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Telefonata comici russi, dopo le dimissioni il consigliere diplomatico di Meloni racconta com’è andata

Francesco Talò, consigliere diplomatico di Giorgia Meloni, ieri ha rassegnato le dimissioni dopo il caso dello scherzo telefonico effettuato da due comici russi ai danni della presidente del Consiglio. Oggi ha raccontato la sua versione dei fatti: in quei giorni l’ufficio diplomatico era sovraccarico, e c’è stato un errore.
A cura di Luca Pons
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Il capo dell'Ufficio diplomatico di Giorgia Meloni, l'ambasciatore Francesco Talò, si è dimesso ieri. L'addio è stato quasi obbligato dal caso della telefonata alla presidente del Consiglio con cui due comici russi hanno potuto parlare privatamente con Meloni per un quarto d'ora, registrandola mentre discuteva la linea dell'Italia su diversi temi internazionali. Ieri la presidente del Consiglio ha annunciato le dimissioni di Talò, che oggi con un'intervista a Libero ha descritto la sua versione dei fatti e spiegato il motivo per cui ha lasciato l'incarico.

Innanzitutto, l'ormai ex consigliere diplomatico di Palazzo Chigi ha spiegato il contesto dello scherzo telefonico: a metà settembre il suo ufficio si trovava con un "sovraccarico di lavoro" del suo ufficio. Mentre si preparava il viaggio a New York per l'Assemblea generale delle Nazioni unite, a Meloni "era utile incontrare gli africani". Proprio in quel momento è arrivata "una telefonata con un esponente significativo come il presidente della Commissione dell'Unione africana". Insomma, i due " hanno trovato l'esca buona": i comici russi (che in realtà sarebbero "dual use, comici sì, ma che fanno comodo a qualcuno") hanno capito "le nostre priorità, che in quel momento erano sull'Africa".

Cos'è successo concretamente? "Abbiamo ricevuto una mail proveniente da un indirizzo plausibile e quindi si è svolta la telefonata con i suoi normali preparativi". A Fanpage.it, i comici hanno detto invece che il primo contatto è avvenuto tramite una telefonata. Ma tant'è. È bastato quindi un indirizzo "plausibile" per non effettuare ulteriori controlli: "È evidente che la gestione dell'episodio avrebbe potuto essere migliore, perché altrimenti non saremmo caduti nell'inganno. Un inganno che ci accomuna a tanti leader illustri, dotati di importanti apparati, strutture che li assistono, Paesi che dedicano alla sicurezza una notevolissima attenzione. Non deve succedere, ma è successo".

La vicenda è esplosa dopo la pubblicazione della telefonata: "Ha suscitato uno scalpore che credo non si sia verificato in casi analoghi altrove e così ho ritenuto di dover rassegnare le mie dimissioni". Talò ha quasi 40 anni di carriera nelle pubbliche amministrazioni: è entrato al ministero degli Esteri nel 1984 ("il ministro era Giulio Andreotti, c'era la Cortina di ferro, era tutto diverso"). Si è dimesso, ha detto, per "una questione di coerenza". Ha aggiunto: "Credo che sia sempre opportuno assumersi le proprie responsabilità. Capisco che non sia molto comune, ma è un mio modo di essere. Questo senso del dovere, del sacrificio, del sentirsi in obbligo dei confronti dello Stato, della nazione, fa parte della mia natura".

Nel momento delle dimissioni non ci sarebbero state tensioni con Meloni: "Abbiamo ricordato il lavoro fatto nel corso di quest'anno insieme, e mi ha confortato. È consapevole del nostro impegno, il mio e dell'ufficio diplomatico, un impegno senza precedenti. Chi ha tanto una volta può sbagliare. Non dovrebbe succedere, ma è successo". Il suo successore, ha detto Talò, non sbaglierà più nella verifica di telefonate: "Su quello sono tranquillo: farà altri errori, come tutti noi, ma quello no, non lo farà".

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