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Scuola, sui nuovi programmi di Valditara nessun confronto: la protesta di associazioni e sindacati

Il ministero dell’Istruzione e del Merito avrebbe avviato la riforma delle Indicazioni Nazionali senza un reale confronto con la comunità scolastica. Sindacati e associazioni denunciano infatti un’impostazione ideologica e poco inclusiva, che rischia di compromettere “autonomia e pluralismo educativo”.
A cura di Francesca Moriero
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Mentre si avvicina l'entrata in vigore delle nuove Indicazioni Nazionali per la scuola, volute dal ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara e previste per l'anno scolastico 2027-2028, cresce la preoccupazione da parte di associazioni, sindacati e rappresentanze studentesche. Il percorso che dovrebbe portare a una riformulazione condivisa dei traguardi formativi e della visione culturale ed educativa della scuola italiana appare infatti, al momento, segnato da un confronto parziale e sbilanciato. Un processo che, soprattutto per quanto riguarda le scuole secondarie di primo e secondo grado, sembra essersi svolto senza un reale coinvolgimento della comunità scolastica.

Una consultazione parziale e frammentaria

Oggi, 17 aprile si è chiusa ufficialmente la fase di consultazione per il primo ciclo di istruzione, molte scuole, però, lamentano di non aver avuto il tempo né gli strumenti per "contribuirvi in modo significativo". La consultazione si sarebbe infatti limitata alla compilazione di un questionario online, prorogato di una sola settimana dal ministero dell'Istruzione e del Merito, che non avrebbe previsto spazi di dibattito pubblico né occasioni di confronto strutturato. Il documento, destinato a raccogliere osservazioni e suggerimenti, ha suscitato così diverse perplessità tra dirigenti scolastici e docenti, anche per la natura dei quesiti proposti, ritenuti da molti poco adatti a restituire la complessità delle realtà scolastiche e dei bisogni educativi attuali. Per le scuole secondarie, la situazione è ancora più incerta: la bozza delle nuove Indicazioni non è stata infatti ancora resa pubblica e, ad oggi, non risulta avviata alcuna fase di consultazione effettiva. Di fatto, quindi, ampie parti del sistema scolastico non hanno avuto la possibilità di esprimersi né di partecipare alla costruzione di un documento che influenzerà profondamente tutta l'organizzazione didattica dei prossimi anni.

Il ruolo delle Indicazioni Nazionali nella scuola italiana

Le Indicazioni Nazionali non sono semplicemente un insieme di linee guida operative; si tratta di un testo fondativo che definisce traguardi, contenuti e l'approccio pedagogico dell'intero sistema scolastico. Per questo motivo, le versioni precedenti,  quella del 2012 e l'aggiornamento del 2018 con il documento Indicazioni nazionali e nuovi scenari, sono state elaborate attraverso un processo lungo, aperto e partecipato, in dialogo con le scuole, le università e le associazioni professionali. Queste Indicazioni avevano messo al centro il concetto di complessità, riconoscendo il valore della cittadinanza globale, dell'educazione alla sostenibilità e del pluralismo culturale. Ora invece, secondo i promotori dell'appello rivolto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, questa impostazione rischia di essere radicalmente modificata, a favore di una visione più "prescrittiva, semplificata e identitaria".

Le criticità sollevate da associazioni e sindacati

In una lettera indirizzata al Quirinale, sottoscritta da associazioni come ActionAid, Flc Cgil, Legambiente Scuola e Formazione, Cidi, Rete Studenti Medi e Unione degli Studenti, si denuncia infatti un netto arretramento rispetto alla qualità pedagogica delle attuali Indicazioni. Le nuove proposte, sostengono i firmatari, appaiono segnate da un'impostazione prescrittiva e centralizzante, con contenuti dettagliati e metodologie didattiche vincolanti, che rischiano di compromettere la libertà di insegnamento e l'autonomia scolastica. Particolarmente controversa è anche l'enfasi posta sulla cultura occidentale, ritenuta "l'unica depositaria della storia", una formulazione che, secondo le associazioni, marginalizza altre culture e ignora la dimensione interculturale e pluralista della scuola contemporanea. L'attenzione alla "personalizzazione" dell'insegnamento, se non adeguatamente bilanciata da una prospettiva realmente inclusiva, potrebbe inoltre rafforzare le disuguaglianze, anziché combatterle.

"Purtroppo, l'attuale proposta di revisione ci appare come un netto arretramento sul piano pedagogico e culturale" si legge nella lettera, "pur riconoscendo la necessità di riqualificare il sistema scolastico e il fare scuola per migliorare i risultati formativi, riteniamo che l'abbandono del paradigma della complessità a favore di una visione semplificata e fortemente etnocentrica e identitaria non risponda ai bisogni formativi del nostro tempo. Colpisce l'affermazione secondo cui ‘solo l'Occidente conosce la storia', che riduce e marginalizza le altre culture, le loro conoscenze e i loro contributi alla storia. Un simile approccio, oltre a essere anacronistico, appare pericolosamente divisivo in una scuola che oggi è abitata da studenti con storie, origini e identità differenti".

"A ciò si aggiunge un'impostazione fortemente prescrittiva. Il testo propone contenuti dettagliati e metodologie didattiche vincolanti, segnando un ritorno alla ‘scuola del programma' e minando in profondità la libertà di insegnamento garantita dall'articolo 33 della Costituzione, nonché le prerogative dell'autonomia scolastica", continua la lettera, "l'enfasi posta sui talenti individuali e sulla personalizzazione dell'apprendimento, non adeguatamente bilanciata da un'attenzione al principio dell'individualizzazione e alla necessità di garantire a tutte e a tutti il raggiungimento degli stessi traguardi di competenza, ci induce a ritenere che il testo elaborato dalla Commissione presenti un'impostazione profondamente anti egualitaria. Un'impostazione questa che rischia di allontanare le comunità educanti dall'attenzione a pratiche educative realmente inclusive e coerenti con i valori di giustizia, equità e solidarietà sanciti dalla nostra Costituzione".

Valditara: "Riscoprire le radici, recuperare la conoscenza"

A sostenere con fermezza la necessità della riforma è lo stesso ministro dell'Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che in più occasioni ha denunciato un progressivo declino delle competenze linguistiche e storiche degli studenti. Un fenomeno che, a suo dire, sarebbe imputabile allo "spontaneismo espressivo" e a certe "derive pedagogiche" che avrebbero indebolito la trasmissione del sapere. Per questo, secondo il ministro, i nuovi programmi dovrebbero !restituire centralità alla grammatica, al latino, alla geografia e alla scrittura in corsivo, promuovendo una maggiore attenzione al merito e alla responsabilità individuale". Nel suo discorso, Valditara ha inoltre sottolineato la necessità di riscoprire l'identità culturale del Paese, sostenendo che in una società aperta è fondamentale "sapere chi siamo", altrimenti "altri riempiranno il vuoto che lasceremo". Un richiamo all'Occidente, ripreso anche nella lettera inviata al presidente Mattarella, che ha suscitato forti critiche, soprattutto tra coloro che temono una riduzione della scuola a strumento di affermazione ideologica.

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