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Opinioni

Se avessimo ascoltato i no global, il mondo sarebbe un posto migliore. E Carlo Giuliani sarebbe vivo

Sarebbe voluto andare al mare, quel giorno Carlo Giuliani. L’autopsia rilevò che sotto la tuta aveva il costume da bagno. Poi la Polizia strappò gli orecchini dai lobi delle orecchie delle ragazze, e picchiò i pacifisti. Carlo Giuliani vide quello che vedemmo tutti, e decise di resistere a modo suo.
A cura di Saverio Tommasi
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Piazza Alimonda, a Genova, ribattezzata Piazza Carlo Giuliani, ragazzo
Piazza Alimonda, a Genova, ribattezzata Piazza Carlo Giuliani, ragazzo

Sono passati 23 anni dal G8 di Genova, quando volevamo cambiare il mondo e il mondo poi ha provato a cambiare noi.

Oggi sono passati 23 anni da quando Carlo Giuliani fu ucciso in piazza Alimonda, da dove passava ogni giorno, per diciotto mesi, per raggiungere il servizio civile che svolgeva ad Amnesty International. Aveva scelto di non sparare, Carlo. Aveva scelto di non fare il militare e spararono a lui, in quella stessa piazza.

Carlo Giuliani non era un eroe. Era un ragazzo come me, come te. Un ragazzo che quel giorno aveva voglia di salsedine e sole, e invece fu ucciso in piazza Alimonda. Aveva 23 anni, Carlo Giuliani, esattamente quanti ne sono passati da quel 20 luglio del 2011. Oggi ne avrebbe avuti 46, gli è stata tolta una vita intera.

A te che mi leggi, a te che in questi anni le televisioni hanno raccontato una valanga di bugie, io oggi voglio raccontarti chi era Carlo, che quel giorno aveva un anno più di me, e oggi io ne ho 23 in più di lui.
Te lo racconto perché oggi non ho niente da fare, che farmi male. Come quando hai una ferita aperta e lei sanguina, ma non hai voglia di metterci un cerotto e non pensarci più. Te lo racconto perché avevamo ragione, ce l'abbiamo sempre avuta: la memoria è un ingranaggio collettivo, era uno slogan che usammo molto negli anni seguenti al G8 di Genova. Io ci credo ancora, per questo te ne parlo.

Inizio da qui, ma è un inizio a caso: faceva caldo, quel giorno a Genova. E gli anziani rimasti in città ci bagnavano con gli idranti, dalle finestre, per rinfrescarci. Noi dalle strade applaudivamo e dicevamo grazie. C'ero anch'io, sì, c'ero proprio fisicamente.

Il presidente del Consiglio era Silvio Berlusconi, che nei giorni prima aveva detto "non stendete le mutande alle finestre, per decoro". E nel frattempo rassicurava la Polizia che sarebbe stata libera di agire come avrebbe voluto. E la Polizia, e i Carabinieri, fecero infatti tutto quello che volevano.
Alcuni, anni dopo, hanno chiesto scusa. A pochissimi oggi va di parlare di questa storia. La maggioranza è sempre stata zitta, ed è stata promossa ai più alti vertici dello Stato.

Quando uccisero Carlo Giuliani una funzionaria di polizia, sulla radio di servizio – abbiamo la telefonata registrata, non ti sto inventando storie – esultò soddisfatta con il collega: "1-0 per noi", e lui rispose "che simpatica". Poi entrambi risero e lei aggiunse "speriamo muoiano tutti". E risero di nuovo, una poliziotta e un poliziotto, mentre il sangue di Carlo Giuliani, a terra, diventava nero.

Camionette della polizia e poliziotti in assetto antisommossa
Camionette della polizia e poliziotti in assetto antisommossa

Oggi il G8 di Genova è uscito dal discorso pubblico, non fa parte delle lezioni di storia. Chi è giovane oggi in quei giorni non era nato, ma soprattutto avevamo troppa ragione perché oggi se ne parli. Sospesero la democrazia, in quei giorni, per spezzare quell'esperienza. "La più grave violazione dei diritti umani dalla fine della Seconda guerra mondiale", disse Amnesty International, riferendosi al comportamento delle Forze dell'ordine in quei giorni.

