Se l’accoglienza diventa reato: a Udine volontari sotto accusa per aver aiutato i migranti
Sette volontari della onlus di Udine "Ospiti in arrivo" – che si occupa da quasi due anni di richiedenti asilo – sono stati identificati e risultano indagati dalla polizia con l'accusa di aver commesso in concorso "invasione di terreni o edifici" e "deturpamento e imbrattamento di cose altrui". Tre di loro, due responsabili dell'associazione e un interprete hanno ricevuto l'avviso di garanzia per il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina in Italia "per trane ingiusto profitto", per il quale si rischiano fino a quattro anni di carcere.
Le indagini si riferiscono a fatti accaduti tra la fine del 2014 e il 2015, quando – in particolare nel periodo natalizio – a Udine non c'era una struttura di prima accoglienza, nonostante si tratti di una delle prime città italiane dove arrivano i migranti che percorrono la rotta balcanica. Poiché, spiega la onlus, i profughi erano "costretti a dormire per strada e avevano accesso a un solo pasto al giorno", i volontari hanno iniziato a fornire "quotidianamente assistenza a queste persone, portando pasti caldi e coperte nei luoghi dove trovavano riparo, cioè edifici dismessi, parchi, il sottopasso della stazione ferroviaria: un’informalità obbligata dalle inadempienze istituzionali e sostenuta esclusivamente grazie alle risorse messe a disposizione da privati cittadini e all’opera gratuita dei volontari". Questo è accaduto nell'ex acciaieria Safau, nell’ex sede Amga, nell’area demaniale di via Chinotto, nell’ex caserma Osoppo e nell’ex concessionaria Alfa Romeo, o nel sottopassaggio della stazione di Udine dove, secondo la onlus, sono passate oltre duemila persone. Alcuni migranti sono stati invece accompagnati nella sede della Caritas.
Ai profughi in arrivo veniva dato il numero di cellulare dell'interprete, Ali Zai, e risposte alle "molte domande sull’iter burocratico relativo alla domanda d’asilo: iter che nessuno, al momento dell’ingresso in Italia, sente il dovere di spiegare", spiega Ospiti in arrivo. Tutti questi comportamenti, secondo le indagini, configurano i reati di "invasione di edifici" e di "favoreggiamento della permanenza di stranieri presenti illegalmente in Italia".
Fabrizio Gatti su L'Espresso riporta le parole usate nelle carte della procura "per descrivere come si possa infrangere la legge nell'esercizio della solidarietà":
"Accogliendo e accompagnando circa trenta clandestini afghani presso la Caritas di via Treppo il 29.12.2014", cioè in pieno inverno, nel mezzo delle vacanze tra Natale e Capodanno. E ancora: "Fornendo il proprio numero di cellulare a svariati soggetti al fine di assicurarne la diffusione in capo ai clandestini che arrivavano a Udine o provincia, così venendo da loro contattato al fine di poterne poi organizzare il ricovero presso strutture o altro" e viene riportato un caso del 19 agosto 2014, altro periodo dell'anno in cui gli enti pubblici, che già a Udine fanno molto poco, sono chiusi per ferie. E poi: "Fornendo indicazioni precise su come muoversi in Italia, in particolare per quanto concerne la procedura di riconoscimento dello status di rifugiato politico anche presso la Commissione territoriale di Gorizia, dove lo stesso A. Z. prestava la propria attività come interprete".
Insomma, il reato è stato accompagnare i migranti alla Caritas o dare la propra disponibilità per fornire informazioni a chi arriva dopo viaggi indicibili e senza punti di riferimento su dove andare e come fare domanda d'asilo.
Per quanto riguarda, invece, l'accusa di voler trarre "ingiusto profitto" dalla permanenza di "stranieri illegalmente presenti sul territorio", le indagini si riferiscono alla volontà di essere riconosciuti come associazione e di ottenere la richiesta del cinque per mille. Accuse basate su intercettazioni telefoniche, in cui si sentono i volontari organizzare le notti dei richiedenti asilo.
La notizia delle indagini ha scatenato una mobilitazione, e su Change.org è stata lanciata una petizione che si chiama "Arrestateci tutti", firmata da diverse realtà italiane che ritengono che "in questa operazione di criminalizzazione del volontariato e della società civile vi sia un chiaro disegno politico che a Udine – come in molte altre parti d’Italia – mira ad attaccare le attività di coloro che, con la propria quotidiana, volontaria e gratuita attività, mettono in risalto le inefficienze delle istituzioni" e che "l’atteggiamento persecutorio nei confronti di chi, gratuitamente, sopperisce quotidianamente alle mancanze delle istituzioni, è un attacco diretto al cuore pulsante della società civile".
In un'intervista al Redattore Sociale, la presidente di Ospiti in arrivo, Francesca Carbone, ha spiegato che le accuse che vengono rivolte ai volontari della onlus "potrebbero toccare tutti quelli che sia in Italia, che in Europa, si stanno battendo per questi temi: in quella petizione domani potrebbe esserci scritto Baobab o Ventimiglia o il nome di altre persone che si sono attivate dal basso, ma anche di tutto quel terzo settore che in questo momento va a colmare le lacune delle istituzioni sul tema delle migrazioni".
In effetti, ci sono già stati altri casi simili. Ad esempio in Grecia dove a gennaio sull'isola di Lesbo due volontari del'organizzazione Team Humanity e tre spagnoli dell'associazione ProemAid sono stati arrestati per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina dopo aver soccorso un'imbarcazione in avaria. Senza andare troppo lontano, una decina di giorni fa a Roma si è cercato di sgomberare la tendopoli del Baobab su via Tiburtina, che opera da mesi per strada su base volontaria, in assenza di un centro e di risposte dalle istituzioni. In quell'occasione la nota della Questura sull'operazione spiegava che era "in valutazione la condotta dei responsabili della tendopoli per le violazioni di legge a loro ascrivibili".
Negli ultimi tempi in Italia si parla spesso di "accoglienza dal basso": cittadini, volontari che si autorganizzano per aiutare i migranti che arrivano nel nostro paese ad avere un posto dove stare, qualcosa da mangiare o con cui coprirsi, sopperendo alle mancanze delle amministrazioni. Esperienze che, però, invece di essere valorizzate, vengono vessate. Il più delle volte, infatti, di queste realtà si parla perché rischiano sgomberi, vengono coinvolte in operazioni di polizia o perché denunciano l'assenza di dialogo con le istituzioni. Nel caso di Udine si è andati ancora oltre, utilizzando il codice penale per soffocare quello che in fondo non è che l'adempimento di un dovere di solidarietà.
Quello che sembra essere completamente ignorato in tutti questi casi è che se nascono le tendopoli è perché non esistono centri, se i volontari si autorganizzano è perché non ci sono progetti, e se gli edifici o i terreni vengono "invasi" è perché non vengono concessi. Se c'è un reato, insomma, è occupare il vuoto delle istituzioni.