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Suicidio assistito, cosa dice la proposta di legge sul fine vita che domani arriva in Aula

La legge darebbe seguito alla sentenza della Corte costituzionale sul caso Cappato-Dj Fabo del novembre 2019, ma vede la contrarietà di tutto il centrodestra.
A cura di Giacomo Andreoli
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La proposta di legge sul fine vita arriva in aula. O meglio torna. Dopo una lunga elaborazione nelle commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera, infatti, il testo era arrivato in Parlamento a dicembre, ma la discussione era stata rinviata per dare priorità alla Legge di Bilancio e all'elezione del Presidente della Repubblica. In quell'occasione l'aula di Montecitorio era praticamente vuota, scatenando le critiche di quella parte della società civile che da anni spinge per una legge di civiltà.

Quello che torna, dunque, è un testo base, che parte da una proposta di legge di iniziativa popolare e cerca di rispondere alla sentenza della Corte costituzionale sul caso Cappato-Dj Fabo, depositata nel novembre 2019. In quell'occasione i giudici avevano chiesto al Parlamento di legiferare in materia, ma ancora non si è fatto nulla e nel vuoto legislativo la sentenza della Corte ancora non viene applicata.

Sulla proposta, negli ultimi mesi, si era tentata una mediazione tra le diverse posizioni in maggioranza, ma l'accordo non è mai arrivato, tant'è che a luglio il testo è stato approvato in commissione con voto contrario di Lega e Forza Italia, oltre che di Fratelli d'Italia. Ad essere favorevoli, invece, finora sono stati PD, Movimento 5 stelle, LeU, +Europa/Azione (una sorta di vecchia maggioranza giallorossa allargata). Diversi leghisti e centristi cattolici, a partire dall'Udc si dicono poi pronti alle barricate per non farla approvare. Con loro la Chiesa, almeno secondo la posizione ufficiale del Vaticano, nonostante alcune voci dissonanti, come quella padre Carlo Casalone, gesuita medico e membro della Pontificia Accademia per la Vita.

Fine vita, cos'è e come si potrebbe accedere

La proposta di legge garantisce alle persone affette da patologie irreversibili o con una prognosi senza speranze di chiedere assistenza medica, per porre fine in maniera volontaria alla propria vita. Il supporto sarebbe fornito direttamente dal Sistema sanitario nazionale. 

Il paziente che chiede il suicidio assistito deve rispondere a quattro caratteristiche definite dalla Corte costituzionale: oltre alla patologia irreversibile, deve essere tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, lamentare forti sofferenze fisiche e psichiche ed essere assistito o aver rifiutato volontariamente le cure palliative. La richiesta di morte deve essere scritta, esplicita, informata e consapevole. Va indirizzata al proprio medico di base, quello che cura il paziente o uno di sua fiducia e può essere ritirata in ogni istante. Se ci sono queste condizioni il medico, ma anche il personale amministrativo e sanitario che si occupano di assistere il paziente fino alla morte, non possono essere accusati di istigazione o aiuto al suicidio e omissione di soccorso.

Infine la proposta di legge prevede che il decesso si realizzi nel rispetto della dignità del malato, in modo da non provocarne abusi o ulteriori sofferenze. Quanto al luogo: il suicidio assistito può avvenire dentro casa o in una struttura ospedaliera pubblica e va considerato ai fini di legge come una morte per cause naturali.

Suicidio assistito, il caso di Mario

Lo scorso novembre era arrivata una "prima applicazione" della sentenza della Corte. In questo modo un paziente tetraplegico di 43 anni (a cui è stato dato il nome di fantasia "Mario") è stato autorizzato a morire dal comitato etico dell’azienda sanitaria delle Marche, dopo una pronuncia a giugno del Tribunale di Ancona, che aveva ordinato di controllare se esistessero le condizioni necessarie.

Per arrivare a questo esito c'è voluto più di un anno. L'uomo aveva fatto richiesta all'Asl nell’agosto del 2020, con la struttura sanitaria che inizialmente l'aveva respinta, senza applicare la sentenza. La prima svolta è arrivata solo tramite il ricorso del paziente al Tribunale, che dopo alcuni tentennamenti si è espresso a favore dell'uomo, spingendo l'azienda sanitaria a fare il suo dovere.

Da allora, però, la burocrazia sanitaria tiene tutto in sospeso. Tanto che Mario ha denunciato l’azienda sanitaria delle Marche e il comitato etico per il reato di tortura nei suoi confronti. Secondo i legali del paziente l'Azienda sanitaria regionale non ha verificato l'idoneità del farmaco avrebbe dovuto assumere per morire e il Comitato etico non ha chiarito quale dovesse essere, generando lo stallo. Lo scorso mese un altro paziente tetraplegico ha chiesto che si applichi la sentenza della Corte per accedere al suicidio assistito, finendo nuovamente in Tribunale.

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