servono per inserirsi nelle graduatorie o per acquisire più punteggio – spiega Gianna Fracassi, segretario generale Flc Cgil – per questo si sono sviluppate varie agenzie formative, università farlocche che sostanzialmente vendono la possibilità di avere questi titoli di studi a pagamento”.

“Il punto – continua Fracassi – non è soltanto la qualità di questi soggetti erogatori della formazione, troppo spesso noi abbiamo segnalazioni che sostanzialmente questa erogazione non c'è, nel senso che si tratta banalmente di una compravendita del titolo senza che ci sia un percorso di studi con le caratteristiche che le stesse norme definiscono”. Alla fine – conclude Fracassi – è il mondo dell'istruzione, sono gli studenti ad essere colpiti da quello che risulta “un vero e proprio mercato”. “Abbiamo territori dove ci sono pochissimi insegnanti specializzati, dove l'offerta formativa pubblica è molto bassa, come Cgil abbiamo sollecitato più volte il Ministero affinché intervenisse, ma non abbiamo ancora ricevuto alcuna risposta”.

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La guerra tra docenti: chi ne paga il prezzo?

Al contrario, a sollevare ulteriori problemi è stata l’approvazione del cosiddetto “Pacchetto Valditara – Abodi”, una sorta di maxi sanatoria per i “precari triennalisti”, i docenti che, seppur privi di specializzazione sul sostegno, svolgono attività di supporto agli alunni con disabilità attraverso le supplenze, ma anche per chi ha conseguito un titolo all’estero, soprattutto in Spagna e in Romania. In questo modo, pur ammettendo che i percorsi formativi all’estero “mancano di specifiche competenze pedagogiche” il governo ha provato a mettere fine a un'annosa questione e, con la conversione in legge del decreto – legge 74/2024, per i docenti abilitati all’estero e per quelli con almeno tre anni di servizio è stata prevista la possibilità di frequentare i percorsi Indire.

Si tratta di percorsi di formazione professionale online promossi da un ente di ricerca del Ministero dell'istruzione, l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa, alternativi ai percorsi universitari “Tfa sostegno”. Un modo, a detta del Governo, per conseguire una formazione integrativa specifica per l’assistenza agli alunni più vulnerabili, e per acquisire un titolo per partecipare ai concorsi per la stabilizzazione nel sistema scolastico. Il provvedimento è stato contestato da coloro che, invece, hanno frequentato il corso di specializzazione nelle università, dove sono previsti sessanta crediti formativi invece dei trenta di Indire. In questo modo si è creata quella che il segretario Fracassi definisce “una guerra tra poveri”, perché i docenti già specializzati, precari da tempo, temono di essere scavalcati.

A far discutere, infine, è l’articolo 8 del decreto, recante “Misure finalizzate a garantire la continuità dei docenti a tempo determinato su posto di sostegno”. In base a questa disposizione il docente potrà essere scelto direttamente dalla famiglia del ragazzo che necessita dell’insegnamento di sostegno: se da un lato il ministro Valditara parla di "garanzia della continuità didattica", dall’altro i sindacati sottolineano la gravità di intervento normativo ritenuto “lesivo della trasparenza delle procedure di reclutamento, che rischia fortemente di limitare la libertà di insegnamento”.

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