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Superbonus, quali sono le nuove regole dopo l’emendamento del governo Meloni e chi ci perde

Tutte le novità annunciate dal governo sono state inserite nel nuovo emendamento al decreto Superbonus, depositato al Senato. C’è soprattutto l’obbligo di detrarre i crediti fiscali in dieci anni, invece di quattro o cinque: questa norma è retroattiva, e ha sollevato proteste dalle aziende e divisioni nella maggioranza.
A cura di Luca Pons
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È arrivato il tanto discusso emendamento del governo Meloni al decreto Superbonus, depositato ieri notte. Le novità sono molte, e toccano anche altri incentivi edilizi: ad esempio, il bonus ristrutturazioni scenderà al 30% a partire dal 2028, rispetto al 50% attuale. Ma la modifica più controversa è quella che riguarda i crediti fiscali accumulati con il Superbonus, il Sismabonus e il bonus barriere architettoniche. Questi dovranno essere detratti in dieci anni, e non in quattro o cinque come avveniva prima. Il nuovo obbligo si applica, in modo retroattivo, a tutti i crediti ottenuti nel 2024.

Le nuove regole non sono ancora in vigore: ci saranno alcuni giorni per discutere il testo. La commissione Finanze del Senato dovrebbe votare martedì e il decreto arrivare all'Aula mercoledì 15 maggio, poi passerà alla Camera. Solo quando arriverà la conversione in legge tutte le novità entreranno in vigore.

Cosa cambia con la novità sui crediti da detrarre in dieci anni

Come si legge nel testo del decreto, per le spese sostenute dall'inizio del 2024 e legate al Superbonus (o anche al Sisambonus o al bonus barriere architettoniche), i relativi crediti fiscali dovranno essere detratti "in dieci quote annuali di pari importo". Non più in quattro o cinque, come prevedevano prima le norme. Nel complesso, riporta la relazione tecnica della norma, si parla di circa 12 miliardi di euro tra il 2024 e il 2025.

A guadagnarci con questa decisione sono soprattutto due soggetti: le casse dello Stato, e le famiglie con un reddito basso che hanno utilizzato i bonus edilizi. Nel primo caso, lo Stato dovrà rimborsare la stessa quantità di soldi ma con rate più lunghe, in dieci anni invece di quattro, e questo permetterà di tenere i conti più in ordine.

Nel secondo, invece, le famiglie che devono scalare i crediti fiscali dalla loro dichiarazione dei redditi avranno più possibilità di farlo. Ad esempio, una famiglia che ha 100mila euro di crediti fiscali prima avrebbe dovuto detrarne 25mila euro all'anno per quattro anni; ma se il suo reddito non fosse stato abbastanza alto da versare oltre 25mila euro di Irpef ogni anno, avrebbe dovuto rinunciare a una parte dei crediti (la cosiddetta ‘incapienza fiscale‘). Ora invece quella stessa famiglia dovrà detrarre 10mila euro all'anno per i prossimi dieci anni, avendo quindi una maggiore possibilità di farcela e ottenere lo sconto per intero.

Perché la norma retroattiva fa discutere il governo e le imprese

Al contrario, gli svantaggiati sono le banche e le imprese, ovvero coloro che avevano contato sui crediti d'imposta per avere dei forti risparmi nei prossimi anni e invece si trovano con degli sconti ‘diluiti' nel tempo. Anche perché, come detto, la norma è retroattiva: non si applica solo alle spese effettuate dopo il momento in cui il decreto viene approvato, ma dall'inizio del 2024. Così, chi aveva programmato le sue entrate e uscite contando di avere un certo sconto fiscale lo vedrà più che dimezzato.

Per le imprese, Confindustria ha preso nettamente posizione contro questo intervento: "In nome della certezza del diritto non condividiamo l’eventuale retroattività". Sul tema anche Forza Italia si è fatta sentire: ieri il vicepremier Antonio Tajani ha detto di avere delle perplessità, e il ministro dell'Economia Giorgetti (sponsor della modifica) ha replicato a distanza dicendo di avere a cuore "gli interessi dell'Italia".

