Caso Cospito, Delmastro condannato a 8 mesi per rivelazione di segreto d’ufficio
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Il tribunale di Roma ha condannato a otto mesi il sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro. È arrivata la sentenza di primo grado per il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, imputato per rivelazione di segreto d'ufficio a seguito del caso Cospito. I giudici hanno riconosciuto a Delmastro le attenuanti generiche, beneficio della sospensione e non menzione nel casellario giudiziario e applicato l'interdizione dei pubblici uffici per la durata di un anno. Respinte, invece, le richieste di risarcimento avanzate dalle parti civili, quattro parlamentare del Pd.
Il sottosegretario, come ribadito più volte, ha fatto sapere che non intende dimettersi. "Spero ci sia un giudice a Berlino ma non mi dimetto", ha dichiarato a margine della sentenza di condanna.
La procura di Roma, questa mattina, aveva chiesto l'assoluzione. Non perché Delmastro non abbia rivelato un segreto d'ufficio quando ha passato alcuni documenti riservati al deputato di FdI Giovanni Donzelli, ma perché secondo l'accusa sarebbe "mancato l'elemento soggettivo". Ovvero, il sottosegretario non avrebbe saputo che si trattava di un'informazione segreta. Una richiesta diversa da quella che lo stesso Delmastro aveva previsto poche settimane fa, quando aveva detto di aspettarsi una condanna ma aveva escluso, in ogni caso, le dimissioni.
Le reazioni alla condanna, Nordio: "Disorientato e addolorato"
Dopo il verdetto dei giudici, sono arrivate puntali le reazioni delle opposizioni. "Questa destra non ha alcun rispetto delle istituzioni e, in questo caso, ha sfruttato il proprio ruolo per divulgare segreti con l’obiettivo di attaccare l’opposizione", ha commentato il deputato di Avs Angelo Bonelli, che all'epoca aveva presentato l'esposto. "Scandalosa è stata la difesa indecente del ministro Nordio, che ha scelto di proteggere Delmastro anziché prenderne le distanze. Questo governo di destra non esercita il proprio mandato con disciplina e onore, e il quadro diventa ancora più inquietante se associamo questa condanna alla vicenda dello spionaggio Paragon, sulla quale il governo si rifiuta di dire la verità agli italiani. Quando ho presentato l’esposto e mi sono opposto alla sua archiviazione, sono stato duramente attaccato e ho ricevuto minacce sui social", ha raccontato. "Oggi con sentenza di primo grado, il Tribunale di Roma ha stabilito che Delmastro ha divulgato segreti d’ufficio e lo ha interdetto dai pubblici uffici per un anno. Con questa sentenza, come può Meloni mantenere Delmastro come viceministro? Deve dimettersi subito, per il rispetto e la dignità delle istituzioni perché Delmastro è incompatibile con ruolo di governo", ha aggiunto.
Dalla maggioranza, il Guardasigilli Carlo Nordio si è detto "disorientato ed addolorato" per una condanna "che colpisce uno dei collaboratori più cari e capaci. Confido in una sua radicale riforma in sede di impugnazione e rinnovo all'amico Andrea Delmastro la più totale ed incondizionata fiducia. Continueremo a lavorare insieme per le indispensabili ed urgenti riforme della Giustizia", ha scritto in una nota.
La condanna "conferma in sede penale, dove siamo stati ammessi come parte civile, le valutazioni politiche già espresse nei confronti di un esponente di spicco del partito di Giorgia Meloni che, evidentemente, si è reso parte attiva di comportamenti gravi e lesivi dell'onorabilità del ruolo ricoperto, utilizzando informazioni riservate per colpire gli avversari politici", hanno dichiarato in una nota i parlamentari Pd Debora Serracchiani, Walter Verini, Silvio Lai e l'ex ministro dem Andrea Orlando, che si sono costituiti parte civile nel processo. "Si tratta di un duro colpo per l'ex avvocato di fiducia della premier Meloni e responsabile giustizia del suo partito, prima di andare a ricoprire l'attuale incarico a via Arenula che sta svolgendo in maniera poco onorevole e poco disciplinata", hanno aggiunto.
"È evidente – proseguono i dem – che tra le conseguenze del lesivo comportamento di Delmastro ci sia stato anche un grave danno per i sottoscritti, accostati in maniera impropria e calunniosa ai mafiosi da parte di chi, il coordinatore del partito della Meloni, Donzelli, ha ricevuto informazioni riservate per poterle usare come una clava contro esponenti dell'opposizione. E le conseguenze politiche di quanto è avvenuto non possono che consigliare un passo indietro al sottosegretario Delmastro per allontanare qualsiasi ombra dal suo operato al ministero della giustizia alla luce di questa gravissima condanna". Il tribunale "ha respinto la tesi della procura (rossa) di Roma secondo la quale gli atti erano riservati ma Delmastro non lo aveva capito", ha aggiunto Orlando sui suoi profili social.
"In attesa che il sottosegretario Delmastro si dimetta dal suo incarico dopo la condanna a 8 mesi, il gesto delle dimissioni lo può fare il direttore di Rai News dopo il titolo di oggi", ha scritto Nicola Fratoianni (Avs), in riferimento alla polemica sul servizio mandato in onda oggi dalla rete diretta da Paolo Petrecca.
Anche per Francesco Bonifazi, di Italia Viva, Delmastro deve dimettersi sebbene – ricorda – "la condanna non è definitiva". "Non sarà una sentenza di primo grado a cambiare il nostro giudizio sul sottosegretario Delmastro Delle Vedove. La condanna non è definitiva", ha scritto. "E comunque il sottosegretario è già stato condannato con sentenza passata in giudicato e con oblazione. Dunque per noi che non siamo giustizialisti non cambia niente: Delmastro è un cinico sadico pericoloso che non merita di stare al Governo indipendentemente dalla condanna. Che per noi non cambia nulla".
