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Suicidi in carcere, cosa vuole fare il ministro Nordio per evitare il sovraffollamento dei detenuti

Il ministro Nordio ha detto che usare le vecchie caserme oggi in disuso per creare nuovi spazi di detenzione è la soluzione migliore per ridurre il sovraffollamento delle carceri in Italia. L’annuncio è arrivato dopo la visita al carcere di Torino, dove in poche ore si erano tolte la vita due donne.
A cura di Luca Pons
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Ripristinare i locali le vecchie caserme per svuotare le carceri sovraffollate, costruire otto nuovi padiglioni (previsti e pagati dal Pnrr) per migliaia di detenuti e potenziare il personale dedicato. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, dopo la visita al carcere di Torino ha fatto sapere di voler intervenire sulle caserme per creare nuovi spazi che permettano di ridurre l'affollamento e migliorare le condizioni delle persone detenute in Italia.

Nelle ultime ore, le cronache nazionali sono state occupate dai casi di Susan John e di Azzurra Campari, due donne che si sono tolte la vita nel carcere di Torino. La prima, 42 anni, si è lasciata morire con uno sciopero della fame e della sete e della sete dopo aver chiesto a lungo di poter vedere il figlio di tre anni. La seconda aveva un passato di tossicodipendenza, da cui era uscita, ed era in carcere in seguito a un cumulo di pene per reati commessi in quel periodo, tra il 2013 e il 2014. I loro casi hanno attirato l'attenzione del ministro della Giustizia, andato ieri in visita a Torino. E non sono stati i primi, dato che nel 2023 si sono già registrati 44 suicidi in carcere (l'anno scorso la cifra record era stata di 85 persone che si sono tolte la vita).

Dopo la visita, Nordio ha spiegato che c'è un piano per ridurre il sovraffollamento delle carceri italiane – uno degli aspetti che peggiorano le condizioni psicologiche e fisiche delle persone detenute. E da questo piano arriveranno risultati "che spero saranno abbastanza prossimi".

Caserme trasformate in carceri per avere nuovi posti letto

In sintesi, il ministro prevede di puntare su strutture detentive diverse dal carcere, ma che permettono gli stessi requisiti di sicurezza. "Costruire un carcere è costoso e difficile", ha detto, mentre "usare strutture perfettamente compatibili con la sicurezza in carcere è la soluzione su cui bisogna iniziare a lavorare". Così, per chi commette reati non gravi (che prevedono pene brevi o comunque che non creano allarme sociale) potrebbero essere rimesse in sesto le vecchie caserme dismesse.

D'altra parte, in Italia il sovraffollamento nelle carceri è di circa il 120%, che significa che ci sono 10mila persone detenute in più rispetto al numero massimo di posti letti disponibili. Starà all'amministrazione penitenziaria delle Regioni coordinarsi con il governo per individuare gli edifici che possono essere utilizzati per lo scopo.

Così, il progetto di restaurare le vecchie caserme che ormai sono in disuso si affianca a quello finanziato con i fondi del Pnrr, che prevede otto padiglioni nuovi con 640 camere in totale. Nel complesso, queste strutture dovrebbero poter ospitare alcune migliaia di persone.

E, infine, dovrebbe continuare la spinta verso le misure alternative alla detenzione e il potenziamento del personale dedicato alla riabilitazione. Anche perché, di fronte a una popolazione carceraria più grande anche dei posti letto disponibili, il personale formato per aiutare le persone detenute scarseggia. In queste settimane si svolge l'ultima fase del concorso per inserire 214 nuovi funzionari giuridico-pedagogici che possano accompagnare le persone detenute nei loro percorsi di reinserimento sociale.

La replica di Antigone: "Non servono nuove carceri, ma misure alternative"

Patrizio Gonnella, presidente dell'associazione per i diritti delle persone detenute Antigone, ha diffuso un comunicato dopo le parole del ministro: "Il ministro Nordio ha parlato ancora una volta di edilizia penitenziaria e, ancora una volta, va ribadito che non servono più carceri, ma servono carceri piene di attività e attenzione per le persone detenute. Oggi", ha continuato Gonnella, "in tutte le strutture si registrano assenze di personale: dai direttori, agli agenti penitenziari, fino a medici, psicologi, psichiatri, mediatori culturali. In questo modo chi è in servizio fa fatica e le persone detenute non possono ricevere le attenzioni che richiederebbero e nei tempi certi che meriterebbero".

Secondo Antigone, "aprire nuove carceri, riproducendo queste dinamiche, non servirebbe a rendere più dignitosa la pena, non passando questa solamente da un aumento degli spazi che, peraltro, si potrebbero liberare attraverso un maggiore ricorso a misure alternative alla detenzione. Oggi ci sono circa 8mila persone detenute con un residuo di pena che potrebbe garantire loro di scontare la pena fuori dal carcere".

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