Oggi Tajani è tornato sul punto, abbassando i toni ma sostanzialmente confermando di essere contrario: "Non traballa il governo per un emendamento. È normale amministrazione", ha detto, aggiungendo però: "Non si possono imporre norme che abbiano effetto retroattivo. Non puoi imporre una regola fiscale a persone che si sono comportate regolarmente. Forza Italia è libera di dire che non è d'accordo e che quel testo va migliorato. Anche il ministro Giorgetti se ne farà una ragione, perché prima di votare un emendamento – che non è del governo, ma del ministero – noi in Parlamento vogliamo valutare se è un emendamento che rispetta le regole fondamentali della nostra civiltà giuridica".

Nuovi fondi per zone terremotate e Terzo settore

Ci sono diverse novità negli emendamenti presentati ieri. Uno di questi, ad esempio, prevede che le banche dal 2025 non possano più compensare i crediti del Superbonus con dei debiti previdenziali. In più, chi ha già iniziato a riscuotere dei crediti detraendo la prima rata non potrà più cederli ad altri. Ancora, se una banca o un altro istituto ha comprato un credito del Superbonus pagando meno del 75% del suo valore dal 2025 dovrà detrarli in sei rate annuali: non potrà rivenderli ad altri, facendoli pagare una percentuale più alta e guadagnandoci.

C'è poi un aspetto che riguarda due temi particolari: le zone terremotate e il Terzo settore. Nasceranno, infatti, dei fondi dedicati – dall'importo piuttosto ridotto – per sostenere gli interventi edilizi in questi ambiti. Per le aree terremotate nel 2025 c'è un fondo da 35 milioni di euro, da usare per interventi di riqualificazione. Questo dovrebbe permettere di allargare l'uso della cessione del credito e dello sconto in fattura in aree ancora da dettagliare: la relazione tecnica parla di Emilia Romagna, Lombardia, Molise, Ischia e provincia di Catania. Per onlus, organizzazioni di volontariato e altri enti del Terzo settore c'è invece un fondo da 100 milioni di euro, sempre per il 2025. In entrambi i casi si tratta di stanziamenti a fondo perduto, e saranno dei decreti successivi a chiarire nel dettaglio come saranno distribuiti questi soldi concretamente.

Più controlli dei Comuni sul Superbonus

C'è il via anche ai controlli effettuati da parte dei Comuni. In modo simile a quanto proposto dalla Lega in commissione, le amministrazioni comunali potranno fare verifiche su tutte le agevolazioni edilizie. Se verrà stabilito che i lavori effettuati non rispettano le dichiarazioni e i documenti ufficiali relativi agli interventi, e quindi c'è una irregolarità (ovvero "possibili interventi edilizi totalmente o parzialmente inesistenti", come recita il testo), starà al Comune far partire la segnalazione all'Agenzia delle Entrate e alla Guardia di finanza. Per le amministrazioni locali, l'incentivo a portare avanti questo tipo di verifiche è che in caso di sanzioni il Comune avrà il 50% di quanto riscosso. Oggi c'è un meccanismo simile per il mancato versamento dei tributi, ma la ‘ricompensa' è solo del 33%.

Infine, cambieranno le regole per il bonus ristrutturazioni. Dal 2028, l'aliquota dell'agevolazione scenderà al 30%. Oggi è al 50%, e l'anno prossimo dovrebbe calare al 36%. Negli ultimi anni i governi avevano sempre prorogato il bonus, rialzandolo al 50% di anno in anno. Il fatto che però il nuovo intervento del ministro Giorgetti lo abbassi addirittura al 30% a partire dal 2028 fa pensare che l'anno prossimo non ci sarà nessun rialzo dell'ultimo minuto.

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