Sea Watch, perché i giudici hanno liberato la comandante Carola Rackete
La comandante della Sea Watch, Carola Rackete, torna libera. Il gip non ha convalidato l’arresto della donna che ha guidato la nave della Ong tedesca decidendo di forzare il blocco della Guardia di finanza e approdare nel porto di Lampedusa con i 40 migranti soccorsi nel Mediterraneo 15 giorni prima. Il gip di Agrigento, Alessandro Vella, ha escluso il reato di resistenza e violenza a nave da guerra, venendo pesantemente attaccato dal ministro dell'Interno, Matteo Salvini. Secondo il giudice, inoltre, il reato di resistenza a pubblico ufficiale sarebbe giustificato per quella che viene definita una scriminante, legata al fatto che Rackete ha dovuto adempiere “a un dovere”, quello di salvare vite umane in mare. In sostanza, la comandante della Sea Watch è tornata libera perché il gip ha deciso che la misure degli arresti domiciliari non è più valida.
Il reato di resistenza a nave da guerra non sussiste
Il gip di Agrigento ha ritenuto che il reato di resistenza a nave da guerra non sussiste perché la motovedetta della Guardia di finanza che la comandante della Sea Watch ha speronato non si può considerare una nave da guerra. Per quanto riguarda il reato relativo alla resistenza a pubblico ufficiale, come detto, l’accusa è caduta per il fatto che la comandante ha dovuto adempiere al dovere di salvare la vita dei migranti. La decisione del giudice prende in considerazione anche un altro aspetto, ovvero il fatto che il decreto sicurezza bis – voluto con forza da Matteo Salvini – “non è applicabile alle azioni di salvataggio in mare”, come è avvenuto nel caso della Sea Watch, che ha salvato 53 migranti nel Mediterraneo due settimane prima di riuscire a farli sbarcare nel porto di Lampedusa.
Sea Watch, nessuna violazione del dl sicurezza bis
Per quanto riguarda il decreto sicurezza bis, il gip di Agrigento ritiene che non sia applicabile in questi contesti perché è “riferibile solo alle condotte degli scafisti”. Altro aspetto analizzato è quello riguardante la decisione di attraccare a Lampedusa: una scelta, da parte di Carola Rackete, non “strumentale, ma obbligatoria”. Poiché i porti della Libia e della Tunisia non sono ritenuti porti sicuri. La procura è invece dell’avviso che non ci fosse “lo stato di necessità”, oltre a ritenere che l’impatto tra la nave dell’Ong e la motovedetta della Guardia di finanza sia stato “volontario”. Ieri il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, aveva spiegato: “È stata valutata negativamente, in maniera volontaria, la manovra effettuata con i motori laterali della Sea Watch che ha prodotto lo schiacciamento della motovedetta della Guardia di finanza verso la banchina. Questo atto è stato ritenuto, da noi, fatto con coscienza e volontà”.
Il provvedimento di allontanamento di Carola Rackete
Rimane in sospeso la questione del provvedimento di allontanamento di Carola Rackete dall’Italia, annunciato dal ministero dell’Interno e dallo stesso titolare del Viminale, Matteo Salvini, ma che non avverrà prima del 9 luglio. Questo provvedimento, infatti, dovrà essere convalidato dall’autorità giudiziaria e non dovrebbe essere eseguito prima di quella data, quando – secondo quanto previsto – la comandante della Sea Watch dovrà essere interrogata dalla procura di Agrigento che indaga su di lei per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Questa sera, in commissione Antimafia, lo stesso Patronaggio ha commentato la sentenza: “Carola Rackete è libera. Ciò evidenzia quanto sia difficile muoversi in una materia che sconta forti tensioni politiche, in cui qualunque decisione uno prenda si ha sempre paura di sbagliare”.