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Tassa su extraprofitti banche, Forza Italia vuole escludere titoli di Stato e piccoli istituti

Il vicepremier e ministro degli Esteri Tajani ha proposto alcune correzioni alla tassa sugli extraprofitti delle banche, varata dal Cdm all’inizio di agosto: “Escludere titoli di Stato e piccole banche”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Prima dello stop per le vacanze estive il governo ha varato a sorpresa una tassa sugli extraprofitti delle banche, approvata dal Consiglio dei ministri nel decreto Asset, una "imposta straordinaria", visto il carattere una tantum della misura, pensata come risposta al caro mutui. La decisione è stata presa dalla premier Meloni sul modello dell'esperimento dell'esecutivo a guida Draghi, che varò una tassa sugli extraprofitti delle imprese energetiche per recuperare risorse a favore di imprese e famiglie contro il caro energia.

Nel caso delle banche gli extraprofitti sono calcolati sul margine di interesse, ovvero sulla differenza tra interessi attivi e interessi passivi. I primi sono quelli che la banca accumula come guadagno per aver concesso prestiti o mutui. Gli interessi passivi sono invece quelli che la banca deve pagare ai suoi clienti, sui conti correnti o sui conti deposito. In pratica gli extraprofitti sono i guadagni che la banca ottiene in più con l'aumento dei tassi di interesse.

La decisione però non è stata presa dal governo all'unanimità. Forza Italia ha da subito mostrato la sua contrarietà, annunciando emendamenti in Parlamento, dove il provvedimento deve iniziare il suo iter. Il segretario azzurro Tajani ha fatto da subito una proposta di modifica: "Innanzitutto chiediamo di escludere dalla tassazione quelle banche che non sono sotto il controllo della Bce. Sono i piccoli istituti. Sono le banche di prossimità. Quelle che raccolgono soprattutto al Centro-Sud i risparmi degli italiani e che sono più vicine alle esigenze di famiglie e imprese".

Quali sono le correzioni chieste da Forza Italia

Tajani oggi ha ribadito che bisogna escludere i piccoli istituti bancari: "Bisogna rivedere la norma affinché non crei problemi al nostro sistema economico-finanziario e non ci siano ricadute sulle prossime aste per i titoli di Stato", ha detto in un'intervista al Sole 24 Ore il ministro degli Esteri e vicepremier azzurro.

"Sono preoccupato – ha detto – Parto da un principio: è giusto che le banche in questo momento siano chiamate a dare un contributo. Su questo sono d'accordo, mentre come Forza Italia siamo in disaccordo sul metodo con il quale è stata introdotta. Ora però bisogna scrivere bene la norma affinché produca un effetto positivo sui conti dello Stato senza creare problemi al nostro sistema economico-finanziario e al bilancio dello Stato. Una delle preoccupazioni è legata al fatto che si tassano i rendimenti dei titoli di Stato invece di incentivare le banche a questi titoli. Poiché sono oltre 400 miliardi quelli detenuti dalle banche (sono il secondo detentore per dimensioni dopo la Banca d'Italia) rischiamo che ci siano ricadute sulle prossime aste, perché gli istituti di credito potrebbero non essere invogliati a partecipare".

Per questo "intendiamo presentare emendamenti in Parlamento per correggere 4 punti. Dobbiamo tutelare le banche di piccole dimensioni che non possono essere messe sullo stesso piano delle banche più grandi. Bcc e Popolari rischiano di pagare in proporzione di più degli istituti più grandi. E questo anche per un tema legato al trattamento prudenziale, perché le realtà più piccole adottano i modelli standard mentre quelle più grandi adottano modelli interni che danno maggiori possibilità di mitigare l'impatto della tassazione".

Altro aspetto da modificare, secondo Tajani, "è la parte inerente l'aggravio di tassazione sui titoli di Stato, escludendoli. Poi l'introduzione della deducibilità di questa tassa, non consentita dalla norma, e l'indicazione che l'imposta è una tantum".

Il ministro ha parlato poi delle privatizzazioni: "Non intendo svendere le infrastrutture pubbliche. La mia proposta prevede un progetto che aumenti la privatizzazione e le liberalizzazioni nel settore dei servizi, a fronte di un controllo severo da parte dello Stato. La Cdp, ad esempio, potrebbe avere una partecipazione di riferimento ed esprimere la figura del presidente nei cda. Nel caso dei porti, ad esempio, ci sono già molte banchine in mano ai privati. Si tratta di affidare in concessione la gestione, mentre la linea di indirizzo sarebbe comunque statale e i beni resterebbero di proprietà pubblica. L'obiettivo è creare più efficienza e ridurre l'impiego di denaro pubblico". 

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