Genova 2001 furono centinaia di seminari e incontri pubblici, in cui il primo enorme Movimento della Storia, chiese di abolire il debito pubblico ai Paesi del terzo mondo, di sospendere i brevetti sui farmaci nei Paesi più poveri, principalmente per affrontare le malattie epidemiche nei Paesi più vulnerati e schiacciati dalla fame. Discutemmo una tassa sulle speculazioni finanziarie, nei seminari parlavamo di ambiente, di acqua come risorsa primaria, di economia circolare; una critica radicale fu rivolta verso lo strapotere della Banca Mondiale, del Fondo monetario internazionale e dell'Organizzazione mondiale per il commercio. Affermammo che tutte le persone avevano gli stessi diritti, che la guerra e il terrorismo rappresentavano una catastrofe, che spostarsi per cercare una vita migliore doveva essere un diritto.
Furono bellissimi quei giorni preparatori in cui approfondivamo i nostri sogni. Non eravamo degli sprovveduti, anche se sognavamo forte. Avvenne la stessa cosa a Firenze, l'anno dopo. Avevamo visto il Re nudo, e stavano iniziando a vederlo tutti. Stavamo per farcela, le persone iniziavano a guardarsi intorno in modo differente, avevamo iniziato a mettere nella cassetta degli attrezzi le viti per un mondo diverso.

Il 20 luglio 2001, a Genova accadde però qualcosa.
Le forze dell'ordine permisero ai black block di sfasciare la città. Incendiare quello che desideravano. Rompere tutte le vetrine che gli passavano a tiro. E poi decisero di picchiare i ragazzi come me e come te. I ragazzi delle parrocchie, seduti con le braccia alzate e le mani dipinte di bianco, mentre gridavano: "No violenza! No violenza!" furono quelli che ricevettero le botte più forti.
Una delle cariche più violente fu quella contro la Rete Lilliput, più pacifisti di loro non c'era nessuno. E fu da quella carica in poi, che Carlo Giuliani cambiò il programma della sua giornata.

Forze dell'ordine a Genova durante il G8
Forze dell'ordine a Genova durante il G8

Sarebbe voluto andare al mare, quel giorno Carlo Giuliani. L'autopsia rilevò che sotto la tuta di colore blu in cotone acetato, indossava "pantaloncini sportivi in materiale sintetico di colore rosso", cioè un costume da bagno come il mio, o il tuo. Noi nati alla fine degli anni '70 abbiamo la fissa dei pantaloncini.

Carlo Giuliani vide quello che vedemmo tutti, quel giorno. La sopraffazione delle forze dell'ordine contro il Movimento dei movimenti. Le cariche contro gli inermi, neanche degli anziani ebbero pietà, quel giorno furono sbattuti a terra. E così Carlo Giuliani – che non era un eroe – decise di resistere a modo suo, buttandosi nel mezzo.

Ragazzo, ragazza, ascoltami bene: le cose erano meno chiare di oggi; avevano creato una confusione per cui ogni scelta era difficile, c'era l'odore dei gas lacrimogeni, gli occhi lacrimavano, i telefoni cellulari non prendevano, e comunque molti di noi neanche ne avevano uno. Volevamo cambiare il mondo ed eravamo costretti a correre da una parte all'altra, non capivamo perché – avendo così tanta ragione – dovevamo fuggire. Nasconderci e prendere le botte. Non era giusto, capisci ragazzo, ragazza?

Carlo Giuliani era avventato, indeciso, irresoluto, lo dicono i suoi amici storici, non era un eroe, però di cose buone ne aveva fatte. Due settimane prima di essere ucciso diventò volontario di Anlaids, l'associazione per la lotta contro l'Aids.
Un suo amico racconta: "Mi ero separato dalla mia compagna, avevamo una figlia, Carlo le aveva prese in casa ed era affezionato a quella bambina come un padre. Quando andavo a trovarla, lui mi diceva: ‘in camera togliti le scarpe, non voglio che lei respiri i germi'.
È sempre il suo amico che racconta: "Dieci giorni fa Carlo mi chiamò per dirmi che la bambina gli era corsa incontro chiamandolo "Cao", cioè Carlo. Avessi trovato un milione per terra – mi aveva detto al telefono – non sarei stato così felice".

Carlo Giuliani aveva un soprannome, questo non te l'hanno mai detto, vero? Te lo dico io: gli amici lo chiamavano "Titti", come il canarino dei cartoni animati, per quella sua aria un po' spaurita.

