Sergio D’Elia: “Dl carceri ridicolo, non risolverà suicidi e sovraffollamento. Nordio si assuma responsabilità”
"L'approccio del governo alla situazione delle carceri in Italia è demenziale". A dirlo, intervistato da Fanpage.it, è Sergio D'Elia, segretario di Nessuno tocchi Caino, l'organizzazione che si occupa dei diritti dei detenuti e della lotta contro la pena di morte.
"Se non si inverte la rotta fra qualche mese, dopo dieci anni, la Corte europea dei diritti dell'uomo condannerà nuovamente l'Italia per violazione dell'articolo 3 della Convenzione che vieta la tortura e i trattamenti inumani e degradanti", dice. La prima condanna arrivò nel 2013, con la sentenza Torreggiani. "Al tempo c'erano 65 mila detenuti", ricorda. "Stiamo arrivando agli stessi livelli".
Il sistema carcerario italiano, infatti, è ormai al collasso. "Siamo già a oltre 61 mila detenuti, ovvero persone che sono ammassate, tumulate, sotterrate in spazi che potrebbero consentire la presenza di non più di 47.000 individui", spiega D'Elia. "I numeri ci parlano di un sovraffollamento del 130%. In altre parole, ci sono 14.000 detenuti in più rispetto allo spazio di esecuzione di una pena ritenuto legale".
Se Strasburgo dovesse tornare a condannare l'Italia come in passato, ci troveremo di fronte a "un vero e proprio Stato criminale, recidivo, delinquente abituale e professionale", avverte l'ex deputato. "Tutte quelle categorie che di solito si usano per gli individui che compiono più di una volta lo stesso reato. Solo che qui si sta configurando a carico di una Repubblica".
"In questo contesto pianificare qualsiasi opera non solo di rieducazione e di reinserimento sociale, come prevede il nostro ordinamento penitenziario, non è possibile", prosegue. "Così come l'obiettivo minimo di proteggere la vita e la salute. Questa situazione rende il carcere un luogo di privazione della libertà, della vita, della salute, del senno, dei sentimenti, dei dei diritti umani fondamentali".
E non è un caso, infatti, che dall'inizio di quest'anno siano più di 60 i detenuti che si sono tolti la vita. "Se facciamo i conti negli ultimi 10 anni, 615 persone si sono suicidate in carcere. Se poi consideriamo anche quelle morte per cause naturali – nulla che avviene in carcere può essere considerato naturale, essendo un luogo di per sé contro natura – ci sono altre 904 persone che sono morte nelle mani dello Stato", dice il segretario. E così i numeri salgono a più di 1500. "Questa è la cifra della civiltà del nostro paese", commenta.
Com'è il confronto con l'Europa? "Sulla tutela dei diritti umani, il Consiglio d'Europa è stato chiaro: se il tasso di occupazione penale supera il 90% della sua capacità, allora si è davanti a una situazione di imminente di sovraffollamento. Qualcosa di altamente rischioso rispetto al quale le autorità dovrebbero immediatamente prendere delle misure. Bene, noi in Italia siamo al 130%", risponde.
Il segretario poi, prende l'esempio del Regno Unito. "Fino maggio scorso in Uk risultava un sovraffollamento del 98%, ma sono corsi subito ai ripari. Già i conservatori di Sunak avevano avanzato proposte come forme di rilascio anticipato. In questo modo nel giro di 5-6 mesi sono usciti 10.000 detenuti dal Regno Unito", spiega. "In Italia sotto i conservatori non è uscito nessuno. C’è una mentalità volta a governare il carcere con misure tendenti a mantenere l'ordine e la sicurezza. Un carcere non sicuro è un carcere ingovernabile".
Per cercare di risolvere il problema delle carceri italiane, tra sovraffollamento, suicidi e rivolte, il Consiglio dei Ministri ha varato il Decreto Carceri, che oggi ha ricevuto il via libera del Senato prima di passare alla Camera. Tra le norme volute dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, c'è l'incremento del personale penitenziario, con l'assunzione di mille agenti. "Ridicolo", commenta D'Elia.
"Sulla pianta organica prevista degli agenti della polizia penitenziaria ne mancano 18.000. Questo significa che al momento in carcere ci sono 14.000 detenuti in più rispetto al numero legale e 18.000 agenti in meno. Cosa propone Nordio allora? Di assumerne mille, 500 nel 2025 e 500 nel 2026. È una presa in giro", dice ancora.
