Senza incentivi fiscali il Jobs Act non funziona: contratti -33,7% rispetto al 2015
Nei primi sette mesi dell'anno il numero di assunzioni lavorative ha subito una battuta d'arresto. Stando ai dati diffusi stamane dall'Inps, i nuovi contratti a tempo indeterminato sarebbero diminuiti del 33,7% rispetto allo stesso periodo del 2015, complice il taglio degli incentivi fiscali inizialmente elargiti dal Governo per incentivare la stabilizzazione dei contratti precari. A fronte delle cessazioni di contratto, il saldo positivo è letteralmente crollato, a 76mila unità, segnando -83,5% rispetto al periodo precedentemente analizzato.
Rispetto al Jobs Act, è invece in aumento il ricorso ai voucher, ovvero quello strumento che permette il pagamento di prestazioni lavorative occasionali nato per cercare di arginare il fenomeno del lavoro nero, diffuso soprattutto in certi settori lavorativi come la ristorazione o quello alberghiero: rispetto al 2015, i datori di lavoro hanno comprato circa il 36,2% di voucher in più, per un totale di 84,3%. I dati Inps, quindi, sembrano dipingere un quadro più desolante rispetto alle aspettative: se da una parte sale il ricorso al voucher, e quindi si presuppone un fisiologico calo del lavoro nero, dall'altra parte però il crollo registrato dal numero di assunzioni a tempo indeterminato in seguito al taglio degli incentivi fiscali previsti dal Jobs Act disegna una prospettiva assai deludente in ottica di stabilizzazione dei lavoratori precari.
Tra gennaio e luglio 2016 sono state eseguite complessivamente 3 milioni e 428mila assunzioni, di cui 408mila sono relative ai soli lavoratori stagionali assunti per il periodo estivo. Rispetto al 2015, dunque, il numero totale di assunzioni cala del 10%. Andando ad analizzare, invece, il tipo di assunzioni fatte, si evince che il numero di contratti a tempo indeterminato è crollato del 33,7% rispetto al 2015, segnando un calo pari a 379mila unità. Rispetto allo scorso anno, la decontribuzione integrale dei contributi a carico del lavoratore si è ridotta enormemente: se l'anno scorso i datori di lavoro potevano usufruire di uno sconto fiscale piuttosto consistente, da gennaio 2016 la decontribuzione è calata toccando i 3.250 euro annui. Il crollo, dunque, sembra confermare l'ipotesi che tempo addietro avanzarono numerosi economisti e politici di ogni schieramento: gli effetti benefici sul numero di assunzioni del primo anno di entrata in vigore del Jobs Act erano viziati dall'elargizione di incentivi fiscali e non frutto della flessibilità in uscita che permetteva di assumere lavoratori più facilmente licenziabili.
Rispetto al 2015, il numero di contratti a tempo determinato, invece, è rimasto pressoché invariato a 2 milioni e 143mila unità, segnando un +0,9%. Il saldo tra i contratti a tempo indeterminato e il numero di cessazioni rimane comunque positivo, anche se inferiore non solo rispetto al 2015, ma anche al 2014, anno in cui i gli incentivi fiscali per la conversione al Jobs Act non esistevano ancora. Per quanto riguarda i contratti di apprendistato, aumentano del 15,4%, mentre quelli stagionali registrano una riduzione del 9%.