Silvio Berlusconi al Quirinale, Mario Draghi a Palazzo Chigi, la coalizione Ursula allargata alla Lega a gestire i fondi del Recovery Plan. Non è un semplice retroscena, una boutade in tempi di magra del dibattito pubblico, ma un piano articolato, alla cui definizione stanno lavorando non solo i forzisti, ma anche i cosiddetti pontieri all’interno degli altri partiti che compongono la maggioranza di governo. Il Cavaliere, del resto, da anni lavora alla propria riabilitazione politica e personale, con l’obiettivo di succedere a Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica. Un percorso che, come ci stanno spiegando da mesi autorevoli analisti e commentatori, dovrebbe segnare “la chiusura di una stagione” in cui la società italiana ha vissuto enormi conflittualità e si sono sovrapposti i piani della critica politica, dell’azione della magistratura e delle vicende personali, che spesso hanno diviso e avvelenato l’opinione pubblica. Certo, in pochi ricordano che sulla tossicità del confronto politico in Italia negli ultimi decenni ha avuto un ruolo determinante lo stesso Berlusconi, probabilmente uno dei personaggi più divisivi e spregiudicati della storia repubblicana.
Restando ai fatti, comunque, va detto che la soluzione “Berlusconi al Quirinale” viene raccontata come l’uovo di Colombo soprattutto nelle ultime settimane. In tal senso va letto sia il lavoro per tenere insieme quello che è il centrodestra più diviso di sempre, ma anche la frenata di FI sul fronte della costruzione della casa dei moderati, operazione che potrebbe indispettire il Partito Democratico e mettere in una posizione scomoda i tanti leader centristi senza elettorato. La suggestione più ardita dei berlusconiani è quella di legare l’indicazione per il Colle alla conferma di Mario Draghi a Palazzo Chigi, nell’orizzonte della pacificazione nazionale e dell’efficacia nella gestione della fase post pandemia. Percorso a ostacoli, sia chiaro, non tanto (non solo) perché si tratterebbe di piegare per l’ennesima volta i risultati elettorali a operazioni di trasformismo politico, ma anche perché servirebbe capovolgere lo schema cui l’intero centrosinistra e parte del M5s lavorano da anni.
Che è riassumibile in poche parole con l’elezione al Quirinale di una figura di alto profilo istituzionale che possa fare da contrappeso alla prevedibile vittoria elettorale di una coalizione fortemente sbilanciata a destra. Una linea, quella dell'equilibrio, che piace anche ai partner europei e a soggetti che, a vario titolo, influenzano gli snodi cruciali della politica italiana. Il punto è che ciò che ci raccontano in queste settimane non può cambiare la realtà sostanziale dei fatti: Forza Italia ha un peso marginale all’interno del centrodestra, Meloni e Salvini si contendono un elettorato su piattaforme molto sbilanciate a destra e fanno della polarizzazione e dello scontro elementi essenziali della loro propaganda politica. Malgrado le difficoltà della Lega e le contraddizioni di Meloni, i sondaggi continuano a essere chiari sulla consistenza del consenso della destra e un governo Salvini con Berlusconi al Quirinale non è esattamente lo scenario migliore per PD, M5s e via discorrendo. La figura del Berlusconi in grado di tenere a bada gli alleati con la sola imposizione del pensiero, di ricondurli nel campo della destra moderata e liberale, è buona forse per qualche editoriale o talk show, ma a poco a che vedere con la realtà dei fatti. Così come appaiono abbastanza improbabili i retroscena sulla Lega pronta a scaricare Salvini per mettere i propri voti al servizio di un Draghi bis, magari ancora con i 5 Stelle.
Insomma, per paradossale che possa sembrare, prima ancora che le perplessità (eufemismo) sull'adeguatezza di Berlusconi come inquilino del Colle, è proprio l'attuale quadro politico a suggerire l'impraticabilità di una tale soluzione. La questione è comunque destinata a rimanere sul tappeto ancora per settimane, e non è neanche difficile prevedere come evolverà: il carro dei sostenitori del Cavaliere si riempirà giorno dopo giorno, ad esempio oggi segnaliamo le dichiarazioni di Fedriga, così come cresceranno le aperture e gli attestati di stima; nessuno però si sbilancerà più di tanto, in attesa di capire cosa farà Draghi e cosa accadrà nel mondo reale (l'evoluzione della pandemia, il quadro europeo e altre cosette di una certa rilevanza); si arriverà a febbraio e Berlusconi cercherà di ritagliarsi il ruolo di king maker del nuovo Capo dello Stato. Che potrà essere Draghi, magari Gentiloni, non lui.