Tra le misure, anche l'aumento dei colloqui telefonici per i detenuti. "In molti Paesi nel resto d’Europa i detenuti hanno il telefono in cella, possono chiamare quando sono disperati e hanno bisogno di una voce amica. Telefonare significa mantenere vivi i rapporti con i propri cari. Questo è consentito ai fini non soltanto del diritto fondamentale all'affettività e ai rapporti familiari, ma anche per scongiurare eventi drammatici e tragici, come i suicidi", spiega.
"In questo caso l’aumento delle telefonate esclude tutti coloro che si sono macchiati di reati gravi. Peraltro, propongono qualcosa che già esiste perché i direttori degli istituti penitenziari possono esercitare la loro discrezionalità e concedere un numero maggiore di telefonate ai detenuti meritevoli", osserva.
Nessun riferimento invece, all'ampliamento dell'organico di medici, psicologi e psichiatri a supporto dei detenuti che vivono condizioni di disagio psichico. "Ormai il 30% e il 40% della popolazione detenuta è colpita da gravi patologie. Quasi un terzo dei casi sono psichiatrici", racconta. "Queste persone non dovrebbero stare in carcere. Ma ormai le carceri sono diventati campi di concentramento, manicomi e tutti quei luoghi che abbiamo abolito. L'organico dei medici in generale, degli specialisti, psicologi e psichiatri, è fortemente carente in un luogo che invece è diventato manicomio".
Allora come dovrebbe agire il governo Meloni? "Il loro approccio è demenziale. La nostra proposta di far passare il termine per la liberazione anticipata dai 45 giorni ai 60 per coloro che si sono comportati correttamente viene considerato uno svuota carceri", dice. "Negli ultimi anni il nostro Paese ha viaggiato a un ritmo di 4500-4.700 risarcimenti per aver subito maltrattamenti in carcere e per le condizioni strutturali di degradazione. Sono 20.000 le persone che i magistrati hanno risarcito perché vivevano in carceri fatiscenti e sovraffollate. Eppure si pensa ancora alla liberazione anticipata come a una resa dello Stato", continua.
Negli scorsi giorni però, Forza Italia sembrava volersi smarcare dagli alleati con timide proposte come quelle sulla semilibertà per chi è stato condannato a una pena inferiore a 4 anni di reclusione. "Propaganda, propongono cose che già esistono già esistono", commenta l'ex parlamentare. "La proposta di FI di una dell'affidamento in prova per chi sconta una pena fino a quattro anni esiste già. Sono i magistrati che la devono concedere".
Un'altra proposta è quella di concedere i domiciliari ai detenuti con più di 70 anni che abbiano da scontare ancora dai 2 ai 4 anni. "Anche qui i magistrati possono decidere per chi ha superato i 70 anni di età di accordare la detenzione domiciliare al posto di quella in carcere", prosegue D'Elia che si dice "deluso da questa uscita di Forza Italia, dopo che nei giorni scorsi aveva manifestato un aperto sostegno alla nostra proposta di liberazione anticipata. Ma poi ha fatto marcia indietro allineandosi al ministro della giustizia Nordio. Così fanno la maggioranza dei forcaioli e dei giustizialisti", attacca.
Secondo D'Elia, al governo "manca la mentalità dell’emergenza, mentre si affida alla cultura della certezza della pena. Si tratta di un'idiozia", prosegue. "Se c’è qualcosa di sicuro nella nostra Costituzione è proprio l'incertezza e la flessibilità della pena. Nel corso dell'estensione la pena si riduce per effetto del buon comportamento, delle misure alternative, dei benefici", spiega.
Per il segretario sono due le misure più urgenti che il governo dovrebbe adottare. In primo luogo, "la liberazione anticipata speciale per dare un ristoro a detenuti e detenenti che durante la pandemia non hanno potuto incontrare in presenza i loro familiari né partecipare ad attività e corsi scolastici", dice. In secondo, "la liberazione anticipata ordinaria. Ad esempio, far passare da 45 a 75 giorni per il rilascio anticipato negli ultimi due anni e mezzo avrebbe consentito di far uscire 5000-6000 persone rispetto alle 14 mila di troppo di ora", osserva. "La proposta di legge di Roberto Giachetti (Italia Viva, ndr) e Rita Bernardini (presidente di Nessuno Tocchi Caino, ndr) prevede proprio questo", dice. "Chiediamo di elevare da 45 a 60 giorni la detrazione di pena per il rilascio anticipato al fine di governare le carceri, mantenere l'ordine ed evitare il collasso del sistema penale".
"Della situazione carceraria attuale – conclude il segretario – non è responsabile il capo del Dap, tantomeno gli agenti ma il ministro della Giustizia. Se chi ha il potere di decidere per via politica e legislativa non fa nulla per scongiurare fenomeni come il trattamento inumano e degradante o la tortura, è responsabile di quei fatti", chiude.