Dura la reazione di Giuseppe Conte. "Il sottosegretario Delmastro, quello che giocava con i documenti riservati col coinquilino Donzelli, è stato condannato in primo grado per rivelazione di segreto d'ufficio. Ha già annunciato che non si dimetterà. Non avevamo dubbi. Purtroppo", ha scritto su Facebook il presidente del M5s. "Da Delmastro a Santanchè si sentono ormai tutti intoccabili. La principale colpevole di questo grave andazzo è Meloni che chiedeva le dimissioni di tutti dall'opposizione e – aggiunge – ha perso la coerenza da qualche parte a Colle Oppio. Poltrone piene di colla per i suoi amichetti, anche se l'amichetto è un condannato in primo grado al Ministero della giustizia per violazione dei doveri d'ufficio".
A stretto giro è arrivato anche il commento della segretaria del Pd Elly Schlein: "Delmastro condannato per aver usato segreti di Stato contro le opposizioni dimostra quanto questa classe dirigente sia inadeguata. Giorgia Meloni adesso lo faccia dimettere anziché continuare a mentire sui fondi alla sanità pubblica e a non far nulla sulle bollette più care d'Europa", si legge in una nota.
Da Fratelli d'Italia invece, considerano la decisione del Tribunale di Roma una "sentenza politica". "Un pronunciamento che ha ribaltato la doppia richiesta della Procura prima di archiviazione e poi di assoluzione per il sottosegretario alla Giustizia che, sulla vicenda Cospito, ha sempre agito in modo legittimo e trasparente. A Delmastro giunga la mia piena solidarieta'", ha scritto Sergio Rastrelli, segretario FdI della commissione Giustizia al Senato. Condivide il capogruppo dei meloniani alla Camera, Galeazzo Bignami. "Oggi contro il sottosegretario Delmastro arriva una sentenza esclusivamente politica, all'esito di un processo esclusivamente politico che ha imbarazzato addirittura l'accusa che pià volte si era espressa per la liceità del comportamento del sottosegretario, la cui unica responsabilità è stata quella di aver fatto sapere agli italiani che esponenti del Pd erano andati a incontrare mafiosi in carcere", ha detto. "Chi tocca il Pd, per certi magistrati, va punito. Ed invece noi insistiamo: perché i deputati del Pd sono andati a trovare i mafiosi? Cosa dovevano dire loro? Perché a queste domande non hanno mai risposto? Siamo vicini al collega Andrea Delmastro e convinti, che superate queste incrostazioni di partito, verrà riconosciuto innocente non solo dalla pubblica accusa ma anche da chi dovrebbe giudicare in forma terza e imparziale", ha concluso.
La richiesta della Procura: "Assoluzione per mancanza elemento soggettivo"
La linea difensiva di Delmastro finora è stata che non sapeva che quei documenti fossero secretati. E, in ogni caso, riteneva che Donzelli in quanto parlamentare avesse diritto a visionarli. A sua volta, quindi, non avrebbe informato il deputato di FdI che i documenti erano a "limitata divulgazione": per questo, Donzelli non è stato coinvolto nel processo se non come testimone.
Una linea con cui il procuratore aggiunto Paolo Ielo ha concordato, nella sua requisitoria: "Abbiamo prodotto la richiesta di archiviazione", ha detto, e "non ci spostiamo di un millimetro da qui. Lo abbiamo già fatto, utilizzando lo stesso principio per tutti i cittadini, anche in un processo analogo con imputato diverso celebrato qualche settimana fa". In particolare, la richiesta è stata di "assoluzione per mancanza dell'elemento soggettivo". Nel linguaggio penale, l'elemento soggettivo è sostanzialmente la volontà di commettere un reato: Delmastro non sapeva che si trattasse di un segreto d'ufficio, e quindi nel rivelarlo non ha commesso alcun illecito. Questa la tesi dei pm.
Perché Delmastro è a processo: il caso Cospito
Il caso è iniziato nel gennaio 2023, quando – secondo quanto ricostruito dalle carte dell'inchiesta – il sottosegretario avrebbe chiamato Giovanni Russo, capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) per chiedere di ottenere una relazione della Polizia penitenziaria su Alfredo Cospito, anarchico detenuto in regime di 41-bis. In quelle settimane si stava accendendo il dibattito su Cospito, sul suo sciopero della fame e sulla sua protesta contro le condizioni in cui era (ed è tuttora) imprigionato.
Qui sarebbe avvenuto il passaggio più importante della vicenda. Delmastro avrebbe passato quelle relazioni, che erano "a limitata divulgazione", a Giovanni Donzelli, deputato di Fratelli d'Italia, suo compagno di partito e coinquilino.
Nei documenti c'erano delle conversazioni tra Cospito e altre persone detenute in 41-bis, che Donzelli pochi giorni dopo avrebbe citato in Aula per attaccare alcuni parlamentari del Partito democratico che erano andati a trovare l'anarchico in carcere. Non a caso, nel processo si sono costituiti parti civili proprio quei parlamentari: Andrea Orlando, Silvio Lai, Debora Serracchiani e Walter Verini.
A novembre 2023, dopo un'iniziale richiesta di archiviazione della Procura – respinta dal gip, che aveva chiesto l'imputazione coatta – era arrivato il rinvio a giudizio. Oggi, il processo di primo grado è arrivata a conclusione.