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Stop export bombe e missili verso Arabia Saudita, Rwm annuncia ricorso contro il governo

La fabbrica di Bombe Rwm Italia Spa, ha annunciato ricorso contro il governo per la revoca delle licenze di esportazione di bombe d’aereo e missili verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. “Siamo di fronte ad un provvedimento ‘ad aziendam’, che di fatto colpisce duramente solo Rwm Italia”.
A cura di Annalisa Cangemi
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La decisione senza precedenti presa dal governo italiano, che ieri ha firmato lo stop, con effetto immediato, all'esportazione di missili e bombe d'aereo verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, con la revoca di ben sei licenze in corso e la sospensione della concessione di nuove licenze per i medesimi materiali e Paesi, ha provocato la reazione della fabbrica di Bombe Rwm Italia Spa.

Per questo l'azienda, con sede legale a Gedi (Brescia) e stabilimento a Domusnovas (Sud Sardegna) – controllata dal gruppo tedesco Rheinmetall – ha annunciato ricorso contro il governo. "Siamo di fronte ad un provvedimento ‘ad aziendam', che di fatto colpisce duramente solo Rwm Italia", dice l'amministratore delegato, Fabio Sgarzi, dopo la notifica ricevuta da UAMA della revoca delle autorizzazioni all'esportazione di bombe d'aereo rilasciate tra il 2016 e il 2018.

La più grossa di queste licenze, la MAE 45560, siglata durante il governo Renzi, autorizzava la vendita a Riad di 20mila bombe aeree della serie MK del valore di oltre 411 milioni di euro. Bombe che poi sono state impiegate nella guerra in Yemen contro i civili. L'esecutivo di fatto ha attuato quanto disposto in una risoluzione del Parlamento italiano a fine dicembre, applicando per la prima volta la legge 185 del 1990, che vieta l'esportazione di armi verso Paesi "i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani", oppure che si trovano "in stato di conflitto armato". Con la revoca delle autorizzazioni, come ha spiegato anche Rete italiana pace e disarmo, contattata ieri da Fanpage.it, è stata bloccata una fornitura di almeno 12700 bombe già autorizzate, del valore di circa 290 milioni.

"La decisione, arrivata sul filo di lana, in un momento delicato per l'economia del Paese in piena pandemia e con un governo dimissionario, risulta inaccettabile anche per la strumentalizzazione che se ne sta facendo a fini politici – aggiunge l'Ad Sgarzi -. È inoltre incomprensibile la disparità di trattamento rispetto alle altre aziende italiane del comparto Difesa. Per questo, non può essere scacciato, ad oggi, un cattivo pensiero: bisognava sacrificare RWM Italia per lasciare intoccate le esportazioni delle altre società?"

"In ogni caso, l'interruzione, per la prima volta, di contratti autorizzati da anni, fatta in maniera tale da colpire solo certi prodotti e solo certi Paesi, deve mettere in allarme tutta l'industria della Difesa e non solo: un precedente grave, sintomo di scarsa considerazione degli effetti generali delle decisioni prese, che perciò rischia di minare la credibilità dell'industria nazionale, a tutto vantaggio della concorrenza estera. Insomma, un colpo a un pezzo importante della nostra economia con sicuri riflessi negativi sul resto".

"Ora – prosegue Fabio Sgarzi – chi si trova a sopportare le conseguenze di tutto questo, insieme all'azienda, sono le centinaia di lavoratori del territorio e le loro famiglie (nel solo stabilimento di Domusnovas operano 100 operatori diretti, attualmente in Cig e altri 100 indiretti, ndr). Lo Stato ha prima reso possibile la crescita, autorizzando contratti pluriennali, e poi ha annullato tutto, come se niente fosse. E nei diciotto mesi di sospensione il Governo e' stato totalmente inerte, non avviando alcuna iniziativa per contenere i gravissimi danni economici e occupazionali derivanti dalle sue decisioni". Ai lavoratori e alle loro famiglie la Rwm assicura che farà "l'impossibile per ottenere l'annullamento di un provvedimento ingiusto e punitivo".

La replica di Rete italiana pace e disarmo

Sull'annuncio del ricorso da parte di RWM si è espressa oggi anche la Rete italiana pace e disarmo, che in un lungo comunicato puntualizza che: "La legge 185 del 1990 prevede una serie di criteri molto chiari, così come fanno le norme internazionali, per la concessione di autorizzazioni all’export e armamenti. L’esportazione di sistemi d’arma non è infatti considerata un ‘business' usuale ma deve allinearsi alla politica estera dell’Italia e ai già ricordati i criteri, tra i quali figurano come principali l’impossibilità di vendere armi verso Paesi in stato di conflitto armato, Paesi in cui siano state verificate gravi violazioni diritti umani, Paesi che eccedono nella spesa militare. Se negli ultimi anni e in numerose occasioni tali criteri non sono stati rispettati de facto ciò non significa che si possano ignorare".

Viene ritenuta "non solo inconsistente ma addirittura provocatoria e offensiva l’ulteriore motivazione addotta dall’AD di RWM per giustificare il cambio di valutazione rispetto alla sospensione operata nel 2019 che l’azienda non aveva contestato. Secondo le dichiarazioni riportate dalla stampa il provvedimento sarebbe ingiusto e punitivo perché ‘pur riconoscendo la complessità della situazione yemenita, il periodo 2019-2020 ha registrato molti passi concreti nella direzione di una stabilizzazione e pacificazione dell'area, contrariamente a quanto accaduto negli anni precedenti' trovando quindi ‘la decisione del governo contraria alla verità dei fatti'"

"Sono invece queste dichiarazioni ad essere vergognose e lontane dai fatti. Basta leggere a riguardo le notizie riportate dai media di tutto il mondo".

Infine si condanna il "tentativo di nascondersi dietro la situazione dei propri dipendenti e all’usuale ‘ricatto occupazionale' per cercare di ottenere approvazione relativamente a un’esportazione che a nostro parere viola tutti i principi normativi e anche morali. Il loro licenziamento o meno non dipende certo dalla revoca del contratto con l’Arabia Saudita (che era da anni ampiamente prevedibile)".

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