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Tfr e articolo 18: se Renzi riesce a far rimpiangere Mussolini

Taverna (M5S) e Barozzino (Sel) citano come esempio positivo la “Carta del Lavoro” fascista. E attaccano Renzi sullo smantellamento dell’articolo 18 e del Tfr: “Mussolini creò lo stato sociale”.
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Nel corso degli ultimi dibattiti al Senato della Repubblica sul pacchetto di riforme del lavoro definito dal governo Renzi "Jobs Act", contenente tra l'altro la sostanziale abolizione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, quello che consente il licenziamento di un lavoratore solo in presenza di «giusta causa», un personaggio molto particolare è stato evocato per ben due volte, da esponenti di due forze politiche molto diverse l'una dall'altra. Quel personaggio risponde al nome di Benito Mussolini. Il Duce del fascismo italiano è evocato dalla senatrice del Movimento 5 Stelle Paola Taverna e dal senatore Giovanni Barozzino di Sinistra Ecologia e Libertà, quando si tratta di intervenire sull'articolo 18 (introdotto negli anni Settanta) e sul Tfr, il trattamento di fine rapporto che il governo di Matteo Renzi vuol versare ai lavoratori ogni mese in busta paga anziché alla fine del rapporto di lavoro.

In particolare si cita uno dei documenti fondamentali del fascismo, ovvero la "Carta del Lavoro", varato il 21 aprile 1927 per mettere nero su bianco corporazioni, sindacalismo e politica economica fascista. Abolita nel 1944 con la caduta del regime fascista, la "Carta del Lavoro" fu, come è accaduto per molte norme dell'era mussoliniana, lasciata sostanzialmente in vigore nella legislazione post bellica, recepita in gran parte dall'attuale Codice civile.

Uno degli elementi fondamentali di quell'atto era proprio il concetto alla base di quel che oggi definiamo Tfr e che un tempo era chiamato "liquidazione". Ovvero la necessità di garantire al lavoratore, al momento della cessazione del suo rapporto professionale, una somma per far fronte alle esigenze economiche più impellenti nell'attesa di trovare nuova occupazione. Insomma, un vero e proprio ammortizzatore sociale.

Taverna e Barozzino citano la Carta del Lavoro di Mussolini al Senato

L'8 ottobre 2014, al Senato, Paola Taverna prende la parola e dice, nell'ambito di un intervento decisamente critico verso il governo Pd-Pdl: «Ora si parla del TFR: gli 80 euro li ha dati e mo li mette strutturali, ma non si sa da dove prenderà i soldi; poi ci penserà la collega Lezzi a spiegarci da dove altro li toglie. Adesso mette in mezzo la storia del TFR. Sono andata a vedere chi ha introdotto il TFR e sono rimasta sorpresa: l'ha messo Mussolini. Allora, Mussolini introduce il TFR e crea uno Stato sociale e Renzi cosa fa? Toglie il TFR, lo mette in busta paga, lo tassa, aumenta in tal modo la possibilità di acquistare in maniera tale da rendere poi strutturale l'aumento degli 80 euro. Li sta prendendo dalla tasca delle persone! Quindi, la Fornero ci ha tolto la pensione, Renzi ci toglie il TFR». E giù applausi. In epoca recente mai era successo che Benito Mussolini venisse citato come esempio positivo senza suscitare polemiche.

Nella stessa seduta Giovanni Barozzino, pur non citando esplicitamente Mussolini ne cita la "Carta del Lavoro". Lo fa all'interno di un intervento molto duro verso il governo. Barozzino, non dimentichiamo, è uno degli operai licenziati dalla Fiat di Melfi nel 2010, durante il braccio di ferro tra la Fiom e Sergio Marchionne. Egli fu riammesso dal tribunale del lavoro, ma mai reintegrato dall’azienda; successivamente fu scelto da Nichi Vendola come capolista al Senato in Basilicata per Sel. È uno che sa bene cosa significano Statuto dei lavoratori e Tfr. «Signor Presidente – dichiara in Aula – desidero un po' di attenzione dai pochi intimi che siamo rimasti, siccome parliamo dello statuto dei lavoratori, una legge dello Stato che mi dicono essere vecchia (non si capisce bene perché. Se qualcuno mi ascolta, voglio leggere un passaggio della Carta del lavoro del 1927 (1927 e non voglio fare nessuna allusione) al punto XVII: «Nelle imprese a lavoro continuo il lavoratore ha dritto in caso di cessazione dei rapporti di lavoro per licenziamento senza sua colpa, ad un'indennità proporzionata agli anni di servizio». Anzi, il testo, se mi permette, signor Presidente, è anche migliorativo, e sa perché? Perché prevede che tale indennità si dovuta anche in caso di morte del lavoratore».

Il testo della Carta del Lavoro di Mussolini (PDF)

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. È autore del libro "Se potessi, ti regalerei Napoli" (Rizzoli). Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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