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Se sei ricco, puoi: ecco cosa ci ha insegnato il caso Djokovic

Se ti chiami Mehdi Ali puoi vivere 9 anni in un “hotel pieno di insetti”, se invece sei ricco puoi fare il martire e poi andarti a giocare gli Australian Open.
A cura di Saverio Tommasi
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A me di quello che è stato il caso Djokovic interessa soltanto Mehdi Ali.

Mehdi Ali è un profugo iraniano che da 9 anni vive dentro quell'hotel che la madre del tennista ha chiamato con precisione chirurgica "hotel per immigrati pieno di insetti". Che fa molto "ghetto degli ebrei" o "campo per i rom", no? È così simile il suono e la funzione: relegare, nascondere, mettere da parte.

Mehdi Ali vive in quell'hotel da 9 anni in attesa che si sblocchi un visto. È questo che della vicenda Djokovic mi interessa portarmi dentro e urlare fuori: l'ingiustizia fra i ricchi e i poveri, perché a forza di urlarla trafori i timpani e si faccia ascoltare.

Cosa avete fatto voi negli ultimi 9 anni?
Io ho avuto due figlie, ho fondano una Onlus, ho cambiato casa, ho scritto tre libri, ho realizzato decine di video con Fanpage.it, ho visitato quattro nuovi Paesi nel mondo, ho sciato e ho fatto decine di bagni nel mare.

Ora vi dico cosa ha fatto Mehdi Ali con le sue parole: ha dormito in una stanza guardando il soffitto per la maggioranza del suo tempo. Non è stata una scelta, avesse potuto probabilmente avrebbe fatto più di quello che ho fatto io, o che avete fatto voi.

Mehdi Ali è segregato in quell'hotel "pieno di insetti" (cit.) e in quel Paese che è l'Australia, e se c'è un Cristo in Terra è lui, e non Djokovic di cui il padre rivendica il paragone con la santità: "E' come Gesù, un perseguitato".

Perseguitati sono i poveri, i vulnerati, i richiedenti asilo politico, non i tennisti multimilionari che decidono di non vaccinarsi perché meglio ascoltare un medico radiato con disonore dall'ordine che un milione di medici in tutto il mondo che pubblicano studi scientifici.

Nella famiglia Djocovic credo che solo una persona abbia detto la verità, e cioè la madre del tennista quando ha raccontato la stanza del figlio nell'hotel: "Sporca e piena di insetti".
Io a lei credo perché "gli hotel per immigrati" (cit.) sono quasi sempre così: brutti, fatiscenti e con le piattole che salutano dagli interstizi, ma per molti è tutto normale perché quei tuguri non sono costruiti per i tennisti campioni, ma per gli immigrati sfigati in attesa che si sblocchi un visto. E allora il problema per molti non è rappresentato dal fatto che delle persone sono costrette a viverci per anni; ma il problema è se per tre giorni ci dorme un NoVax bravo a lanciare palline oltre una rete. Solo in quel caso c'è scandalo, altrimenti "va tutto bene Madama La Marchesa".

Un pensiero anche a quella parte politica italiana più incline a ospitare fra le sue fila suprematisti bianchi, e che elogiava "l'Australia che in tema immigrazione non guarda in faccia nessuno".
Invece l'Australia ha guardato molto bene, ha riconosciuto Djocovic in faccia e lo ha lasciato passare. Tenendo alla sbarra soltanto quelli con il portafoglio sgonfio e un cognome meno ingombrante.

Perciò cosa ci ha insegnato il caso Djocovic?

"Se sei ricco, puoi". Come la canzone del Natale, no?

Se sei ricco puoi fare il martire e poi andarti a giocare gli Australian Open da favorito, nella stessa settimana.

Se sei ricco, puoi. Se sei povero, sono fatti tuoi.

9 anni sono quelli che ha trascorso lì dentro Mehdi Ali. Oggi Mehdi ha 24 anni, ed è lì da quando aveva 15 anni. Non ha mai commesso reati e non parteciperà agli Australian Open.

Faccio qualche fatica, quando provo a non pensarci.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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