Scuola, minuto di silenzio obbligatorio per il Papa, Aduc denuncia Ministero: “Violata libertà di coscienza”

Nel primo giorno di rientro dopo le vacanze pasquali e il ponte del 25 aprile, in alcune scuole italiane è stato chiesto agli studenti di osservare un minuto di silenzio per commemorare la scomparsa di Papa Francesco, avvenuta il 21 aprile scorso. Secondo le segnalazioni raccolte dall'Aduc, l'Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori, la partecipazione è stata resa obbligatoria, senza possibilità per gli alunni di dissentire o astenersi. In alcuni casi, chi ha provato a sollevare perplessità è stato addirittura redarguito e invitato a "sentirsi coinvolto" comunque nel ricordo del Pontefice. L'associazione ha definito l'episodio una forzatura che ignora il diritto alla libertà di coscienza, annunciando un'azione legale contro il Ministero dell'Istruzione e del merito per "abuso di potere".
"L'obbligo al minuto di silenzio è inaccettabile", il principio di laicità e il precedente
"L'obbligo del minuto di silenzio è inaccettabile in un Paese che si definisce laico", ha dichiarato il presidente Aduc Vincenzo Donvito Maxia. Il riferimento è alla revisione del Concordato del 1984, che ha formalmente sancito la fine della religione cattolica come culto di Stato in Italia. Secondo l'associazione, ciò implica che ogni iniziativa legata a una confessione religiosa debba essere libera e non imposta, soprattutto in ambito scolastico, dove è già previsto l'esonero dall'ora di religione. Per Aduc, questa discrepanza evidenzia dunque un'incoerenza istituzionale: nella scuola si può rifiutare di partecipare a lezioni religiose, ma non a un minuto di silenzio per il Papa, sottolinea Maxia.
Le critiche laiche e il confronto con altri casi
Anche l'Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Uaar) ha preso posizione, ricordando come in passato situazioni simili siano state gestite diversamente. Dopo la morte di Silvio Berlusconi, come ricorda anche Aduc, non fu imposto alcun momento di silenzio nelle scuole, anche in presenza del lutto nazionale. Le scuole si fermarono invece spontaneamente in occasione dell'omicidio di Giulia Cecchettin, gesto che fu inteso come solidarietà collettiva verso le vittime di violenza, non legato a figure religiose o istituzionali: "Il lutto nazionale per la morte di Silvio Berlusconi, anche se il calendario scolastico era terminato in quasi tutte le classi, non portò all'interruzione delle lezioni per il minuto di silenzio. Le scuole si fermarono simbolicamente per l'omicidio di Giulia Cecchettin, anche in assenza del lutto nazionale. Ma ci si trovava di fronte a una giovane uscita dalla scuola da pochi anni e il minuto di silenzio era esteso a tutte le donne vittime di violenza. Un caso ben diverso dalla morte naturale, considerata l'età, di un capo religioso".
L'Uaar sottolinea che la commemorazione per il Pontefice, per quanto solenne, riguarda un capo religioso e non una figura statale condivisa da tutta la cittadinanza.
La Circolare del Ministero dell'Istruzione e il contesto sociale
La circolare inviata dal Ministero dell'Istruzione, in attuazione delle indicazioni della Presidenza del Consiglio, stabiliva che nelle scuole di ogni ordine e grado si osservasse un minuto di silenzio in occasione delle esequie di Papa Francesco, celebrate sabato 26 aprile. L'iniziativa, destinata a coinvolgere anche gli uffici pubblici, doveva essere realizzata quel giorno o, in caso di chiusura degli istituti scolastici, nel primo giorno utile successivo. Alla misura si aggiungeva poi anche l'esposizione a mezz'asta delle bandiere nazionale ed europea sugli edifici pubblici e l'invito a mantenere uno stile sobrio in tutte le manifestazioni ufficiali, comprese quelle del 25 aprile. Nel frattempo, alcuni segnali indicano un'evoluzione del contesto culturale e sociale del Paese: secondo i dati più recenti, nell'anno scolastico 2023-2024 oltre un milione e 160mila studenti hanno scelto di non frequentare l'ora di religione cattolica, con un aumento di circa 68mila unità rispetto all'anno precedente. Si tratta di un trend che evidenzia una crescente pluralità di orientamenti e sensibilità all'interno delle scuole italiane.
In questo quadro, l'introduzione di momenti simbolici legati a una specifica fede religiosa solleva interrogativi sul ruolo che le istituzioni pubbliche, e in particolare la scuola, dovrebbero avere in una società sempre più eterogenea, soprattutto in un paese laico e aconfessionale. La denuncia annunciata da Aduc sembra così aprire un nuovo capitolo di riflessione proprio su come coniugare il rispetto delle tradizioni con i principi di laicità e libertà di coscienza sanciti dalla Costituzione.