Manifestanti durante il G8 di Genova
Manifestanti durante il G8 di Genova

Carlo Giuliani non era un eroe, e anche quel giorno era indeciso se andare al mare con un amico, o partecipare alla manifestazione.
Nel documentario di Cristina Comencini, Haidi Giuliani afferma che secondo la ricostruzione fatta con gli amici del figlio, Carlo aveva proprio questo dubbio: spiaggia sì o spiaggia no? Decisero per la manifestazione vedendo gli scontri; entrambi a volto scoperto, lui e l'amico, vengono fotografati in corso Torino mentre parlano con alcuni dimostranti, alcune ore prima di piazza Alimonda.
Poi attraversano la galleria di corso Sardegna, salgono per la scalinata Montaldo e giungono a piazza Manin. È qui che la polizia carica i manifestanti pacifisti della Rete Lilliput, ed è in questo momento che Carlo Giuliani e l'amico si perdono di vista.
Carlo a questo punto riceve una telefonata da un altro amico e si danno appuntamento in corso Sardegna, per pranzare al bar Motta, che però trovano chiuso. Allora comprano una focaccia lì vicino, siamo pur sempre a Genova, no? Alle 16:30 si dirigono in via Tolemaide, dove si stanno scontrando Forze dell'ordine e Tute Bianche. Qui l'amico perde di vista Carlo Giuliani.

Spostiamoci per un momento in via Caffa, lateralmente al corteo. I carabinieri della compagnia "Sicilia" effettuano lì un tentativo di carica, poi si ritirano. È in questo momento che una Land Rover Defender con tre carabinieri a bordo, facendo manovra per seguire la ritirata, rimane apparentemente bloccata contro un grosso cassonetto per rifiuti. Uno degli ufficiali responsabili del reparto riconoscerà, vedendo i filmati, che il proprio reparto lanciò dei sassi in direzione dei manifestanti. Ed è qui che ritroviamo Carlo Giuliani, durante l'assalto alla camionetta. Un carabiniere, dall'interno, secondo le sue stesse dichiarazioni, estrae e punta la propria pistola d'ordinanza verso i manifestanti. Poi spara due colpi. Un colpo raggiunge lo zigomo sinistro di Carlo Giuliani, che morirà nei minuti successivi. Non subito. Questo particolare è importante perché il Defender della polizia passerà sopra il suo corpo due volte, la prima volta in retromarcia, la seconda a marcia avanti. Tutta la sequenza è registrata nei filmati degli operatori presenti sul posto. Carlo Giuliani era ancora vivo quando il Defender passò sopra di lui. Hanno trovato la presenza di sangue nelle vie aeree, con segni di aspirazione bronchiale, significa un'attività respiratoria anche dopo il ferimento da arma da fuoco. In alcune immagini si vede anche uno zampillo di sangue che esce dal foro del proiettile, anche questo confermerebbe la presenza di attività cardiaca dopo lo sparo.

Dopo l'uccisione di Carlo Giuliani avvengono fatti inquietanti. La sorella Elena racconta di aver telefonato a Carlo, sul cellulare, intorno alle 19. Carlo era già morto. Le risponde una persona che le chiede con chi stesse parlano, e quando lei si presenta dicendo "sono la sorella di Carlo, il proprietario del cellulare", la voce mente dicendo che Carlo era accanto a lui ma in quel momento c'era molta confusione e non poteva rispondere, che chiamasse più tardi. Le dice proprio così: "Chiama più tardi".
Sono i minuti in cui viene fabbricata la tesi del sasso, la conosci? Secondo questa prima ricostruzione, a opera delle Forze dell'ordine, fu un sasso lanciato da un manifestante, a uccidere Carlo Giuliani. Uno dei responsabili delle Forze dell'ordine, c'è un filmato che lo mostra bene, urla addirittura contro un manifestante:
"Bastardo! Lo hai ucciso tu, lo hai ucciso! Bastardo! Tu l'hai ucciso, col tuo sasso, pezzo di merda! Col tuo sasso l'hai ucciso! Prendetelo!" e finge un inseguimento. Il ragazzo, impaurito, scappa. Lui non c'entrava niente.

La notizia che voleva le forze dell'ordine estranee alla morte di Carlo Giuliani viene smentita verso le 21.
La famiglia di Carlo Giuliani viene avvertita solo dopo che in televisione cominciarono a circolare le foto dell'agenzia stampa Reuters, che smentiscono le prime notizie diffuse che riguardavano la morte di un manifestante spagnolo.

