Tajani giustifica i ritardi di Nordio nel caso Almasri: “C’erano 40 pagine in inglese da tradurre”
Il ministero della Giustizia è rimasto fermo troppo a lungo nel caso Almasri? "Non è così semplice", perché c'era "un documento di 40 pagine con le accuse in inglese, da tradurre", che ha reso più macchinose le procedure. Questo è il commento del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, sul caso che sta occupando la politica nazionale.
Negli ultimi giorni il dibattito sulla vicenda del generale libico Almasri, arrestato dalle autorità italiane a Torino, ma poco dopo liberato per un errore di procedura e subito riportato in Libia su iniziativa del governo, è diventato una nuova polemica con la magistratura: l'indagine che riguarda Giorgia Meloni ha scatenato la premier e il centrodestra, mentre le opposizioni hanno visto rimandate le spiegazioni attese in Parlamento.
Ma resta il fatto che, al di là dell'indagine, ci sono numerosi punti in cui la vicenda è poco chiara sul piano politico. E uno di questi riguarda proprio il ministro Nordio.
Il ministero della Giustizia è quello che ha l'incarico di gestire i rapporti con la Corte penale internazionale. Proprio il fatto che il ministro non fosse stato ufficialmente avvertito prima di procedere con l'arresto di Almasri, rispettando le procedure, è ciò che ha portato alla sua scarcerazione. Ma al di là dell'errore della Questura di Torino, ci sono altri passaggi che vanno spiegati.
La Corte penale internazionale, ad esempio, ha detto di aver avvisato l'Italia il 18 gennaio del mandato di arresto nei confronti di Almasri. La comunicazione, come previsto dalla legge, è andata all'ambasciata italiana in Olanda. Non è chiaro poi perché lì si sia (a quanto pare) fermata senza arrivare al ministero della Giustizia. Ma il punto più difficile da spiegare è un altro, e coinvolge direttamente il ministro.
La notte tra il 18 e il 19 gennaio, Almasri è stato arrestato a Torino. Il 19 la Digos torinese ha trasmesso al ministero della Giustizia la comunicazione dell'arresto. Il giorno dopo, il 20 gennaio, quando il generale libico era ancora sotto arresto, anche la Procura generale della Corte d'appello di Roma ha contattato Nordio. Il 21 gennaio, poi, è arrivata l'ordinanza che ha liberato Almasri, mentre il governo già programmava il suo rientro immediato in Libia, avvenuto il giorno stesso su un aereo di Stato.
Qui c'è il buco di due giorni: dal 19, quando l'arresto è avvenuto e il ministro Nordio è stato ufficialmente informato dell'accaduto, al 21 quando la Corte di Roma ha dovuto rilasciare il generale. L'ipotesi di molti esperti di diritto è che in quei due giorni sarebbe bastato che il ministero della Giustizia prendesse atto del mandato di arresto internazionale, e chiedesse alla Corte romana di procedere con l'arresto tramite la procedura corretta. Almasri, a quel punto, avrebbe potuto essere fermato e inviato all'Aja per rispondere delle accuse nei suoi confronti.
Interpellato dal Fatto Quotidiano, però, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha provato a dare una spiegazione. Ha negato che ci sia stato un ‘buco' di 48 ore in cui sarebbe bastato un intervento diretto di Nordio e ha dichiarato: "No, è arrivato un documento di 40 pagine con le accuse in inglese, da tradurre: non è così semplice".