video suggerito
video suggerito

Suicidi in carcere, garante: “Potrebbero uscire 19mila detenuti ma burocrazia e carenza di risorse creano ostacoli”

Il sistema penitenziario italiano è in grave crisi, con un aumento dei suicidi tra i detenuti, soprattutto quelli in attesa di processo. Le difficoltà burocratiche e le condizioni precarie nelle carceri contribuiscono alla crescente disperazione dei prigionieri, evidenziando l’urgenza di riforme strutturali e giuridiche.
A cura di Francesca Moriero
51 CONDIVISIONI
Immagine

La crisi che colpisce le carceri italiane sembra sempre più drammatica: non solo i numeri dei suicidi aumentano, ma la condizione di molti detenuti è sempre più aggravata da burocrazia, sovraffollamento e carenza di strutture adeguate. Secondo l'ultimo rapporto del Garante nazionale dei detenuti, la maggior parte dei suicidi riguarderebbe persone accusate di maltrattamenti in famiglia. C'è poi anche un dato allarmante: molti di questi detenuti sono ancora in attesa di processo, una condizione che alimenta sempre più la solitudine e la disperazione. A questo si aggiungerebbe l'inefficienza del sistema carcerario che, tra ritardi burocratici e mancanza di risorse, sembra stia portando a una situazione sempre più insostenibile.

Detenuti in attesa di processo

Da gennaio 2025, il numero dei suicidi nelle carceri italiane è salito a 12, con un tragico picco di 90 suicidi nel 2024, il numero più alto della storia recente del sistema penitenziario italiano. Gli ultimi rapporti mostrano che la maggior parte delle vittime è composta da persone detenute che non hanno ancora ricevuto una condanna definitiva, ma che sono in carcere in attesa di processo; tra questi, una percentuale significativa è accusata di reati legati alla violenza domestica. Questi detenuti, privati della loro libertà senza una sentenza definitiva, soffrono una condizione di angoscia e incertezza che li spinge a gesti estremi: "Secondo le nostre analisi la maggior parte delle persone che si sono tolte la vita in carcere erano stati autori di reati di maltrattamenti in famiglia, mentre una buona percentuale erano invece persone ristrette per misura cautelare, dunque in attesa di processo. Non ci sono evidenze sul nesso tra sovraffollamento e suicidi. Su questo fenomeno c'è però da dire che 19mila detenuti che hanno pene residue fino a tre anni, sulla base nella normativa potrebbero uscire dal carcere optando per misure alternative. Mala burocrazia e la carenza di risorse creano ostacoli", ha dichiarato Irma Conti, del collegio del Garante nazionale dei detenuti, sottolineano come la causa principale di questi suicidi non sia legata al sovraffollamento, ma piuttosto all’incapacità del sistema giudiziario di affrontare le difficoltà burocratiche che rallentano l’accesso a misure alternative alla detenzione. La mancanza di tempestività nelle decisioni riguardo alla scarcerazione o l’utilizzo di misure come gli arresti domiciliari per chi è in attesa di processo sta contribuendo al malessere dei detenuti.

Burocrazia e ritardi

Uno dei principali ostacoli che impedirebbe a molti detenuti di uscire dalla prigione sarebbe poi la burocrazia del Paese: la lentezza del sistema giuridico e la mancanza di un'efficace gestione informatizzata dei dati farebbero sì che le richieste di scarcerazione o di accesso a misure alternative vengano trattate con grave ritardo. Il Garante ha più volte denunciato che questi impedimenti burocratici, uniti alla carenza di risorse nel sistema penitenziario, stanno creando un circolo vizioso che penalizza i detenuti, in particolare quelli in attesa di giudizio. Il sistema cartaceo, spesso disorganizzato, contribuirebbe ulteriormente ai ritardi: i detenuti, pur essendo in molti casi idonei a misure alternative, infatti, resterebbero in carcere troppo a lungo anche proprio per via delle difficoltà nell'elaborazione delle loro pratiche. Questa inefficienza contribuirebbe ad aggravare quindi il loro disagio mentale e, nei casi più gravi, porterebbe a tragedie come il suicidio.

Le conseguenze psicologiche della detenzione preventiva

La detenzione preventiva stessa, poi, avrebbe gravi conseguenze psicologiche sui detenuti: molte persone si trovano infatti in una condizione di incertezza totale, vivendo giorni e mesi di angoscia senza sapere se saranno dichiarati colpevoli o innocenti. Questo lungo periodo di detenzione, senza una condanna definitiva, è estremamente dannoso per la salute mentale dei detenuti: gli ultimi studi condotti nel sistema penitenziario italiano hanno dimostrato che i detenuti in attesa di processo sono esposti a disturbi psicologici significativi, tra cui ansia, depressione e aggressività. La mancanza di speranza e la pressione psicologica a cui sono sottoposti li spingono verso soluzioni tragiche.

Le condizioni delle strutture

Le carceri italiane, già gravate dal sovraffollamento e da condizioni precarie, non sembrano in grado di offrire un ambiente che favorisca la riabilitazione dei detenuti, e questo si aggiunge ovviamente ai problemi che le persone detenute devono affrontare ogni giorno. La mancanza di strutture adeguate e la carenza di personale qualificato sono problemi che emergono costantemente dalle denunce di sindacati e garanti: le carceri come quelle di Sollicciano e Prato, ad esempio, sono spesso descritte come luoghi di sofferenza, dove la vita quotidiana è segnata dall'incertezza e dalla mancanza di risorse per i detenuti. Il garante della Regione Toscana, Giuseppe Fanfani, ha denunciato la situazione insostenibile in queste strutture, chiedendo la chiusura di alcuni istituti che non rispettano i requisiti costituzionali. In un sistema che non offre né riabilitazione né una prospettiva di futuro, i detenuti si trovano spesso a scegliere la morte come unica via di fuga dalla disperazione.

51 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views