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Stop al maxi acconto Irpef di novembre 2023 per le partite Iva: come funziona il pagamento a rate

L’acconto di novembre 2023 dovrebbe essere rinviato per le partite Iva che rispettano un preciso requisito di reddito, probabilmente 500mila euro. Al suo posto ci saranno sei rate mensili da pagare nel 2024. La misura sarà discussa dal governo Meloni nel prossimo Consiglio dei ministri.
A cura di Luca Pons
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L'acconto dell'Irpef che le partite Iva devono versare a novembre 2023 dovrebbe saltare, almeno per chi non rispetta un requisito di reddito che potrebbe essere fissato attorno ai 500mila euro. Il Consiglio dei ministri che si riunirà lunedì dovrebbe discutere non solo la manovra finanziaria, ma anche un decreto per mettere in pratica alcune delle misure contenute nella riforma fiscale che il Parlamento ha approvato ad agosto. Tra queste misure c'è anche la fine del maxi acconto per le partite Iva, che dovrebbe iniziare già da quest'anno, ma solo per chi è al di sotto di una soglia di fatturato ancora da definire (probabilmente, come detto, circa 500mila euro). Come anticipato nelle scorse settimane da Alberto Gusmeroli, presidente commissione Attività produttive alla Camera e principale promotore della misura, l'intenzione del governo è di cancellare l'acconto di novembre già nel 2023, per le partite Iva con un fatturato più basso.

Come funziona attualmente il versamento dell'Irpef per le partite Iva

Per come funziona adesso, infatti, chi è titolare di una partita Iva è tenuto a fare ogni anno due versamenti:

  • uno entro il 30 giugno dell'anno, per saldare eventualmente le imposte dovute sull'anno precedente e anticipare su quelle per l'anno in corso. Ad esempio, quest'anno entro il 30 giugno (ma in realtà la scadenza è stata prorogata a luglio) le partite Iva hanno pagato un eventuale saldo dell'Irpef che dovevano versare per il 2022 e hanno anticipato il 40% dell'acconto per il 2023.
  • uno entro il 30 novembre, il più sostanzioso, che richiede di versare il restante 60% dell'acconto per l'anno in corso. Entro il 30 novembre 2023, quindi le partite Iva dovrebbero pagare il resto dell'Irpef calcolata sul 2023.

È un sistema che alcuni operatori del settore contestano, perché di fatto si pagano le imposte prima di aver concluso l'anno e quindi di aver ottenuto fatturato. Proprio per questo a giugno dell'anno successivo è previsto un saldo, ma l'intento del governo è semplificare il sistema.

Chi potrà rinviare il pagamento al 2024 con le sei rate mensili

Con la riforma, invece dell'acconto di novembre ci saranno sei rate mensili da gennaio a giugno dell'anno successivo. Invece di pagare l'Irpef del 2023 a giugno e a novembre 2023, quindi, la si pagherebbe a rate tra gennaio e giugno 2024.

Perr lo Stato non dovrebbe cambiare nulla, in termini di costi. Lo stesso Gusmeroli ha specificato che non ci sono "problemi per i conti pubblici", dato che le entrate vengono semplicemente spostate da novembre all'anno successivo. Nei fatti però far partire da subito la novità per tutti sarebbe complicato sia a livello organizzativo, sia contabile. Anche se quei soldi arriveranno, infatti, di fatto lo Stato si troverebbe con 9 miliardi di euro in meno negli ultimi mesi dell'anno (questo è l'importo dell'Irpef versata da tutte le partite Iva).

Da qui la necessità di mettere un tetto di reddito, inizialmente. Per novembre 2023, solo qualcuno potrà avere un rinvio dei pagamenti. Gusmeroli ha detto che il requisito potrebbe essere fissato a circa 500mila euro annuali. Dal 2024 poi tutte le partite Iva dovrebbero smettere di versare l'acconto di novembre, e al suo posto pagare in sei rate mensili l'anno successivo.

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