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Superbonus 110, le ultime notizie

Superbonus, Ance a Fanpage: “Buco per lo Stato? Il 40% dei costi è già rientrato, ora serve proroga”

L’Ance torna a chiedere al governo una proroga di sei mesi per i condomini che abbiano, al 31 dicembre, uno stato di avanzamento dei lavori del 60%. “Chiediamo che venga fatta una chiusura ordinata della stagione del Superbonus 110%, senza creare una situazione che sarebbe ben più costosa per la collettività di una semplice proroga”, ha detto Stefano Betti, vicepresidente di Ance, a Fanpage.it.
A cura di Annalisa Cangemi
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Il vicepresidente dell'Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili) Stefano Betti, intervistato da Fanpage.it, commenta le ultime dichiarazioni del governo sul Superbonus 110%, tornando a chiedere una proroga per i cantieri nei condomini che al 31 dicembre 2023 abbiano raggiunto uno stato di avanzamento almeno del 60%.

Il governo per il momento frena su un'eventuale prolungamento della misura al 110%. Il ministro dell'Economia Giorgetti in audizione si è detto preoccupato per l'impatto che una proroga potrebbe avere sui conti pubblici: "Dobbiamo stare molto attenti – a proposito della Var che c'è a Bruxelles – a non indurre a cambiamenti di valutazione e di principio contabile. E quindi quello che facciamo nel 2023 e 2024 deve essere diverso e dobbiamo dare dimostrazione che la cosa del ‘payable' è finita: altrimenti, se ci vengono applicati quei criteri anche nel 2024, dobbiamo riscrivere tutta la manovra in modo ulteriormente prudente e restrittivo".

Ma senza un intervento in manovra, il 31 dicembre 2023 scatta il décalage del Superbonus, e dall’aliquota massima, 110 o 90%, si passerà a quelle inferiori, cioè 70% per spese sostenute nel 2024 e poi 65% per il 2025. Dunque anche per chi dal 1 gennaio si ritroverà con lavori già iniziati, l'agevolazione scenderà al 70%.

Stefano Betti, vicepresidente Ance
Stefano Betti, vicepresidente Ance

Vicepresidente, secondo gli ultimi dati diffusi dal Mef, ammonta a 160 miliardi di euro la cifra relativa alle cessioni per tutti i bonus edilizi comunicate all'agenzia delle Entrate per il periodo ottobre 2020-novembre 2023, di cui 105 miliardi legati al Superbonus. Di questi ne sono stati compensati 25 miliardi e mezzo, abbiamo 135 miliardi ancora in sospeso. Ma non tutti questi crediti fiscali sono incagliati, è corretto?

Esatto, non è vero che tutti i crediti non compensati sono incagliati, altrimenti sarebbe un disastro di dimensioni cosmiche. All'interno dei cassetti fiscali ci sono tre categorie. Ci sono imprese o cittadini che hanno deciso liberamente di beneficiare in forma diretta del credito d'imposta, di non cederlo agli istituti finanziari, e anno per anno lo compenseranno con le proprie imposte e con gli F24, cosa del tutto lecita e consentita. La seconda categoria, la maggior parte, è composta da imprese e cittadini che sono in corso di cessione di questi crediti alle banche o agli istituti finanziari. Queste prime due non sono categorie a rischio. E poi c'è una terza categoria, quella dei cosiddetti crediti incagliati, cioè imprese o cittadini che non hanno la possibilità di cedere il credito – in mancanza di una banca o un istituto finanziario che lo acquisti – e non sono in grado di compensarlo. Solo questa terza categoria è problematica, le altre due rientrano nella norma.

Quanti sono i cantieri aperti che rischiano di rimanere incompleti alla scadenza del 31 dicembre, in assenza di una proroga?

È difficile in questo momento quantificarli. Parliamo di migliaia di cantieri sicuramente. Gli ultimi dati Enea usciti a fine ottobre ci dicono che ci sono 12 miliardi di lavori nei cantieri ancora da terminare. Vorrei evidenziare che noi non stiamo chiedendo di fare nuovi cantieri, chiediamo che venga fatta una chiusura ordinata della stagione del Superbonus 110%, senza creare una situazione che sarebbe ben più costosa per la collettività di una semplice proroga.

Cosa chiedete esattamente come Ance?

