Tav, la Cassazione annulla la condanna al giornalista di Fanpage.it Davide Falcioni
La Cassazione ha annullato con rinvio la condanna ai danni di Davide Falcioni, giornalista di Fanpage.it che il 24 agosto 2012 seguì la protesta di un gruppo di no Tav a Torino che avevano fatto irruzione in un’azienda. Il 7 febbraio 2019 la Corte d’Appello di Torino aveva inflitto quattro mesi per concorso in violazione di domicilio nei confronti del giornalista, nonostante lui si trovasse in quella situazione solo per documentare l’evento per conto della testata Agoravox. Secondo i giudici della Cassazione, però, quella sentenza della Corte d’Appello non è legittima e la stessa Corte, con un’altra composizione, dovrebbe riformulare un’altra sentenza, ritenendo quella non adeguata. Secondo i giudici il nuovo processo dovrebbe valutare la sussistenza della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Falcioni era stato condannato a quattro mesi di reclusione in primo grado, con la conferma in Appello a febbraio 2019. Falcioni era entrato, con gli attivisti no Tav, negli uffici di uno studio di progettazione, Geovalsusa, in qualità di reporter. Secondo i giudici di Torino Falcioni non sarebbe dovuto entrare nell’edifico, ma avrebbe dovuto aspettare all’esterno e ricostruire quanto avvenuto basandosi solamente sul racconto della polizia, evitando – in sostanza – di raccontare ciò che stava realmente avvenendo e che lui poteva documentare in prima persona. Il giornalista era stato chiamato, all’inizio del processo, a testimoniare in difesa dei 19 imputati: dopo la testimonianza gli fu comunicata l’indagine a suo carico.
Negli scorsi giorni anche Amnesty International Italia si era schierata in difesa del giornalista che era presente in quell’occasione per raccontare i fatti e per fare il suo lavoro. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, aveva ribadito il suo supporto al cronista: “Falcioni ha ritenuto di dover documentare un fatto di cronaca per lui significativo. Così facendo, ha esercitato il suo diritto alla libertà d’informazione. Ci auguriamo che la Cassazione lo riconosca. Non facendolo, si creerebbe un pericoloso precedente”. E la Cassazione, alla fine, ha dato ragione a Falcioni.