Suicidio assistito, Regione: “Sul caso di Mario deciderà Tribunale”. Cappato: “Trappola burocratica”
Dopo il sì del Comitato etico scientifico regionale la vicenda di Mario (nome di fantasia) sembra di nuovo in salita. Il 43enne marchigiano, paralizzato da 11 anni a causa di un incidente stradale, è il primo malato ad aver ottenuto il via libera al suicidio medicalmente assistito in Italia. Dopo una lunga trafila legale – Mario aveva citato in giudizio l'Asl (Asur) delle Marche – un gruppo di medici nominati dall'Asur Marche ha confermato che il paziente ha tutti i requisiti per ottenere l'accesso legale al suicidio assistito.
Ma dopo il sospiro di sollievo iniziale è arrivata la precisazione della Regione Marche: "Sarà il tribunale di Ancona a decidere se il paziente tetraplegico di 43 anni potrà avere diritto al suicidio medicalmente assistito. Il Comitato etico da parte sua ha sollevato dubbi sulle modalità e sulla metodica del farmaco che il soggetto avrebbe chiesto (il tiopentone sodico nella quantità di 20 grammi, senza specificare come dovesse essere somministrato)".
Nella nota l'assessore regionale alla Sanità Filippo Saltamartini ricorda che il 15 giugno 2021 il Tribunale di Ancona ha ordinato all'Asur (Azienda Sanitaria Unica Regionale) delle Marche di "provvedere, previa acquisizione del relativo parere del Comitato etico territorialmente competente, ad accertare: se la patologia fosse irreversibile, se fosse in grado di intendere e volere, e se il farmaco fosse appropriato a garantirgli una morte senza sofferenza".
La direzione dell'Area Vasta (Asl) 2 ha attivato la procedura di richiesta di parere al Comitato etico scientifico Regione Marche, il quale ha chiesto all'Av2 di istituire una equipe multidisciplinare per visitare il 43enne.
L'equipe era composta da "un medico palliativista, un neurologo esperto della patologia dalla quale è affetto il paziente, uno psichiatra, uno psicologo, un medico specialista nel trattamento dei sostegni vitali ai quali il paziente è sottoposto, un infermiere esperto nelle cure domiciliari integrate". In particolare il Comitato, rispondendo ai quesiti formulati dal Tribunale di Ancona, ha rilevato che l'interessato "ha piena capacità di intendere e volere; non motiva quali siano i presupposti per i quali è stata richiesto il dosaggio indicato di 20 gr, quantità non supportata da letteratura scientifica"; "non spiega se e con quali modalità si debba procedere tecnicamente alla somministrazione e, se in via preventiva, per conculcare lo stato d'ansia derivante dall'operazione, si voglia avvalere di ansiolitici"; "non risulta chiaro se deve essere utilizzato solo il farmaco indicato dal paziente, nell'ipotesi in cui non si riesca a portare a compimento la procedura di suicidio medicalmente assistito".
Infine il Comitato etico, rispondendo ai quesiti del Tribunale medesimo, "ha ritenuto non essere di sua competenza l'eventuale individuazione di altre modalità per assicurare il decesso dell'interessato".
La replica dell'Associazione Coscioni
Alla questione sollevata dalle Marche ha risposto l'Associazione Coscioni. Marco Cappato, tesoriere dell'associazione, ha parlato di "trappola burocratica", perché "non è un tribunale che può stabilire quali sono le procedure mediche attraverso le quali Mario può ottenere quello a cui ha diritto".
Secondo Filomena Gallo, co-difensore di Mario e segretaria dell'Associazione Luca Coscioni "la precisazione della Regione Marche, sul parere del Comitato Etico, conferma la gravità della trappola burocratica che è stata tesa contro Mario da 14 mesi. La Regione forse dimentica che, su questo, lo scorso 9 giugno, i giudici del Tribunale di Ancona si sono già espressi, con un'ordinanza immediatamente applicativa, passata in giudicato e definitiva. Con quella sentenza il Tribunale di Ancona aveva ordinato all'Asur Marche di eseguire tutte le verifiche necessarie a stabilire che Mario fosse in possesso delle 4 condizioni previste dalla sentenza della Corte Costituzionale".
"Il Comitato Etico lo ha fatto – sottolineano Gallo e Cappato in una nota – ha accertato che Mario rientra dunque nelle condizioni stabilite dalla Consulta per ottenere l'aiuto al suicidio, ma non ha validato le modalità tecniche per l'autosomministrazione del farmaco. Ciò che la Regione non dice, nella sua precisazione, è che la responsabilità di definire delle procedure tecniche non è del malato, ovviamente, ma del Servizio Sanitario, che però si rifiuta di farlo. Se necessario e se i tempi dovessero dilatarsi ancora, siamo pronti, ancora una volta, ad azionare tutti gli strumenti necessari per far rispettare il diritto di Mario a porre fine alle proprie sofferenze".
Un secondo caso in attesa nelle Marche
C'è un secondo caso nelle Marche, simile a quello di Mario. C'è un altro paziente che chiede la verifica delle condizioni per il suicidio assistito. Antonio, anche lui tetraplegico dopo un incidente stradale avvenuto 8 anni fa, si era rivolto al Tribunale di Ancona per ottenere la verifica delle condizioni per l'accesso al suicidio assistito, con pronunciamento del Comitato Etico regionale. Antonio è da un anno in attesa di una chiamata dell'Asl di competenza, per la verifica delle condizioni previste dalla sentenza della Corte Costituzionale numero 242/2019 su caso ‘Cappato/Dj Fabo'.
Il suo caso è stato reso noto a ottobre da parte dell'associazione Luca Coscioni, che assiste lui e Mario. Per Antonio era stata annunciata "una lettera di messa in mora con diffida ad adempiere al ministro della Salute Roberto Speranza e alla ministra della Giustizia Marta Cartabia, mettendo a conoscenza anche il Presidente del Consiglio Mario Draghi".
Antonio aveva scritto all'azienda sanitaria di appartenenza il 2 ottobre scorso, ricevendo un "diniego privo di motivazione legata alla sua condizione che non è mai stata verificata dall'Asur".