Taglio cuneo fiscale, governo ammette l’errore: con il nuovo meccanismo 1200 euro in meno ai redditi bassi
Ieri il governo ha ammesso che la fiscalizzazione del cuneo contributivo, meccanismo che è stato introdotto nella legge di Bilancio, penalizza i lavoratori poveri, riducendo il loro netto in busta paga, come aveva denunciato la Cgil in uno studio, secondo cui chi ha un reddito tra gli 8.500 e i 9.000 euro in questo modo perde, rispetto al 2024, circa 1.200 euro all’anno di trattamento integrativo, ben 100 euro al mese.
Ieri la sottosegretaria al Mef, Lucia Albano, intervenuta in Commissione Finanze della Camera sulla questione emersa dopo la denuncia del sindacato, ha ammesso il problema, rispondendo a un'interrogazione del deputato del Movimento 5 stelle Emiliano Fenu, in cui si chiedeva quali misure il Governo intenda adottare per "eliminare gli effetti distorsivi dovuti alla fiscalizzazione del cuneo contributivo, in particolare riguardo alla perdita del bonus integrativo Irpef per i contribuenti con redditi più bassi".
La riduzione per i lavoratori poveri sarebbe una diretta conseguenza della riduzione dell'imponibile fiscale, che farebbe passare i contribuenti al di sotto del limite minimo di reddito previsto per il riconoscimento del trattamento integrativo Irpef, introdotto dal governo Conte, che vale fino a 100 euro mensili. Ora il governo sarebbe disposto a rimediare all'errore.
"L'eventuale estensione del trattamento integrativo ai soggetti con una retribuzione lorda tra 8.500 e 9.000 euro sarà oggetto di un'attenta valutazione", ha detto Albano, confermando quindi l'impatto negativo derivante dalla stabilizzazione dell'effetto dell'alleggerimento del cuneo per questa fascia di contribuenti.
"Ciò sarebbe dovuto – ha chiarito Albano – alla circostanza che nel 2024 avevano ricevuto incidentalmente un vantaggio a causa del meccanismo di riduzione dell'aliquota contributiva, che aveva conseguentemente portato ad aumentare i redditi imponibili Irpef. Cominciando a pagare imposte, questi contribuenti avevano ricevuto anche il trattamento integrativo da 1.200 euro che in mancanza di decontribuzione non sarebbe spettato".
"Si tratta di un numero assai limitato di soggetti e di una platea che normalmente cambia di composizione ogni anno per motivi legati a dinamiche reddituali e del mercato del lavoro (nuovi ingressi, aumento delle retribuizioni, maggiori o minori straordinari, maggiori o minori ore lavorate) – ha spiegato – Quindi i soggetti che rientrano in tale fascia di reddito non sono inquadrabili in una specifica categoria di contribuenti".
La valutazione del ministero, ha concluso: "Dovrà tenere conto anche della possibilità che di questa estensione beneficerebbero non solo i contribuenti che rientravano in quella fascia di retribuzione nel 2024, ma anche quelli che si troveranno nella suindicata fascia nei prossimi anni".
"L'estensione del trattamento integrativo mediante una modifica dei suoi criteri di spettanza, pertanto, sarà esaminata nell'ambito di un processo mirato a un maggior sostegno per i lavoratori a più basso reddito piuttosto che per compensare gli effetti di misure temporanee".
Il M5s attacca: "Italiani presi per il cuneo dal governo"
Dopo la risposta della sottosegretaria Albano sull'effetto distorsivo legato alla trasformazione del taglio del cuneo da contributivo a fiscale, Emiliano Fenu, capogruppo M5S in Commissione finanze della Camera attacca il governo con una nota: "Se per caso ce ne fosse stato ancora bisogno, il ministero dell’economia ha ammesso oggi alla Camera la presa per il cuneo di circa 15 milioni di lavoratori dipendenti, a cui la nuova versione del taglio del cuneo fiscale toglie soldi in busta paga. Rispondendo a una nostra interrogazione in Commissione finanze, il Mef per prima cosa ha ammesso il pasticcio dell’anno scorso, quando il taglio del cuneo era contributivo. Questa decontribuzione, dice il ministero della riposta, ‘stava determinando gravi pregiudizi di lungo periodo nei conti finanziari della previdenza’. E già qui ci sarebbe da riflettere sull’efficacia della tanto sbandierata misura varata dal Governo Meloni nel 2023 e nel 2024. Subito dopo, argomentando la trasformazione del taglio del cuneo da contributivo a fiscale nel 2025, il Mef aggiunge che ‘a sostanziale parità di risorse complessive non è stato possibile introdurre una clausola di salvaguardia che consentisse a ciascun contribuente di mantenere gli stessi benefici del 2024’".
"Insomma, il Mef non può far altro che ammettere, così come già emergeva nitidamente dalle simulazioni di ItaliaOggi, del Sole 24 Ore, dei Caf e dei sindacati, che la maggior parte dei 15 milioni di lavoratori dipendenti non solo non avrà mezzo centesimo in più in busta paga nel 2025, come falsamente sbandierato da Governo e maggioranza, ma ci andrà a perdere. Così come nel passaggio finale della risposta, il Mef ammette che i contribuenti tra 8.500 e 9.000 euro di reddito annuo ci perderanno addirittura fino a 100 euro al mese. Il ministero prova a derubricare la cosa dicendo che quel gruppo di contribuenti è fluido e abbastanza esiguo. Circostanza che, sempre secondo via XX Settembre, ‘sarà oggetto di attenta valutazione’. Ma sì, con le buste paga tagliate, perdiamo pure tempo in attente valutazioni. Il M5S lo ripete: la ‘non ricattabile’ Presidente Meloni ha inflitto un ricatto intollerabile a milioni di italiani tagliando le loro buste paga e prendendoli per il cuneo. Si svegli una volta per tutte e corregga questa nefandezza se davvero lo vuole", conclude la nota.