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Sea Watch, Carola Rackete si rifiuta di replicare a Salvini e annuncia: “Pronta a tornare in mare”

La comandante della Sea Watch, Carola Rackete, si rifiuta di rispondere alle parole e agli insulti dell’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, spiegando che “bisogna interrompere la retorica dell’odio”. Inoltre, Rackete annuncia di essere pronta a tornare in mare per salvare migranti: “Se mi chiamassero di nuovo andrei immediatamente”.
A cura di Stefano Rizzuti
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Nessuna risposta a Matteo Salvini. La comandante della Sea Watch, che con l’ex ministro dell’Interno si è scontrata per giorni, Carola Rackete, intervistata durante la trasmissione Piazza Pulita di La7 si rifiuta di rispondere agli insulti e alle parole pronunciate dal leader leghista nei suoi confronti. La replica di Rackete è semplice: “Di professione faccio l’ecologista, quindi non mi interessa la politica interna italiana”. Rackete ribadisce, poi, che se si troverà di fronte a Salvini non gli dirà nulla: “Le parole portano all’azione e questa è una cosa pericolosa. Bisogna interrompere la retorica dell’odio, una retorica vuota, e bisogna passare all’azione e prevenire questa politica dell’odio”.

La comandante della Sea Watch è pronta a tornare in mare a soccorrere i migranti in difficoltà, nel caso in cui sarà necessario: “Continuo a essere sulla cosiddetta lista d’emergenza di contatti della Sea Watch. Ero stata contattata tre giorni prima di andare in mare in quell'occasione, se mi chiamassero di nuovo andrei immediatamente, sarei pronta ad andare immediatamente”. Poi Rackete torna sui momenti in cui ha preso la decisione di forzare il blocco ed entrare nelle acque territoriali italiane nonostante il divieto: “Non è stata una decisione presa su due piedi, non è stato facile, è stata presa anche di comune accordo con il personale medico. Penso che la sicurezza della vita delle persone venga prima di qualsiasi altra conseguenza personale”.

Carola Rackete afferma di non aver avuto paura in quei momenti, “perché non stavamo agendo contro la legge internazionale”. La comandante della Sea Watch rivolge anche un ringraziamento agli italiani: “Mi piacerebbe ringraziare tutti coloro che hanno mostrato la loro solidarietà nei miei confronti e che hanno sostenuto i migranti. Il vostro sostegno è importante per le Ong”. La cosa principale che ricorda Rackete di quelle notti è “sicuramente una grandissima sensazione di delusione nei confronti dell’Ue”. E racconta: “Il secondo giorno dopo il salvataggio una città tedesca si era detta disposta a farsi carico di tutti i migranti. Per via di una disputa tra il ministero dell’Interno italiano e tedesco non si è raggiunto nessun accordo, quindi è stato impossibile il trasferimento, mettendo a rischio la vita di queste persone”.

I migranti della Sea Watch non sono stati portati in Libia, in quell’occasione, perché “la legge internazionale prevede di portare i migranti in un porto sicuro e i porti libici non lo sono. In Libia vengono violati i diritti umani, ci sono abusi, violenze sessuali. Riportarli in Libia avrebbe significato violare la convenzione di Ginevra sui diritti umani. Lampedusa era il porto sicuro più vicino in cui portare le persone salvate”. Sul tema dell’immigrazione, secondo Rackete, l’Europa dovrebbe “accettare e integrare queste persone nella nostra società”. Infine, Rackete parla del suo futuro e delle sue aspirazioni, partendo dall’idea di occuparsi maggiormente di conservazione dell’ambiente, nella speranza che i governi agiscano per tutelare il nostro pianeta, magari anche spinti da importanti dimostrazioni da parte dei cittadini.

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