Torna a parlare Sergio Marchionne, l'amministratore delegato della Fiat che pochi giorni fa ha incassato il si dei dipendenti sul tanto dibattuto "contratto di mirafiori". Per farlo sceglie il sito de "La Repubblica" e la firma è quella del direttore Ezio Mauro. Una lunga intervista, durante la quale il manager del Lingotto lascia trasparire tutta la sua soddisfazione per un risultato positivo che scongiura una decisione (la "fuga da Mirafiori") altrimenti inevitabile.
Un risultato che chiude la strada ad ogni altra contrattazione, dal momento che: "Non sono un ingenuo, ma sinceramente non capisco. E' la logica del retrade, del negoziato continuo per il negoziato, non per arrivare a un risultato. Sono allibito. Mi dispiace, ma sabato mattina alle sei le urne hanno detto che il sì ha avuto la maggioranza. Il discorso è chiuso, anche se dentro quella maggioranza molti cercano il pelo nell'uovo". E a nulla serve l'invito di Mauro a considerare il fatto che per il successo siano stati determinanti gli impiegati (toccati solo marginalmente dalle modifiche): Possiamo esercitarci all'infinito, togliere i lavoratori alti, quelli bassi, quelli coi baffi. Conta il saldo, cioè il risultato, nient'altro. Il referendum non l'ho chiamato io (anche se avrei partecipato volentieri, spiegando ai lavoratori le ragioni dell'accordo) né sono io che ho fatto le regole. Per me Mirafiori ha deciso, e io sto al risultato, che è un risultato molto importante".
Del resto si tratta secondo Marchionne di un buon contratto che "se in qualsiasi parte del mondo mi avessero sottoposto un accordo con queste condizioni io mi sarei alzato e me ne sarei andato", accettato solo per una "sfida italiana", nonostante non sia vantaggioso in assoluto per Fiat. Insomma, una soddisfazione anche di fronte al "capolavoro mediatico messo in piedi dalla Fiom", ma anche un orgoglioso riscontro delle cose fatte negli ultimi anni:
Mi ricordo i primi 60 giorni dopo che ero arrivato qui, nel 2004: giravo tutti gli stabilimenti, e poi quando tornavo a Torino il sabato e la domenica andavo a Mirafiori, senza nessuno, per vedere quel che volevo io, le docce, gli spogliatoi, la mensa, i cessi. Cose obbrobriose, stia a sentirmi. Ho cambiato tutto: come faccio a chiedere un prodotto di qualità agli operai e a farli vivere in uno stabilimento così degradato? In più, la Fiat era tecnicamente fallita, se il fallimento significa non avere i soldi in casa per pagare i debiti. Perdevamo 2 milioni al giorno, non so se mi spiego. E invece sette anni dopo abbiamo ribaltato lo schema, l'animale è vivo, il patto che associa Fiat e lavoratori è vitale e va al di là del contratto in questione.