Supporto Formazione e Lavoro, Camusso (Pd) a Fanpage: “Strumento pensato per dare la colpa a chi non ha lavoro”
Oggi ha il via il Supporto per la formazione e il lavoro (Sfl), la nuova misura del governo Meloni per chi percepiva il reddito di cittadinanza e in questi mesi lo ha perso in quanto ‘occupabile' (maggiorenne, con meno di 60 anni e senza disabilità). Susanna Camusso, ex segretaria generale della Cgil e senatrice del Pd in commissione Lavoro, ha risposto alle domande di Fanpage.it sul Sfl, la linea del governo contro la povertà e anche il "referendum contro la precarietà" che la Cgil potrebbe lanciare.
Senatrice, pensa che la nuova piattaforma sarà efficace?
A parte che io ho un'obiezione al fatto che ogni volta si faccia una nuova piattaforma, come se quella fosse la soluzione a tutti i mali. È sconfortante. Più nella sostanza, la ministra Calderone ha sostenuto una tesi: ora che sono arrivate le agenzie di collocamento private, funzionerà tutto. La differenza rispetto alla struttura precedente è quello.
E la ministra ha ragione?
È una soluzione che risolve il problema dei milioni di poveri nel nostro Paese? Penso di no. Penso invece che ci sia una dimensione ideologica per cui le persone sono considerate colpevoli perché non si attivano per cercare lavoro, e che questa sia un modo per scaricare sulle persone in difficoltà le colpe. Non per dare le risposte.
Quali sono i limiti del Supporto per la formazione e il lavoro, secondo lei?
Ne cito uno. Ci sono persone che da lunghissimo tempo non sono più nel mercato del lavoro, e anche persone che non ci sono mai entrate. Lo ha messo in evidenza l'Anpal, con uno studio che il governo ha poi bellamente ignorato. Il meccanismo di formazione-occupazione deve essere differente per queste persone, rispetto a chi magari perso di recente il lavoro perché è stato licenziato. In più, ci si è dimenticati di quei lavoratori che percepivano il reddito di cittadinanza: c'è chi è già occupato, ma non ha comunque un reddito che gli permette di vivere dignitosamente.
Quindi secondo lei la platea di chi può richiedere il Sfl – i cosiddetti ‘occupabili' – è stata definita in modo troppo vago?
I parametri che hanno usato non hanno nessun significato. Dal punto di vista delle necessità per formazione e attivazione al lavoro, l'età e la composizione del nucleo familiare sono elementi marginali. Invece sono stati usati per creare una cosa terrificante: la patente di povertà. Se corrispondi a certe caratteristiche puoi essere considerato povero, se no sei un colpevole. Non so bene di cosa, ma sei un colpevole.
Cosa manca alle soluzioni messe in campo dal governo Meloni per affrontare la questione lavoro?
Ci sono almeno due punti. Il primo: se si parla di povertà, serve una politica sociale. Tu sei in condizione di attivarti al lavoro, e anche di fare i vari corsi di formazione, se alcuni bisogni primari vengono risolti. Penso all'abitazione, alla sanità. Penso anche all'accesso informatico, visto che tutto ciò viene fatto su piattaforme e le operazioni per inserirsi sono molte e complesse. Però il governo sembra pensare che siamo in un mondo in cui tutti hanno accesso a una rete, hanno gli strumenti per usarla, lo sanno fare, hanno lo Spid o la carta d'identità elettronica…
Quindi manca il primo passo, quello del sostegno sociale.
Sì. Proprio perché si continua a partire dall'idea che se queste persone non hanno un lavoro, è perché non si sono attivate per averlo. E poi c'è il secondo punto…
Cioè?
Se una persona è da tempo fuori dal mercato del lavoro, che fa, si cerca lui le soluzioni in rete? Viaggia tra le proposte, sceglie a che corso iscriversi? Una politica formativa seria deve valutare i fabbisogni e le caratteristiche della persona. Invece qui c'è una visione che non è semplicemente quella di favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro. È "qualunque cosa ti venga proposta deve andarti bene, buongiorno e buonasera".
Il rischio è che, tra un anno, ci si ritrovi con migliaia di persone che hanno fatto corsi e non hanno comunque un lavoro?
Non solo, anche la fase dell'attivazione, in realtà, è un terno al lotto. Se ho capito bene quanto ha detto la ministra, ci sono due mesi di tempo per iscriversi ai corsi: due mesi in cui tu non hai nessun sostegno. Poi il corso parte solo se si raggiunge il numero minimo, altrimenti continui a essere fuori da qualunque sostegno. Se quel corso dura cento ore, dopo o te ne trovi un altro o sei senza sostegno.
C'è anche la questione degli "esodati" del Rdc, che prendevano il sussidio ma ora non si qualificano per il nuovo Supporto. Chiederete di intervenire?
A parte che non userei il termine ‘esodati', lo stiamo abusando e non delinea le questioni. Ma noi abbiamo chiesto un intervento già quando si lavorava sulla legge. Il punto è che tutti questi provvedimenti sono stati fatti per ridurre la spesa sociale. Questa area di vuoto nasce per quel motivo, e difficilmente verrà chiusa.
In tema di povertà, il governo Meloni ha eliminato il reddito di cittadinanza – sostituito appunto dal Sfl e da una nuova misura a gennaio per i ‘non occupabili' – e in queste settimane ha lanciato la Carta acquisti spesa. Come valuta questo bonus?
Non è una risposta alla questione povertà. Di nuovo, non si prendono in carico in soggetti, non si considera la dimensione sociale… Invece si dà per un breve periodo un sussidio. Il reddito di cittadinanza aveva dei limiti evidenti, ma aveva l'ambizione di essere una misura universale per collegare la presa in carico sociale con il supporto economico. Invece per il governo Meloni mettere le persone in condizione di uscire dalla povertà non è contemplato. Non hanno inventato niente: sono tornati al modello Tremonti.
Negli scorsi giorni il suo vecchio sindacato, la Cgil, ha annunciato un referendum contro le "leggi precarizzanti", tra cui il Jobs Act. Come senatrice del Pd cosa ne pensa?
Io lo pensavo già allora, poi è diventato un pensiero più ampio (passando anche dall'ultimo congresso del Pd): il Jobs Act è stato un errore e va superato, la precarietà è una questione da affrontare per tornare a strutturare un mercato del lavoro fondato sul lavoro dignitoso. Se questo è l'obiettivo, tutti gli strumenti possono essere utili. Io, a livello personale, vorrei capire meglio cosa significa un referendum contro la precarietà: quali norme si vogliono abrogare, al di là degli annunci. Come è stato per il salario minimo, serve una proposta concreta su cui misurarsi.
Se dalla Cgil arrivasse a una proposta concreta, il Pd dovrebbe appoggiarla?
Io penso proprio di sì. Poi è uno degli strumenti, non è sufficiente. Oltre che abrogare bisogna costruire un modello diverso. Ma con un governo come questo bisogna cercare tutti gli strumenti… Comunque ribadisco, quello che serve è una proposta comprensibile, chiara alle persone. Perché deve essere sostenuta popolarmente, non solo nel dibattito tra i politici.