“Con me Presidente del Consiglio le tasse non aumenteranno. Lo dico anche a nome del ministro Padoan. È finito il tempo in cui i politici consideravano i cittadini un bancomat: no all'aumento né di tasse, né di accise. E nemmeno sul fumo. Io non fumo ma non è possibile che si prenda quella parte di cittadini che fumano e si spremano”. Con queste parole il Presidente del Consiglio Matteo Renzi è intervenuto nel dibattito apertosi in queste ore a proposito di una eventuale “tassa sul fumo”, da inserire nella prossima legge di bilancio (la vecchia legge di stabilità, per capirci).
La questione, però, non sembra potersi chiudere così rapidamente, tanto che sono in molti a pensare che se ne tornerà a parlare nelle prossime settimane, quando con la nota di aggiornamento del DEF (il documento di economia e finanza) sarà chiara l’entità della “correzione di rotta” ai conti pubblici e si comincerà a capire se, come e dove il Governo dovrà tagliare la spesa pubblica.
La sanità, come noto, costituisce un campo “privilegiato” in questo senso. Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha messo le mani avanti, bollando come “gossip” le voci su possibili tagli e ribadendo come la quota di finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale per il 2017 sarà fissata a 113 miliardi di euro, quasi 2 miliardi in più rispetto al 2016, in linea con l’aumento del fabbisogno. Ma proprio le vicende dello scorso anno autorizzano qualche retropensiero e lasciano aperta la porta dei “ripensamenti”. Se è vero che il Governo ha aumentato la dotazione del FSN per il 2016 di circa 1,3 miliardi (800 milioni erano subordinati all’approvazione dei LEA, percorso ancora in itinere), allo stesso tempo va ricordato che gli impegni presi nelle manovre precedenti erano ben più sostanziosi (qui abbiamo cercato di spiegarvi il “percorso” che ha portato alla diminuzione del finanziamento rispetto alle previsioni). Insomma, per farla breve: non è possibile escludere che la cifra di 113 miliardi venga limata al ribasso.
E allora c’entra la tassa sul fumo? Potrebbe, ma la sua genesi è in parte diversa. L’idea nasce infatti dagli oncologi, come ha spiegato la stessa Lorenzin: “È una loro proposta, noi come ministero possiamo solo dire che a nostro avviso è condivisibile da un punto di vista scientifico, ma non è materia su cui tocca a noi decidere”. Si tratterebbe, insomma, di prevedere un aumento sui pacchetti di sigarette per recuperare fondi per i nuovi farmaci anti tumorali, sia per quel che concerne la ricerca che la loro “distribuzione” ai pazienti. In questo modo sarebbe una specie di "tassa di scopo": l'aumento potrebbe essere collegato alla cifra totale da recuperare e dunque passare da pochi centesimi su pochi prodotti, a un aumento "una tantum" sull'intera gamma di prodotti.
È bastato poco perché la proposta diventasse “compensativa dei tagli alla sanità”, come ormai usuale nel dibattito pubblico. Tanto che sul punto è intervenuto anche il presidente dell'Acoi l'Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani, Diego Piazza, che ha bocciato eventuali tagli al FSN ma ha spiegato di trovare “positiva l'idea di reperire risorse tassando le sigarette”. A cascata sono intervenuti un po' tutti gli esponenti politici, tanto che Renzi si è visto "costretto" a smentire tale ipotesi.
Addirittura Benedetto Della Vedova, leader dell’intergruppo parlamentare per la legalizzazione della cannabis, è riuscito a trovare un link, piuttosto interessante per la verità, con la battaglia sul ddl cannabis: “Ci sono milioni di italiani pronti a pagare volentieri una ‘tassa sul fumo' se solo lo Stato legalizzasse la cannabis, consentendo loro di versare al bilancio pubblico quanto ora sono costretti a versare alle casse delle mafie in tutta la penisola”. Che sia questa la soluzione?