Migranti in Albania, ora il governo rischia un altro flop: attesa per la sentenza sui trattenimenti
Si avvicina ancora una volta il momento della verità, per i centri migranti costruiti in Albania su volontà del governo Meloni. Il 26 gennaio, dopo alcuni giorni di selezione, la nave della Marina militare Cassiopea ha fatto rotta verso l'Albania: trasportava 49 migranti, scelti perché uomini maggiorenni, senza particolari problemi di salute o condizioni di fragilità, provenienti da Paesi considerati sicuri e senza documenti.
Nei giorni successivi sono emerse le ormai ‘solite' problematiche, con sei persone rimandate in Italia perché non rispettavano i criteri. E domani, venerdì 31 gennaio, arriverà la sentenza decisiva che dovrà convalidare o meno il trattenimento dei 43 rimasti.
Perché sei migranti sono già tornati in Italia dai centri in Albania
Tra le persone arrivate al centro di Shengjin, cinque erano tornate subito in Italia perché quattro erano minorenni e uno era una persona fragile, vittima di tratta. Questo ha messo in evidenza i limiti della procedura, denunciati a Fanpage.it dalla deputata del Pd Rachele Scarpa: tra le altre cose, la selezione era stata svolta senza l'assistenza dell'agenzia Onu per le migrazioni.
Oggi c'è stata un'altra partenza. Un uomo del Bangladesh è stato portato in Italia perché durante la sua audizione per la richiesta di asilo sono emersi dei fatti che richiedono altri approfondimenti. Insomma, non deve essere sottoposto alle procedure accelerate e potrà ricevere la procedura ordinaria.
Meno fortunati gli altri 43 rimasti. Le loro audizioni per la richiesta d'asilo – svolte con la procedura rapida, appunto – hanno portato a un diniego per tutti. Il Tavolo asilo e immigrazione ha denunciato che i migranti "non hanno potuto farsi assistere da un legale né sono stati messi in grado di prepararsi per le audizioni con adeguata informazione legale", una procedura "di fatto illegittima per l'assenza delle tutele previste dalla normativa in vigore".
Ora gli interessati avranno sette giorni di tempo per fare ricorso. Ma l'appuntamento più pesante, perlomeno dal punto di vista politico, è quello di domani.
Attesa per la sentenza sui trattenimenti
Entro il pomeriggio di venerdì 31 gennaio (a 48 ore dall'arrivo ufficiale in Albania) i giudici dovranno convalidare o meno il trattenimento. Questo è il passaggio in cui finora i tentativi di far funzionare il protocollo Italia-Albania si sono sempre fermati. In tutti i casi precedenti i giudici non hanno convalidato il trattenimento, e le persone migranti sono state portate in Italia.
Il motivo è che nonostante queste persone venissero da persone che l'Italia considera ‘sicuri' (a seguito di un decreto del governo Meloni), i giudici avevano stabilito che gli Stati di provenienza non erano sicuri per loro, nelle loro condizioni specifiche. Perciò, dato che le procedure rapide si possono applicare solo a chi viene da un Paese sicuro, e nei centri albanesi può essere trattenuto solo chi riceve le procedure rapide, i migranti erano tornati in Italia.
Perché il governo Meloni rischia di ritrovarsi di nuovo i centri vuoti
Questa volta le premesse sono simili. Innanzitutto, i 43 migranti rimasti in Albania vengono tutti da Bangladesh o Egitto, come nei casi precedenti.
Poi ci sono i giudici incaricati di prendere la decisione. Il governo Meloni ha varato un decreto appositamente per spostare la competenza dalla sezione Immigrazione del Tribunale di Roma alla Corte d'appello della capitale.
Ma l'esecutivo non ha stanziato risorse o personale in più per accompagnare questo cambiamento, e quindi la norma si è rivelata inutile. La Corte d'appello di Roma è sovraccarica di lavoro e a corto di magistrati, tanto più specializzati nella materia. Perciò, il suo presidente ha chiamato a occuparsi della questione proprio i giudici della sezione Immigrazione. Insomma, si è tornati da capo.
E poi c'è la normativa di riferimento. Nei casi passati, i giudici italiani hanno applicato la direttiva europea che prevede che i magistrati abbiano un margine di discrezionalità per stabilire se un Paese è sicuro oppure no, a prescindere da ciò che dice il governo. La Corte di Cassazione si è già espressa sulla questione, ma la sentenza ben più attesa – che potrebbe dare un chiarimento definitivo – è quella della Corte di giustizia europea. Arriverà il 25 febbraio, tra meno di un mese. Ma il governo Meloni ha deciso di accelerare i tempi, quindi al momento non c'è nessuna novità di peso per i giudici da tenere in conto.
Insomma, il verdetto non è ancora scritto, ma ci sono le premesse perché i magistrati boccino ancora una volta i trattenimenti e le persone portate in Albania debbano tornare in Italia – sempre su una nave della Marina militare usata appositamente per lo scopo. Se dovesse andare così, è probabile che il governo attaccherà ancora una volta i giudici. Ma, come spiegato, se la sentenza sarà questa non si potrà dire che non fosse prevedibile.