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Strage Cutro, rimpallo di responsabilità tra GdF e Capitaneria: “Li abbiamo chiamati ma non sono mai usciti”

Sono state depositate agli atti dell’inchiesta della Procura di Crotone conversazioni private degli ufficiali dei due corpi nella notte tra il 25 e il 26 febbraio del 2023 per il soccorso del caicco “Summer Love”, a bordo del quale si trovavano decine di migranti: i morti accertati furono 94. I dialoghi nell’informativa dei carabinieri di Crotone.
A cura di Biagio Chiariello
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È un rimpallo di responsabilità quello che viene fuori, secondo la Procura di Crotone, dalle comunicazioni tra Guardia di Finanza e Capitaneria di Porto, corpi che sarebbero dovuti intervenire nella notte tra il 25 e il 26 febbraio del 2023 in soccorso del caicco ‘Summer Love', a bordo del quale si trovavano oltre un centinaio di migranti: una sorta di ping pong a margine del quale si è consumato il naufragio di Cutro con la conseguente morte di 94 persone, tra cui 35 bambini, e altre decine di dispersi di cui non si è saputo più nulla.

Le comunicazioni sono contenute nelle 650 pagine di informativa di reato depositata dai Carabinieri del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Crotone e che pubblica Repubblica. L’inchiesta sulla strage di Steccato di Cutro si è conclusa con l’avviso di conclusione indagini nei confronti di sei persone, a partire dal tenente colonnello Alberto Lippolis, comandante del Roan della guardia di finanza di Vibo Valentia, e il collega Nicolino Vardaro, comandante del Gruppo aeronavale di Taranto, oltre a Giuseppe Grillo, Antonio Lopresti, Nicola Nania e Francesca Perfido: finanzieri e uomini della guardia costiera tutti accusati di naufragio colposo e omicidio colposo.

Le chat coprono un segmento di tempo di 5 ore durante le quali né la Guardia di Finanza né la Guardia Costiera fecero niente per salvare i migranti. Negli atti dell’inchiesta spiccano le parole dell’ammiraglio Gianluca D’Agostino, responsabile della sala operativa delle Capitanerie di porto: “Ritengo che il nostro unico errore – afferma – sia stato quello di fidarci della Guardia di finanza, che ci ha dato informazioni mendaci”. Così come quelle del comandante regionale delle Capitanerie di porto, Giuseppe Sciarrone: “Non capisco perché quella notte ci hanno chiamato e hanno rifiutato il nostro apporto. La Guardia di finanza avrebbe dovuto chiamarci immediatamente, avevano l’obbligo di intervenire una volta scoperto il target. Le nostre imbarcazioni erano in grado di navigare con quelle condizioni meteo“.

C'è da dire che già dalle 23.30 le conversazioni tra gli uomini delle Fiamme Gialle parlano di un intervento di “law enforcement”, cioè di sicurezza e ordine pubblico e non di soccorso, nonostante si sapeva che a bordo dell’imbarcazione ci fossero migranti e che le condizioni meteo-marine fossero “proibitive”.

Per il momento è un'attività di polizia, abbiamo una nostra motovedetta fuori che l'attenderà…mare permettendo', è anche vero che quando alle 3.48 la Finanza si decide a comunicare alla Guardia costiera che i suoi mezzi stanno rientrano in porto per il mare proibitivo (‘Passiamo la palla a voi)', dalla Capitaneria di porto rispondono serafici: ‘Noi in mare non abbiamo nulla. Poi vediamo come evolve la situazione, perché al momento non abbiamo nessun genere di richiesta di aiuto".

E alle 7 del mattino sulla chat della Guardia di finanza c’è chi prova a mettere le mani avanti: "Alla Capitaneria abbiamo richiesto l’intervento già a mezzanotte, ma non sono mai usciti. Dopo che noi siamo rientrati gliel’ho fatto mettere a brogliaccio: guarda noi non ce la facciamo, valutate voi. Senza una chiamata di soccorso non hanno ritenuto di uscire. Noi abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare”.

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