A pochi giorni dalle primarie del Partito Democratico e nella diffusa convinzione che a spuntarla sarà Matteo Renzi, l'attenzione è sempre puntata sulle eventuali ripercussioni sul Governo del passaggio di consegne in casa democratica. Le ipotesi in tal senso convergono su due filoni principali: quello del rafforzamento del Governo in relazione ad una convergenza fra Letta e Renzi su una serie di punti vincolanti e quello del cambio di passo piddino e del lento logoramento dell'esecutivo, con la possibilità di andare a votare nel 2014 mettendo fine all'esperienza delle "strane intese".
Dell'avvicinamento che in queste ore starebbe avvenendo tra il Sindaco di Firenze scrive Claudio Tito su Repubblica, parlando di un "piano in tre mosse per costruire l'architrave della nuova maggioranza che sostiene l'esecutivo Letta […] si tratta di una piattaforma che coinvolgerà sia il leader dell'Ncd, Angelino Alfano, sia il capo di Scelta Civica, Mario Monti". L'accordo si fonderebbe sulla proposta del doppio turno alla francese per il superamento del Porcellum e sull'abolizione del Senato (procedimento in realtà molto più complesso), per poi mettere la parola fine "alla Bicamerale dei 40", che finirà "su un binario morto per utilizzare solo la procedura prevista dall'articolo 138 della Costituzione nella sua versione originale". Lo stesso Pippo Civati poi, in una lettera al Foglio, si dice convinto che "se si augura che le larghe intese finiscano presto non è a Matteo Renzi che si deve guardare con simpatia".
Dall'altra parte c'è chi considera una vittoria di Matteo Renzi alle primarie come l'ulteriore tassello alla messa in archivio del Governo Letta. Perché mai infatti il Sindaco di Firenze dovrebbe regalare un anno e mezzo di tempo ad una personalità come Letta, restando a farsi logorare sulla scomodissima poltrona del Nazareno? Perché dovrebbe sostenere un Governo a forte rischio impopolarità, legando la sua immagine ad una serie di compromessi, tatticismi e provvedimenti frutto di mediazioni al ribasso? E soprattutto, perché dovrebbe avallare la sciocchezza della "necessità di partecipare con questo esecutivo" al semestre di presidenza italiana della Ue?"
Per ora ovviamente Renzi non si sbilancia e ripete più o meno le stesse cose di qualche mese fa: pressare il Governo, dettare l'agenda e mettere sul tavolo temi e provvedimenti concreti. Ma nessuno sottovaluta il senso del suo attacco ad Alfano: l'ennesimo atto di un lavoro ai fianchi cominciato all'indomani del pareggio elettorale e finalizzato probabilmente alla "resa dei conti" definitiva con il vecchio gruppo dirigente democratico.