video suggerito
video suggerito
News su migranti e sbarchi in Italia

“Sopravvissuto 13 ore in mare aggrappato ad una tanica di benzina”: storia di un minore salvato da Humanity 1

“La paura del mare non è mai stata più grande del desiderio di una vita nuova. Avrei fatto di tutto per avere la possibilità di vivere come un essere umano. La situazione in Egitto è terribile”: la testimonianza di uno dei minori soccorsi dalla Humanity 1.
39 CONDIVISIONI
A. sbarca dalla Humanity1. Foto di Lidia Ginestra Giuffrida
A. sbarca dalla Humanity1. Foto di Lidia Ginestra Giuffrida
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Con i pollici e gli anulari che si toccano, A. forma un cuore in direzione dell’equipaggio della Humanity 1, dalla parte opposta del molo di Genova, dove è sbarcato ieri mattina insieme alle altre 87 persone soccorse dalla ONG tedesca.

Ha gli occhi furbi e consapevoli di un giovane uomo, ma con lo sguardo cerca certezze. È arrivato il momento in cui tutte le sicurezze e le cure, che gli erano state date nei quattro giorni di navigazione, stanno per diventare solo un ricordo. Il salto nel vuoto che si compie quando si scende l'ultimo gradino della passerella e si arriva sulla terraferma, A. lo affronta con tenera disinvoltura. Ci sono bambini costretti ad indossare l’abito da adulto prima del tempo, costretti a non potersi affidare, a portare sulle spalle il peso della responsabilità di se stessi. A. indossa il suo io adulto come la maggior parte di questi bambini: come se adulto lo fosse sempre stato.

Ha 17 anni e un corpicino esile, uno dei primi corpi ad essere portati a bordo del rhib – il gommone di salvataggio – della Humanity 1, una settimana fa. “Quando siete arrivati eravamo in mare da tre giorni. Il terzo giorno è stato orribile. Il mare era agitatissimo, eravamo tutti ammassati sottocoperta e le onde ci schiacciavano l’uno sull’altro. L’acqua entrava nello scafo. Eravamo tutti bagnati. Non riuscivamo a dare il mayday. Non potevamo vedere nulla. Niente acqua, niente cibo, niente, eravamo sicuri che saremmo morti”, racconta, “quando vi abbiamo visti non sapevamo chi foste, ma abbiamo pensato che qualsiasi cosa sarebbe stata meglio di affogare. Se avessimo passato un'altra notte in mare, saremmo morti. Non avevamo alcuna possibilità di sopravvivere”.

Nel barchino in legno in cui era stipato A. c’erano altre 48 vite, metà delle quali sotto i diciotto anni. Molti di loro erano con lui in Libia, rinchiusi dai trafficanti per 11 giorni in un appartamento. “Non sono mai uscito da lì dentro, nemmeno un giorno, nemmeno per vedere la luce del sole dalla finestra”, continua mentre incrocia le dita, “un giorno, senza nessun preavviso, i trafficanti hanno bussato e ci hanno fatto salire su una macchina, non abbiamo visto niente finché non ci siamo ritrovati in mare”.

Ma per A. questa non era la prima volta che affrontava il mare, l’aveva già fatto altre due volte. Durante il primo tentativo, l’estate scorsa, uno dei due motori si era fermato poco dopo la partenza costringendoli a tornare indietro in Libia. Il secondo, invece, è stato lo scorso settembre: “Quando siamo partiti il tempo era davvero buono ma poi all'improvviso il mare si è agitato e le onde sono diventate molto alte. La barca si muoveva tantissimo fino a quando non si è capovolta” – racconta – “due persone sono morte”. A., allora sedicenne, era solo, come adesso. “L’acqua era molto fredda. Il vento mi tagliava il viso. Ogni minuto che passavo in acqua pensavo che sarei morto il minuto dopo”, continua con spiazzante lucidità, la stessa che probabilmente gli ha salvato la vita tenendola aggrappata ad una tanica di benzina per 13 ore.

“Sono stato fortunato – dice – io non so nuotare ma ho usato una tanica di benzina vuota come galleggiante. La benzina insieme all’acqua salata mi hanno bruciato il braccio, ma nonostante le ustioni non potevo lasciarla o sarei affogato”.

I disegni dei minori a bordo della Humanity 1. Foto di Lidia Ginestra Giuffrida
I disegni dei minori a bordo della Humanity 1. Foto di Lidia Ginestra Giuffrida

La mattina seguente dei pescatori lo hanno trovato ancora in vita che galleggiava tra le onde, poco dopo essere stato costretto a lasciare andare il corpo dell'amico che aveva tenuto con sé fino allo sfinimento: “Non volevo lasciarlo andare, ma ad un certo punto l’ho dovuto fare, lui era già affogato, e tenendo il peso del suo corpo sarei affogato anch’io”.

Dopo il naufragio A. insieme a tutti i sopravvissuti salvati dai pesatori, viene venduto ai trafficanti che lo rinchiudono nuovamente fino a quando, una volta pagato il riscatto, non tornerà in Egitto – il paese da cui fuggiva.

Nonostante ciò a marzo A. decide di riprovarci. Quando gli chiedo: "Non avevi paura del mare dopo quello che era successo?", lui alza le spalle inclinando la testa: “Non ho mai avuto altra scelta, la paura del mare non è mai stata più grande del desiderio di una vita nuova. Avrei fatto di tutto per avere la possibilità di vivere come un essere umano. La situazione in Egitto è terribile”.

Nel suo paese A. frequentava le scuole superiori, doveva fare l’ultimo anno per completare gli studi, ma poi non è riuscito a finire. “Dovevo lavorare oltre che studiare, ero costretto a lavorare per mantenere la mia famiglia. Davo tutti i soldi che guadagnavo ai miei genitori per mantenere me e i miei tre fratelli”.

In un paese in cui tra i 30 e i 60 milioni di abitanti vivono sotto la soglia di povertà, dilaniati dalla crisi economica, sociale e dalla repressione del governo Al Sisi, l'ultima speranza per chi sogna un futuro migliore resta il mare.

"Nel mio villaggio tutti i bambini sanno che dovranno fuggire prima o poi, ci spingono a farlo prima di compiere diciotto anni perché dicono sia più facile ottenere i documenti e poter mandare i soldi a casa", continua A, che a bordo della Humanity 1 passa il tempo ad ascoltare lezioni di italiano.
“Come si dice questo? come si dice quello?” chiede continuamente agli operatori a bordo.

“Qui con voi mi sono sentito al sicuro – ha detto la sera prima dello sbarco – so che stiamo andando in Italia e non moriremo. So che avrò finalmente la possibilità di diventare una persona migliore”.

39 CONDIVISIONI
1053 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views