Tardino (Lega) a Fanpage: “Basta con i diktat europei imposti dall’alto, all’Ue serve più buonsenso”
Così com'è attualmente l'Europa non funziona: lo dice l'eurodeputata Annalisa Tardino, candidata anche nella prossima legislatura con la Lega come capolista del partito nella circoscrizione Isole, in un'intervista con Fanpage.it. Per poi chiedere un cambio di rotta, con un'Unione che faccia "meno cose, ma le faccia meglio, senza ingerenze nelle competenze dei singoli Paesi e senza diktat imposti dall'alto".
Lei è candidata alle europee da parlamentare uscente: ci può fare un bilancio di questa legislatura, che ha vissuto momenti molto complessi tra il Covid e la guerra?
È stata sicuramente una legislatura sui generis, a causa dei due eventi citati, che oltre a travolgere l’economia e la vita del nostro continente, hanno anche condizionato le modalità ordinarie di funzionamento del Parlamento europeo. Nonostante questo, sono molto soddisfatta dei risultati raggiunti, seppure in opposizione, perché abbiamo lavorato in maniera costruttiva e nelle commissioni in cui sono stata inserita dal mio partito sono riuscita a portare avanti moltissime battaglie e ottenere risultati concreti. A mio nome sono stati approvati quattro report in plenaria, e sono la seconda tra gli eurodeputati italiani per attività legislativa, ma al di là dei numeri sono importanti le tematiche: mi sono occupata della difesa dei diritti dei minori, in particolare dagli abusi, della lotta al terrorismo, della gestione della migrazione, sono stata relatrice per la lo spazio europeo dei dati sanitari, che introdurrà in Italia la cartella sanitaria elettronica, ma ho anche lavorato in materia di agricoltura, pesca, trasporti e a favore delle piccole medie imprese. Un bilancio sicuramente positivo, ma tanto vi è ancora da fare e speriamo in una nuova maggioranza per poter raggiungere risultati ancora più importanti.
La Lega ha presentato il suo programma elettorale, con lo slogan “Più Italia, Meno Europa”: ce lo può spiegare?
Questi ultimi cinque anni hanno mostrato tutti i limiti e le contraddizioni di un’Europa che purtroppo non funziona. Di fronte alle sfide più importanti, dall’emergenza pandemica alla guerra alle porte del continente, passando per la crisi delle materie prime e della produttività, senza ovviamente dimenticare quella epocale dell’immigrazione, le istituzioni Ue sono venute a mancare, dimostrandosi irrilevanti nella migliore delle ipotesi, quando non dannose. Con una serie di scelte e di politiche sbagliate che, anziché aiutare, hanno colpito imprese, lavoratori e famiglie, sacrificati sull’altare dell’ideologia estremista green, senza peraltro incidere in maniera positiva sulla salvaguardia dell’ambiente. Ecco perché diciamo meno Europa, più Italia: serve un’Europa che faccia meno cose e le faccia meglio, senza ingerenze nelle competenze dei singoli Paesi, senza diktat imposti dall’alto. Meno Europa della burocrazia, delle tasse, del divieto alle auto o dell’immigrazione senza limiti, più Italia del buonsenso.
La critica che molti europeisti fanno a posizioni di questo tipo è che non tiene effettivamente conto di che cosa significhi fare parte dell’Ue. Ad esempio, se durante la pandemia avessimo avuto meno Europa probabilmente oggi non avremmo il Pnrr. Come rispondete?
Qui bisogna ribaltare completamente la chiave di lettura. Non tutti sanno che per anni l’Italia è stata contributore netto dell’Ue, questo significa che per lungo tempo i cittadini italiani hanno versato a Bruxelles più denaro di quanto ne abbiano ricevuto. Il Pnrr è naturalmente una risorsa e il governo si sta impegnando al massimo per investirlo al meglio, ma anche in questo caso non va dimenticato che una parte importante del Recovery Fund, alla base del finanziamento, è rappresentata da prestiti. Dunque importante sottolineare come non si tratti di soldi regalati, ma di debito europeo che finirà sulle spalle degli italiani di oggi e delle prossime generazioni.
Una cosa di cui lei si è occupata in questi ultimi mesi è lo spazio sanitario Ue: ce ne può parlare?