Noi vorremmo una proroga di 6 mesi, per completare quei cantieri nei condomini che abbiano raggiunto almeno il 60% della propria produttività, che non sono in grado di chiudere i lavori entro il 31 dicembre semplicemente perché il rallentamento della produzione derivante dalle difficoltà riscontrate nella cessione del credito, non ha consentito una produzione ordinaria. Il danno che si potrebbe creare qualora questi cantieri non venissero conclusi con l'aliquota originaria del 100 o del 90%, a seconda di quando sono stati aperti, sarebbe molto oneroso, perché creerebbe un contenzioso tra le imprese e i condomini: se i condomini non pagheranno il décalage dal 110 al 70, le imprese non potranno nemmeno cedere il credito del residuo 70. Di conseguenza le imprese rimarrebbero bloccate per l'intera parte di produzione del 2024. Ci saranno di nuovo cantieri fermi, situazioni in cui, non completandosi i cantieri, i condomini saranno costretti a restituire allo Stato addirittura gli stati d'avanzamento precedenti già pagati. Per questo ci vuole una chiusura ordinata della misura.

Anche perché c'è un fattore meteo da considerare.

Certo, siamo edili, lavoriamo principalmente all'aperto per fare alcune di queste operazioni. Siamo a novembre, non più in estate, soprattutto nel Nord Italia il rischio che ci sia un rallentamento dovuto anche al meteo non è da escludere. La situazione all'interno del Paese è anche molto eterogenea, abbiamo zone colpite da alluvioni che sono decisamente più in ritardo di altre.

Negli ultimi giorni si è registrata anche un'apertura da parte di Fratelli d'Italia, che si è unita a Forza Italia nel chiedere al ministro Giorgetti una proroga. Come interpretate questo cambio di passo? 

Abbiamo accolto con piacere il fatto che prima Forza Italia e ora anche alcuni parlamentari di Fratelli d'Italia abbiano compreso quello che stiamo dicendo da tempo, cioè che occorre una valutazione costi-benefici della proroga rispetto alle situazioni di crisi di famiglie e condomini che si potrebbero creare in assenza di un prolungamento. Tutti comprendiamo che c'è poca liquidità per la legge di bilancio, ma chiediamo una proroga per risolvere il problema in maniera ordinata. Senza un intervento avremo famiglie in difficoltà che saranno costrette a impegnare i loro stessi appartamenti per riuscire a pagare, ci saranno imprese che salteranno, lavoratori in cassa integrazione. Tutti costi che in ultima analisi ricadrebbero sullo Stato.

Che tipo di misura potrebbe sostituire il meccanismo del Superbonus 110?

Fin dall'inizio abbiamo detto che il Superbonus doveva essere una misura emergenziale, a tempo. L'Europa – e aspettiamo su questo la direttiva sulle ‘case green' – ci chiede da tempo di fare un intervento sistemico sul lungo periodo per risolvere i problemi energetici strutturali dei nostri edifici, che equivalgono a oltre il 40% dei costi di inquinamento del nostro Paese. Siamo a favore di una nuova manovra programmata e strutturale per risolvere il problema dei consumi energetici dei nostri edifici. E questo va fatto tenendo tutto il buono del Superbonus, cioè le procedure di controllo, i meccanismi dello sconto in fattura e cessione del credito, senza i quali non si può fare questo tipo di intervento. È chiaro però l'aliquota al 110%, sul lungo periodo, non può reggere.

L'analisi Cresme uscita ieri mostra uno scenario diverso da quello raccontato dal governo. Dei 97 miliardi di euro del Superbonus (dal 31 agosto 2021 al 30 settembre 2023 il Superbonus ha maturato 97 miliardi di euro di investimenti ammessi in detrazione) sembra che il 34% sia tornato o stia tornando allo Stato, il 26% è andato ai servizi, ripartito in parti uguali tra i servizi di progettazione e i servizi bancari e di intermediazione finanziaria, il 21,8% alle costruzioni e il 18,2% all'industria manifatturiera. Nessuna "overdose" per l'edilizia insomma. I dati che avete a disposizione confermano quelli del Centro di ricerche economiche, sociologiche e di mercato per l'edilizia?

Ho visto i dati Cresme, sono assolutamente condivisibili. Secondo la nostra analisi il ritorno per lo Stato è anche superiore al 34% riportato da Cresme: a noi risulta una percentuale del 42-43%. Il settore delle costruzioni ha una filiera molto lunga, che coinvolge quasi tutti i settori nazionali. Tutta la filiera ha guadagnato dall'attività delle costruzioni, in particolare di quelle connesse ai bonus. Non dimentichiamo che ne ha beneficiato il settore dei professionisti, dei tecnici, come gli ingegneri, per una quota non inferiore al 20% del fatturato legato al Superbonus. Poi c'è il settore creditizio, che ne ha tratto indiscutibili vantaggi. Mi preme ricordare che non è vero che il Superbonus è stato solo un costo per lo Stato, perché come dicevo lo Stato ha avuto invece un ritorno pari al 42-43%, in termini di maggiori entrate, dagli investimenti effettuati. Il beneficio è distribuito su diverse categorie che sono intervenute nell'ambito di questa misura.

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