Tassa di soggiorno, come potrebbe cambiare con le modifiche del governo a settembre
L'imposta di soggiorno potrebbe diventare più cara e potrebbe essere estesa a tutti i Comuni che vorranno applicarla (non solo ai capoluoghi o a quelli turistici o considerati città d'arte) sui pernottamenti in hotel, b&b, agriturismi e sugli appartamenti affittati tramite piattaforme digitali. Inoltre la tassa potrebbe essere rimodulata: si parte da un importo fino a 5 euro nel caso di costo del pernottamento inferiore a 100 euro, e si sale a 10 euro per una stanza tra i 100 e i 400 euro; e ancora, prevista tassa di 15 euro per una sistemazione tra i 400 e i 750 euro, e si arriva ad un massimo di 25 euro al giorno negli alberghi di extralusso (oltre 750 euro a notte).
Lo dice il testo di una norma, ancora in fase di bozza, che secondo le indiscrezioni circolate ieri sarebbe dovuta arrivare in un decreto omnibus all'esame del Consiglio di ministri di domani. Ad oggi il contributo di soggiorno viene applicato da poco più di 1.200 Comuni sui 7.900 presenti in Italia. Nella bozza viene stabilito anche che gli incassi vengano destinati non solo ad interventi nel settore del turismo ma anche a raccolta e smaltimento dei rifiuti.
Ma le imprese e le associazioni del settore sono già sul piede di guerra, dopo le prime notizie circolate ieri. Federalberghi non ci sta, e dice che le imprese del turismo "non condividono la proposta di aumentare ulteriormente la tassa". Anche perché "sono trascorsi solo pochi mesi da quando, in vista del Giubileo, il tetto massimo è stato elevato del 40%, passando da 5 a 7 euro per notte e per persona ed è stata introdotta la possibilità di utilizzarla per coprire i costi della raccolta rifiuti, snaturando le finalità dell'istituto". In pratica con la nuova modifica, spiegano gli albergatori, per una camera in un hotel a tre stelle dal prezzo di 100 euro, si pagheranno fino a dieci euro per notte, "come se da un giorno all'altro il peso dell'Iva, che è pari al 10%, venisse raddoppiato". Federalberghi pertanto chiede al governo di "imporre una corretta disciplina di bilancio agli enti locali, anziché fornirgli gli strumenti per peggiorare la situazione. Anche Confindustria Alberghi è contraria alla norma allo studio, perché le strutture recettive non possono essere "un mero bancomat per i Comuni".
Il ministero del Turismo guidato da Santanchè ha provato a minimizzare, assicurando che "non si sono ancora concluse le interlocuzioni con le associazioni di categoria e gli altri attori istituzionali in vista di una possibile proposta di modifica della disciplina dell'imposta di soggiorno; il dialogo proseguirà a settembre".