Con il regolamento per lo spazio europeo dei dati sanitari si compie uno storico passo in avanti per una sanità più efficace, integrata e vicina ai cittadini. Si garantirà una migliore assistenza sanitaria ai cittadini, integrando i sistemi dei diversi paesi Ue, consentendo l’accesso a cure migliori e più rapide, se necessario. Inoltre consentirà a paesi come il nostro di introdurre la cartella sanitaria elettronica, ad oggi non esistente, grazie alla quale i cittadini potranno fare esami e analisi in una regione, che potranno essere consultati da un medico di una regione diversa, oltre che fuori confine.
Saranno possibili anche interventi salvavita, grazie alla consultazione di dati essenziali in casi di emergenza, quali allergie, gruppo sanguigno ed eventuali terapie. Allo stesso tempo, abbiamo preservato il diritto alla privacy dei cittadini che saranno in pieno controllo dei propri dati sanitari e avranno accesso alle informazioni su chi accede alla cartella, oltre alla possibilità di poter uscire dal sistema dello spazio sanitario europeo. Il principio della privacy per noi della Lega è fondamentale, motivo per cui abbiamo insistito in fase negoziale nell’avere garanzie sulle tutele per i cittadini nel trattamento dei loro dati e l’anonimizzazione ai fini della ricerca di nuovi farmaci.
Ci sono similitudini con il Green Pass globale (a cui il governo si è opposto) o sono cose diverse?
No, l’unica similitudine è il sistema di funzionamento per tramite di uno spazio sicuro europeo in cui conservare i dati, ma il regolamento che avevamo approvato per il Green Pass riguardava soltanto la facilitazione dei viaggi tra gli Stati, sono stati poi gli Stati membri a imporre usi maggiori e più restrittivi, a livello nazionale. Cosa che noi non avevamo autorizzato a livello europeo.
Un tema centrale per la prossima legislatura sarà quello della transizione verde: voi avete criticato diversi aspetti del Green Deal, supportando anche le proteste degli agricoltori: come stanno le cose?
Su questo tema serve meno ideologia e più concretezza, meno estremismo e più buonsenso. Nel solo 2022, l’Unione Europea ha contribuito a meno del 7% delle emissioni globali, a fronte del 30% della Cina e dell’11% degli Usa. Insomma, mentre a Bruxelles si promuovono politiche irrealizzabili che penalizzano la nostra produttività e competitività, i grandi inquinatori del mondo continuano ad agire indisturbati. Questo per noi rappresenta un controsenso: abbiamo tutti a cuore la tutela dell’ambiente, ma la transizione va portata avanti in maniera realistica e pragmatica, senza mettere in ginocchio settori fondamentali della nostra economia, a cominciare da agricoltori e produttori che sono stati colpevolizzati e criminalizzati da questa Commissione europea. Noi proponiamo di superare il Green Deal Ue e di metterci alle spalle la stagione di euro-follie promosse dal duo Timmermans-Von der Leyen, un progetto da rivedere da cima a fondo, con obiettivi e tempi più realistici. Accanto alla sostenibilità ambientale, per noi è importante assicurare la sostenibilità economica e sociale.
Un’ultima domanda, torniamo in Italia: una delle riforme per cui spinge il suo partito è l’Autonomia differenziata, qual è la sua posizione a riguardo?
L’Autonomia è prevista nella Costituzione italiana fin dal 1948, è realtà in Paesi vicini come la Svizzera e la Germania, dove federalismo e autonomia sono un sistema consolidato che funziona da tempo. Le cronache degli ultimi tempi ci ricordano che persino la Francia centralista sta valutando di adottarla come innovazione nell’interesse dei territori, per garantire più libertà. Su questo argomento stanno circolando molte fake news e strumentalizzazioni: a nostro avviso il progetto di Autonomia differenziata è una grande opportunità di crescita per tutti, in primis per il Meridione, anche per responsabilizzare gli amministratori: sprecare di meno, premiare il merito, ridurre i tempi della burocrazia e dare più possibilità di scelta ai cittadini. Inoltre ricordo che il principio di insularità è stato inserito in costituzione, grazie anche al nostro lavoro, e il ministro Calderoli ha più volte ribadito che sarà rispettato nella riforma. Stiamo lavorando in questa direzione.