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Si può essere licenziati per allusioni a sfondo sessuale, anche “goliardiche”: lo dice la Cassazione

Il licenziamento disciplinare è legittimo, se deriva da allusioni sessuali alle colleghe o ai colleghi. Non importa che il clima sia “goliardico e scherzoso”, né che non ci sia una vera e propria aggressione fisica. Lo ha chiarito una sentenza della Corte di Cassazione, partendo dal caso di un barista licenziato.
A cura di Luca Pons
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Un'allusione a sfondo sessuale fatta a un collega o una collega è sufficiente, per giustificare un licenziamento disciplinare. E non importa se queste allusioni arrivano in un clima che si può dire di goliardia. A chiarire che le allusioni sessuali non sono accettabili sul posto di lavoro è stata una sentenza della Cassazione (la numero 23295 del 2023), emanata negli scorsi giorni.

Il caso: continue allusioni del barista alla collega neoassunta

Il caso particolare riguardava un dipendente di un bar, che aveva molestato più volte una sua giovane collega appena assunta con un contratto a termine. Già in primo grado il tribunale di Arezzo aveva dichiarato legittimo il suo licenziamento, e la corte d'appello aveva respinto il ricorso dell'ex dipendente. La Cassazione, quindi, non ha fatto altro che confermare la sentenza.

Ad Arezzo, i giudici avevano già chiarito che il comportamento dell'uomo valeva il licenziamento. La collega lo aveva denunciato due volte al titolare, per allusioni verbali e anche fisiche a sfondo sessuale. Si trattava di "comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità della lavoratrice e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo", come prevede la legge e come ha confermato la Cassazione.

Dunque la giusta causa per perdere il lavoro c'era eccome. A prescindere che "fosse assente la volontà offensiva e che in generale il clima dei rapporti tra tutti i colleghi fosse spesso scherzoso e goliardico": non basta un momento di goliardia per giustificare una molestia verbale. E anche a prescindere dal fatto che un'aggressione fisica vera e propria non ci sia stata. Le continue allusioni, infatti, sono state sufficienti per creare un clima "intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo", appunto, e quindi hanno reso pienamente legittimo il licenziamento.

Il tentativo di ricorso: la donna "inattendibile" perché le indagini per violenza sessuale erano state archiviate

Ricorrendo alla Cassazione, l'uomo aveva detto che la sua collega era "inattendibile". Questo perché, dopo una denuncia per violenze sessuali e stalking partita dalla donna, le indagini erano state archiviate. Ma la Corte di Cassazione ha chiarito che innanzitutto "il reato di stalking era estraneo ai fatti per i quali era stato licenziato", quindi non importava se l'avesse commesso o meno". Mentre l'archiviazione delle indagini per violenze sessuali non era dovuta a "ragionamenti del merito", ma solo alla "tardività della querela". Insomma, il giudice per le indagini preliminari non aveva escluso che, se la denuncia fosse arrivata prima, si sarebbe potuto procedere.

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