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Svegliatevi, ora o mai più: altrimenti la destra vincerà ovunque

Il successo di Vox alle elezioni spagnole non è che l’ultimo tassello dell’avanzata delle destre in Europa. Un’ascesa senza freni in cui l’Italia è paradigma e avanguardia. Con il governo Conte in stato comatoso e le elezioni in Emilia – Romagna alle porte, la vittoria finale di Salvini sembra davvero dietro l’angolo. E per evitarla, ormai, serve uno sforzo poderoso.
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E così anche in Spagna la destra estrema di Vox è arrivata al 15% dei voti, raddoppiando il numero dei parlamentari che porterà a Madrid. Un risultato pazzesco, in un Paese che memore della dittatura franchista, mai aveva avuto una forza di estrema destra in parlamento, da quando era diventato una democrazia. Mai fino all’aprile del 2019.

È un risultato, quello di Santiago Abascal e dei suoi, che aggiunge un ulteriore tassello all’avanzata delle destre in Europa. Piccolo riepilogo: in Francia, se si votasse oggi per le presidenziali, Marine Le Pen sopravanzerebbe Macron al primo turno di un’incollatura (28% a 27%) e perderebbe di poco al secondo turno (55% a 45%). In Germania, Alternative fur Deutschland è stabilmente sopra il 13% e si contende con la Spd la terza piazza dietro a Cdu e Verdi. In Italia, già lo sappiamo, la Lega e Fratelli d’Italia assieme sono stabilmente sopra il 40% e se si votasse oggi andrebbero tranquillamente al governo da soli. Austria, Olanda, Belgio, e Paesi scandinavi, senza parlare dell’est Europa non sono che lo sfondo di questa poderosa ascesa delle destre estreme in Europa.

Il fatto che nessuno tra Salvini, Le Pen, Abascal, Gauland, Wilders, Hofer abbia ancora giurato da presidente della repubblica o da primo ministro, o che in Europa le forze popolari, liberali e socialdemocratiche abbiano più o meno tenuto botta non è che una fortunosa coincidenza di fattori, più legata alla contingenza politica, a cervellotiche alleanze di sopravvivenza, a scandaletti ad orologeria che allo spirito del tempo. Soprattutto, quel che esce da queste strani accrocchi anti-populisti sono governi timidi, impacciati, senza capo né coda, né uno straccio di visione per il futuro.

L’Italia, in questo senso è come al solito paradigma e avanguardia. Che il governo Pd-Cinque Stelle fosse semplicemente prendere tempo di fronte all’inevitabile stravittoria di Salvini era evidente anche ai ciechi. Che quel che ne è scaturito finora non sia che una manifesta dimostrazione di subalternità culturale al pensiero leghista – manovra in deficit, leggi anti-immigrazioni rimaste tali e quali, green economy in soffitta, redistribuzione fiscale a data da destinarsi – è altrettanto evidente, perlomeno agli occhi di chi vuole vedere.

Il disastro è che alternative, all’orizzonte, non se ne vedono. La speranza che potesse nascere un’alleanza strutturata Pd-Cinque Stelle è stata seppellita sotto le macerie della sconfitta umbra, e rischia di essere definitivamente tumulata in Emilia Romagna, a fine gennaio. L’auspicio che da questa alleanza e da questo governo potesse nasce una coalizione ambientalista, in grado di spostare l’asse dell’emergenze dai migranti al clima è stato castrato da una legge di bilancio che ha usato la bandiera verde per fare un po’ di cassa, riuscendo nel capolavoro di renderla invisa alla classe media e ai ceti produttivi del Nord, che ogni giorno fanno i conti con l’aria peggiore d’Europa. La rincorsa al centro di Matteo Renzi, anziché un tentativo di allargare il campo dell’alternativa con un orizzonte liberale, appare oggi un tentativo molto politicista di recuperare qualche brandello di quel che resta di Forza Italia, dai suoi capibastone alle sue bandiere programmatiche più usurate, una su tutte “meno tasse per tutti”.

Dire che basterebbe poco è illusorio. In realtà serve uno sforzo tremendo per invertire la rotta. Serve coraggio per abbandonare le strade vecchie per la nuova, per pensare e sostenere con coraggio proposte radicalmente diverse da quelle di Salvini e compagnia urlante, sia in campo economico, sia in ambito sociale. Serve fatica, per abbandonare l’inerte difesa dello status quo continentale, perché non si ha uno straccio di idea su come cambiarla, questa Europa involuta e auto-referenziale che non serve a nessuno.

Altrimenti, quel che succederà dopo già lo sappiamo. Succederà che dopo la vittoria in Emilia – Romagna Matteo Salvini riporrà la felpa nell’armadio e indosserà il vestito buono e tra un endorsement a Mario Draghi presidente e un incontro a portata di flash con Liliana Segre convincerà i salotti buoni della sua presentabilità. Succederà che qualcuno, dalle parti di Italia Viva e del Movimento Cinque Stelle comincerà a saltare sul carro del vincitore, cercando di far cadere il governo prima degli altri, per guadagnarsi sul campo un posto d’onore nel regno a venire. Succederà che si andrà a elezioni entro l’anno, e che Salvini eleggerà con una maggioranza schiacciante il prossimo Presidente della Repubblica Italiana.

Mal comune non è mezzo gaudio, in questi casi. Perché anche nella Germania in crisi di questi mesi, la fine della parabola di Angela Merkel potrebbe aprire a una clamorosa alleanza tra la Cdu e Alternative fur Deutschland, presto o tardi. Così come del resto in Spagna tra Pp e Vox. Così come in Francia, se al secondo turno delle prossime presidenziali i gollisti decideranno di spostare a destra i propri voti, seguendo l’esempio italiano. Gramsci diceva che i mostri nascono nel chiaroscuro tra il vecchio mondo che muore e quello nuovo che tarda a comparire. Ecco, il nuovo mondo sta per nascere. I mostri sono già qua.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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