Svimez, crescita Italia resta sotto l’1%. Il Sud rallenta, superato dal Nord (ma c’è l’incognita Trump)
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Il Pil crescerà dello 0,7% nel 2025 e dello 0,9% nel 2026 ma resta "la grande incertezza di Trump" per quanto riguarda gli effetti dei dazi. In particolare, dopo l'accelerazione degli anni scorsi, i consumi frenano la crescita del Sud, che viene sorpassato di nuovo dal Nord. È quanto emerge dalla presentazione questa mattina dello studio Svimez – Ref Ricerche ‘Dove vanno le regioni italiane. Le previsioni regionali 2024-2026’, presentato da Fedele De Novellis (Ref) e Stefano Prezioso (Svimez).
Secondo queste previsioni di crescita, nel periodo 2024-2026′, le Regioni che faranno meglio sono Lombardia (1,10%), Veneto (1,20%) ed Emilia-Romagna (1,05%). Arrancano invece Umbria (0,2%), Molise (0,5%) e Puglia (0,5%).
"Il rallentamento della crescita – dice lo studio – è la conseguenza di fattori comuni all'area euro, come il ripristino dal 2024 dei vincoli del Patto di Stabilità europeo, la recessione dell’industria dovuta a calo della domanda per beni durevoli, con la crisi di settori traino come l’automotive, la debolezza del commercio internazionale, l’aumento dei costi dell’energia. Ma sono anche i fattori specifici del contesto italiano a incidere: un quadro di finanza pubblica nazionale che concentra la contrazione del deficit nel 2024-25; un peso rilevante del settore automotive e un ruolo decisivo della domanda estera, con una forte interdipendenza con l’industria tedesca. Da sottolineare tuttavia, che le previsioni non tengono in considerazione la grande incertezza ‘Trump', provocata dalle ipotesi di inasprimento dei dazi sulle esportazioni verso gli Stati Uniti".
Un sentiero restrittivo della politica fiscale e un contesto europeo debole – aggiunge lo studio – spiegano una crescita dell’Italia sotto l’1% nel triennio 2024-2026.
La crescita del Pil, Regione per Regione
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Per quanto riguarda le singole regioni italiane, nel 2025 secondo lo studio si prevede per il Veneto una crescita dell’1,2%, dell’1,1%, per la Lombardia, dell’1% per l’Emilia Romagna, Regioni più strutturate capaci di compensare la debolezza dell’export con la tenuta della domanda interna; mentre fanno fatica l'Umbria con lo 0,2%, la Liguria 0,4%, Puglia e il Molise con lo 0,5% Regioni meno esposte al rallentamento del commercio estero ma con meno elementi capaci di far decollare la crescita.
Con riferimento al biennio 2025-2026, l’evoluzione del Pil italiano è prevista permanere al di sotto dell'1%, con un profilo in lieve espansione: +0,7% nel 2025;+0,9% nel 2026. In questo biennio il Centro-Nord dovrebbe risultare l’area più dinamica, con un differenziale di circa tre decimi di punto rispetto al Sud in entrambi gli anni.
Sul piano estero, il tasso di crescita del Prodotto italiano nel biennio 2025-2026 verrebbe di nuovo a collocarsi nella fascia inferiore rispetto ai principali avanzati. Per crescita del Pil l'Italia scivolerebbe in fondo alla classifica europea, insieme alla Germania. Una decisa inversione di tendenza rispetto agli anni post Covid, quando la ripresa è stata sostenuta da politiche di bilancio dall’intonazione straordinariamente espansiva.
Sul fronte interno, lo scenario previsivo ipotizza che dal 2025 si arresti il biennio di crescita più intensa, 2023-2024, sperimentato dal Sud, di per sé una circostanza abbastanza inusuale. Il differenziale Nord/Sud dovrebbe comunque mantenersi su valori più contenuti rispetto al ventennio pre-Covid: Centro-Nord +0,8%, Mezzogiorno +0,5% nel 2025; Centro-Nord +1%, Mezzogiorno +0,7% nel 2026. Le due aree dovrebbero continuare a crescere a velocità simile come nella ripartenza post pandemica.
"La mina Trump mette a rischio anche il Nord"
Per il direttore della Svimez Luca Bianchi "dopo un 2024 in cui il Sud è cresciuto, per il secondo anno consecutivo, più del Nord, il rallentamento dell’economia insieme all’avvio di un percorso restrittivo di politica fiscale europeo rischiano di indebolire gli importanti segnali di ripresa dell’economia meridionale. Accelerare l’attuazione del PNRR, da cui dipende il 60% della crescita, e sostenere con politiche industriali attive le imprese innovative sono le chiavi per non rassegnarsi al ritorno alla normalità di un Paese a due velocità".
Per Fedele De Novellis di Ref Ricerche "La crisi europea è una crisi dell’industria europea. Ha necessariamente impatti territoriali differenziati, e in Italia colpisce maggiormente le regioni manifatturiere del Nord. Tuttavia, la resilienza del Mezzogiorno deve molto al contesto di politiche più favorevoli. L’avvio della fase di consolidamento fiscale secondo la traiettoria indicata nel Piano Struttural di Bilancio di Medio Termine sottrae spazi alle politiche di bilancio. Anche la ripresa dell’occupazione potrebbe arrestarsi a breve".
Secondo il presidente della Svimez Adriano Giannola "Due aspetti emergono dalle previsioni Svimez: si riapre il divario tra Nord e Sud, dopo 2 anni in cui il Mezzogiorno, grazie al Pnrr, aveva vissuto una stagione di normalità. E anche la ripresa del Nord, trainata dall'export, rischia gli effetti della mina Trump. Per il meridione la strada praticabile resta cavalcare l'opportunità mediterranea".