Alcune ferite riportate da Carlo Giuliani, che trovano conferma nell'autopsia, non hanno una spiegazione ufficiale. In particolare la ferita lacero-contusa frontale. La ferita c'è, la evidenziano le foto della polizia scientifica, però il passamontagna all'altezza della fronte è intatto. L'ipotesi avanzata da indagini indipendenti, è che sul corpo di Carlo Giuliani siano state effettuate delle manipolazioni per avvalorare la tesi del "sasso del manifestante che lo ha ucciso". Non abbiamo una tesi ufficiale, però accanto al viso di Carlo qualcuno adegerà un sasso sporcato di sangue. Come se quel sasso fosse stato usato dopo, per colpire la testa di Carlo. Capisci, ragazzo, cosa voglio dire?
Secondo indagini indipendenti, questo spiegherebbe anche il comportamento delle forze dell'ordine, che secondo alcune immagini e le dichiarazioni del fotografo francesce Bruno Abile, hanno poi pestato Eligio Paoni, l'altro fotografo che per primo scattò le foto ravvicinate al corpo di Giuliani, e che andarono perse insieme alle sue macchine fotografiche: distrutte nel pestaggio.

Ragazzo, ragazza, è molto difficile raccontarti tutto questo, perché io c'ero, e dopo Genova non sono stato mai più lo stesso.

Sai cosa raccontarono, prima del G8? Che i manifestanti si stavano preparando riempiendo palloncini di sangue infetto, per farli volare sopra le forze dell'ordine e poi farli scoppiare con una cerbottana. Raccontarono tante bugie, su noi che volevamo soltanto cambiare il mondo, in quei giorni. E continuano a raccontarle anche oggi, e noi, alcuni di noi, continuano però a sognare forte.
Comunque la storia è semplice: non ci fu sangue infetto, a Genova. L'unico sangue che abbiamo visto è stato quello uscito dalla testa dei manifestanti picchiati dalla polizia, mentre le forze dell'ordine lasciavano i black bloc devastare la città.
Poi la notte la polizia fece irruzione nelle scuole, mentre i ragazzi come te e come me dormivano, e completarono il massacro. Il sangue in terra, il sangue alle pareti, il sangue ovunque.

Successe questo, in quei giorni, a Genova.

Poi le molotov sequestrate alla scuola diaz, che invece furono portate lì dalla stessa Polizia, per legittimare quella che venne chiamata la "mattanza messicana nella scuola". È un fatto provato, c'è stato un processo, non è una mia ricostruzione.
Il poliziotto che dichiarò di aver ricevuto una coltellata entrando nella scuola Diaz, poi fu accertato che non era stata una coltellata, e la divisa se l'era probabilmente strappata da solo. Questo lo sapevi?

Ragazzo, ci hanno sempre mentito.

Portarono i manifestanti in caserma, quel giorno. Urlarono "ti stupriamo" nelle orecchie delle donne. Strapparono gli orecchini dai lobi delle orecchie delle ragazze. Ad alcuni divaricarono così tanto le dita delle mani da spezzare loro i tendini.
Silvio Berlusconi, allora capo del Governo, oggi il suo nome accoglie le persone che arrivano all'aeroporto di Malpensa, riassunse quei giorni così: "Un bilancio positivo, abbiamo lavorato bene".

Carlo Giuliani era un ragazzo che quel giorno aveva deciso di andare al mare. Non voleva andare in piazza, Carlo. Si trovò lì, probabilmente vide quello che in tanti altri abbiamo visto e reagì, raccogliendo un estintore da terra. E' questa l'immagine che le televisioni ti hanno mostrato, ragazzo, ragazza. Non ti hanno mai raccontato cosa c'era intorno.
Se Carlo fosse stato un violento si sarebbe salvato, come si salvarono tutti i violenti, a Genova.
Massacrarono i ragazzi come te e come me, quel giorno. Per questo ti dico che anche se tu ora pensi "io un estintore in mano non l'avrei preso" io ti dico che è la stessa cosa che penso anche io, ma chissà, in quel momento, in quella piazza, cosa avremmo fatto, io e te.

Carlo Giuliani non era un eroe. Era un ragazzo come me, come te. Un ragazzo che quel giorno aveva voglia di salsedine e sole, e invece morì in piazza Alimonda.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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